Roma, 8 giugno – La Fondazione Gimbe (costituita 20 anni fa per promuovere, con iniziative di formazione e ricerca, una sanità efficiente, funzionale e sostenibile fondata sui principi dell’evidence based medicine), ha presentato ieri a Roma, nella cornice della Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, il Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale 2016-2025 , che sintetizza i risultati di studi, consultazioni e analisi indipendenti condotti nell’ambito della campagna #salviamoSSN.
A introdurre i lavori è stato il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta, osservando come l’attuale deriva del Servizio sanitario nazionale non sia la conseguenza di un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione, ma nasca piuttosto dalla mancanza di un preciso disegno per salvaguardare una sanità pubblica, già sofferente prima della crisi economica e oggi agonizzante per la continua riduzione del finanziamento.
“Il Rapporto – ha affermato Cartabellotta – affronta in maniera indipendente e con un prospettiva decennale il tema della sostenibilità del Ssn, ripartendo dal suo obiettivo primario, ovvero promuovere, mantenere e recuperare la salute delle persone, tenendo ben presente che la sanità rappresenta sia un considerevole capitolo di spesa pubblica da ottimizzare, sia una leva di sviluppo economico da sostenere».
Analizzati i trend della spesa pubblica, della compartecipazione alla spesa e dell’incremento delle addizionali regionali Irpef ed esaminate le numerose criticità della sanità integrativa, il Rapporto Gimbe aggiorna al 2015 l’impatto degli sprechi sulla spesa sanitaria pubblica: € 24,73 miliardi erosi da sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza.
“Il Report considera spreco tutto ciò che non migliora gli outcome di salute – spiega il presidente in una nota pubblicata anche su Sanità24 – perché un sistema sanitario deve ottenere il massimo ritorno in termini di salute dalle risorse investite secondo il principio del value for money. Di conseguenza, abbiamo sviluppato un framework di sistema per guidare il processo di disinvestimento da interventi sanitari inefficaci, inappropriati e dal basso value e riallocare le risorse recuperate in interventi efficaci, appropriati e dall’elevato value sotto-utilizzati, causa di iniquità e diseguaglianze.”
“Secondo le nostre stime – afferma ancora Cartabellotta – nel 2025 il fabbisogno del Ssn sarà di 200 miliardi di euro, cifra che può essere raggiunta solo con l’apporto costante di tre “cunei di stabilizzazione”: l’incremento della quota intermediata della spesa privata, un piano nazionale di disinvestimento dagli sprechi e, ovviamente, un’adeguata ripresa del finanziamento pubblico“.
Il “piano di salvataggio” del Ssn proposto dalla Fondazione Gimbe è compatibile con lo status economico del Paese e potenzialmente favorito dal nuovo testo costituzionale che riporta allo Stato competenze fondamentali in materia sanitaria. Tuttavia, per una sua efficace attuazione, la sanità pubblica e più in generale il sistema di welfare devono essere rimessi al centro dell’agenda politica al fine di sintonizzare programmazione finanziaria e sanitaria e attuare le necessarie “innovazioni di rottura”.
“Se vogliamo realmente salvare il Ssn – è la conclusione di Cartabellotta – abbiamo poco tempo: dopo aver raccolto per anni inequivocabili evidenze sulle diseguaglianze regionali, sulla scarsa qualità dell’assistenza, sulle iniquità di accesso alle prestazioni e sulla rinuncia dei cittadini alle cure, oggi iniziamo a vedere i primi disastrosi effetti anche sulla mortalità, un dato che dovrebbe muovere senza indugi coscienza sociale e volontà politica”.
Il Rapporto Gimbe elenca i punti su quello che, per la Fondazione, potrebbe essere il piano di salvataggio del Servizio sanitario nazionale. Eccoli nella sintesi proposta dalla stessa fondazione:
• Offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate al Ssn, mettendo fine alle annuali revisioni al ribasso rispetto alle previsioni del Def, e soprattutto con un graduale rilancio delle politiche di finanziamento pubblico.
• Rimodulare i Lea sotto il segno del value, per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie ad elevato value, escludendo quelle dal basso value anche al fine di espandere il campo d’azione dei fondi integrativi.
• Ripensare completamente la sanità integrativa attraverso:
– definizione di un Testo Unico per tutte le forme di sanità integrativa;
– estensione dell’anagrafe nazionale dei fondi integrativi alle assicurazioni private, identificando requisiti di accreditamento unici su tutto il territorio nazionale e rendendone pubblica la consultazione;
– ridefinizione delle tipologie di prestazioni, essenziali e non essenziali, che possono essere coperte dalle varie forme di sanità integrativa;
– coinvolgimento di forme di imprenditoria sociale, cogliendo tutte le opportunità offerte dalla recente riforma del terzo settore
• Definire indicatori per monitorare le Regioni nel processo di disinvestimento e riallocazione, integrandoli nella griglia Lea e, in caso di inadempimento ripetuto, nei criteri per il riparto del fondo sanitario
• Mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni (health in all policies), in particolare di quelle che coinvolgono lo sviluppo economico del Paese