Roma, 3 ottobre – Il propanololo, un farmaco low cost e sicuro che si usa normalmente per l’ipertensione, potrebbe riuscire a bloccare la progressione del melanoma.
La scoperta, riferisce un lancio Ansa, è il frutto di uno studio italiano pubblicato da Jama Oncology, che potrebbe aprire la strada all’utilizzo di questa terapia su diversi tumori tumori.
“In pratica ci siamo accorti che avevamo pazienti ‘long survivors’ con melanomi molto aggressivi” spiega Vincenzo De Giorgi del Dipartimento di Scienze dermatologiche dell’Università degli Studi di Firenze (nella foto), primo autore della ricerca, tutta italiana “e abbiamo notato che tutti avevano ipertensione e altre patologie per cui sono indicati i farmaci beta bloccanti. Per avere una conferma abbiamo iniziato ad usare questo farmaco su diversi pazienti una volta scoperto il tumore, e abbiamo visto che la progressione del melanoma si riduce dell’80% senza effetti collaterali”.
Nel dettaglio lo studio ha analizzato 53 pazienti, di cui 19 trattati appunto con il propanololo, uno dei principali beta bloccanti, che tra l’altro nel 1988 valse il premio Nobel per la Medicina allo scienziato scozzese James W. Black che lo aveva sviluppato a fine anni ’50. Significativo il risultato: dopo tre anni il 41% dei pazienti non trattati aveva avuto una progressione della malattia, contro il 16% degli altri.
“Ora inizieremo un esperimento in doppio cieco per avere un dato più forte ma questo studio è molto promettente” conferma De Giorgi “al punto che altri gruppi stanno studiando il possibile effetto dei beta bloccanti su diversi tumori”.
Sul meccanismo di questi farmaci, spiega ancora De Giorgi, ci sono due ipotesi: ”Una è legata allo stress a cui sono sottoposti i pazienti, che provoca il rilascio di adrenalina che favorisce la comparsa dei tumori, e i cui recettori sono bloccati dal propanololo” spiega il ricercatore. “Inoltre questa classe di farmaci va ad impedire la vascolarizzazione del tumore, una condizione necessaria per la crescita. Il risultato è che il tumore diventa una malattia cronica, per cui è sì necessario utilizzare il betabloccante per un lungo periodo, ma senza gli effetti negativi dei farmaci biologici”.