
Mucchetti: “Ddl Concorrenza, dopo sette anni la montagna partorirà un topolino”
Roma, 4 aprile – “In sette anni la montagna ha partorito un topolino: le grandi questioni – dai porti alle distorsioni del web, dalle ferrovie alle telecomunicazioni, dalla distribuzione del gas alle concessioni autostradali, dalla previdenza integrativa ai servizi pubblici locali – restano fuori perché il governo preferisce trattare le materie importanti con provvedimenti ad hoc.”
Non le manda certo a dire, il presidente della Commissione Industria del Senato Massimo Mucchetti (nella foto), a proposito del ddl Concorrenza, giunto ormai alle battute finali del suo esame in sede referente proprio nella Commissione da lui presieduta.
In un intervento pubblicato venerdì scorso dal il quotidiano Il Foglio e riproposto sul suo blog Vado al Massimo, il senatore Pd analizza contenuti e percorso del ddl Concorrenza per arrivare a una conclusione che suona sconsolata e sconsolante: una legge annuale prevista nel 2009 verrà varata solo nelle prossime settimane e, al dunque, senza incidere più di tanto sulle grandi questioni ricordate in premessa, ma scegliendo le minuzie e non di rado facendo gli interessi degli ex monopoli.
È una condanna senza attenuanti, quella di Mucchetti, indirizzata in primo luogo al governo: “Al Senato abbiamo ricevuto il ddl a metà ottobre. Ma legge di Stabilità, unioni civili, omicidio stradale, terzo settore hanno sovente fermato i lavori della Commissione. Il calendario d’aula, del resto, lo fanno i partiti d’intesa con il governo, il quale poi ha pure manifestato molte incertezze sul merito della concorrenza” scrive il presidente della 10a Commissione. “Salvo usare la mancanza di relazione tecnica (che deve essere fatta dal governo medesimo), ovvero la presunta mancanza di copertura finanziaria, per bocciare senza discussione emendamenti scomodi come è accaduto anche a me su web tax e previdenza integrativa, dove avrei toccato le rendite di Google & Co., dei sindacati e delle assicurazioni.”
E a proposito dell’affermazione secondo la quale una legge che nasce per dare impulso a concorrenza e mercato finisca poi “per fare non di rado gli interessi degli ex monopoli”, Mucchetti non manca di bacchettare l’economista Francesco Giavazzi, che in un fondo sul Corriere della Sera, qualche giorno fa, puntava il dito sugli attacchi delle lobby: “Stupisce che Giavazzi lamenti il divieto della distribuzione dei farmaci di fascia C, ma non colga come l’apertura indiscriminata al capitale della proprietà delle farmacie, che sono piccoli monopoli territoriali, sia esattamente quanto chiede la multinazionale Walgreens Boots Alliance che risulta in qualche rapporto con la politica italiana” osserva Mucchetti, con un’allusione evidente – ma non trasparente, visto che si guarda bene dal sostanziarla, nonostante la scelta certo non casuale del verbo utilizzato per segnalare la questione (“risulta”) – a presunte “relazioni” tra l’esecutivo e il gigante della distribuzione anglo-italo-americano.
Le considerazioni di Mucchetti, però, vanno ben oltre la bacchettata a Giavazzi e a quest’ultimo riferimento specifico (e peraltro unico) alle misure sulle farmacie, per acquistare il senso e il significato di una vera e propria requisitoria contro l’impianto complessivo del provvedimento, del quale alla fine viene posta in dubbio la stessa utilità: “Ma se al dunque si scelgono le minuzie, a che cosa serve una legge dal titolo pomposo?” si domanda Mucchetti, dopo aver fatto una serie di esempi sulle gravi (a suo giudizio) manchevolezze del provvedimento su temi fondamentali come l’energia, la disciplina delle società e l’evasione fiscale.
“Ma come fa Guidi a credere che la cancellazione dell’accertamento notarile dell’identità dei soci fondatori di una srl sia un fattore determinante per indurre una multinazionale ad aprire attività in Italia, e a non ascoltare il procuratore nazionale antimafia che teme infiltrazioni della criminalità organizzata allentando i controlli e la loro deterrenza?” chiede Mucchetti nel suo scritto (titolo, anch’esso certamente non casuale: A concorrenza alternata) domandandosi anche come si faccia “a presentare i notai come una lobby esecrabile e gli avvocati o i commercialisti come verginelli” e puntando il dito anche sui “silenzi o emendamenti, anche del governo, che sono o rischiano di diventare ad aziendam.“
Provando ad “andare in fondo agli interessi in gioco”, come annuncia programmaticamente nell’incipit del suo articolo, Mucchetti finisce per marcare la fortissima differenza tra ciò che – almeno a suo giudizio – il ddl Concorrenza avrebbe dovuto essere e ciò che invece è. Chiaro l’intendimento: spiegare al colto e all’inclita che la legge che proprio il presidente della Commissione Industria finirà per licenziare per l’Aula in sede referente, sarà quella che sarà perché il governo così avrà voluto governo. Tutto il resto (Mucchetti non lo dice espressamente, ma lo lascia ampiamente capire) sono chiacchiere. O minuzie, se si preferisce.
Intanto, a partire da domani la 10a Commissione riprenderà l’esame del ddl Concorrenza. In settimana sono previste tre sedute con il provvedimento all’ordine del giorno (una pomeridiana domani e due mercoledì, alle 8.30 e alle 15.30).
