Roma, 15 gennaio – La Commissione europea ha accordato sabato scorso l’autorizzazione all’immissione in commercio di ocrelizumab per il trattamento di pazienti con forme recidivanti attive di sclerosi multipla definite da caratteristiche cliniche o radiologiche, nonché di pazienti affetti da sclerosi multipla primariamente progressiva in fase iniziale in termini di durata della malattia e livello di disabilità, e con caratteristiche radiologiche tipiche di attività infiammatoria.
In Europa, la sclerosi multipla colpisce indicativamente 700 mila persone, delle quali circa 96 mila presentano la forma primariamente progressiva.
Alla diagnosi, la maggior parte dei soggetti affetti da sclerosi multipla (SM) manifesta una forma recidivante (SMR) o SM primariamente progressiva (SMPP).
“L’approvazione di ocrelizumab nell’Unione europea rappresenta una notizia straordinaria” ha subito commentato Gianluigi Mancardi, presidente della Società italiana di Neurologia. “Questo farmaco potrebbe costituire una vera e propria svolta nella concezione e nel trattamento attuale della sclerosi multipla. Prima di ocrelizumab, le persone affette da sclerosi multipla primariamente progressiva, che spesso devono far fronte ad importanti limitazioni nella vita quotidiana a causa della malattia, non disponevano di un trattamento approvato che rallentasse la progressione della malattia. Di frequente, le persone con forme recidivanti di SM trattate con i farmaci modificanti la malattia sono costrette a scendere a difficili compromessi tra sicurezza e maggiore efficacia. Ocrelizumab viene somministrato ogni sei mesi” ha concluso Mancardi “e non prevede monitoraggi aggiuntivi. Auspichiamo che ciò consentirà ai pazienti di vivere la propria vita senza pensare al trattamento tutti i giorni o ogni settimana.”
L’approvazione europea di ocrelizumab si basa sui dati ricavati da tre studi di fase III dai quali è emerso che il farmaco ha dimostrato un’efficacia superiore rispetto a interferone beta-1a, con l’80 % circa dei pazienti libero da recidive e con una progressione della malattia significativamente più lenta nell’arco di un periodo di trattamento controllato pari a due anni.
In uno studio separato di fase III sulla SMPP, ocrelizumab è stato il primo e unico trattamento a rallentare la progressione della disabilità in misura significativa e a ridurre i segni dell’attività di malattia a livello cerebrale (lesioni alla risonanza magnetica) rispetto al placebo, con un follow-up mediano di tre anni. Le probabilità dei pazienti trattati con ocrelizumab di manifestare progressione della disabilità confermata a tre e a sei mesi si sono rivelate inferiori rispettivamente del 24% e del 25% (p = 0,0321 e p = 0,0365).
Gli effetti indesiderati più comuni associati a ocrelizumab in tutti gli studi di fase III sono state le reazioni all’infusione e le infezioni delle vie respiratorie superiori, per lo più di intensità da lieve a moderata.
L’uso di ocrelizumab è stato approvato in vari Paesi in Nord America, Sud America, Medio Oriente ed Europa orientale, nonché in Australia e Svizzera. Ad oggi sono state trattate con ocrelizumab circa 30.000 persone con SM.