
Emendamento Trizzino, i commenti positivi di Federfarma e Utifar
Roma, 6 dicembre – “Apprendo con soddisfazione l’approvazione dell’emendamento firmato dall’onorevole Giorgio Trizzino (M5S) nel quale si stabilisce che, nelle società di capitali proprietarie di farmacie, i soci, rappresentanti almeno il 51% del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere farmacisti iscritti all’albo”.
Questo l’inequivocabile giudizio positivo espresso da Marco Cossolo, presidente di Federfarma (nella foto), subito dopo l’approvazione in Commissione Bilancio di Montecitorio della misura, poi però espunta dal testo del ddl Bilancio 2019 nell’immediata vigilia del suo sbarco in Aula da un intervento dello stesso presidente dell’Assemblea Roberto Fico.
Per quanto superate dagli eventi, le valutazioni di Cossolo sono tuttavia utili a chiarire pensiero e posizioni del sindacato dei titolari sulla questione. “Appena eletto presidente avevo rappresentato, in una lettera indirizzata al precedente Governo, la necessità di garantire ai farmacisti la maggioranza nelle società di capitali” ricorda Cossolo. “È questo infatti l’unico modo per far sì che il contributo professionale prevalga rispetto agli interessi economici. Non per niente analogo vincolo vige per altre categorie professionali, come avvocati e commercialisti, anche in proporzioni più solide”.
“Per non interferire in alcun modo nello svolgimento del dibattito parlamentare, mi sono astenuto dal rispondere ieri quando alcuni soggetti interessati alle catene di farmacie hanno sostenuto che la misura metterebbe a rischio 1.500 posti di lavoro” afferma quindi il presidente del sindacato dei titolari. “Tale allarme è strumentale: non mi risulta che esista alcun principio economico per il quale trasferendo parte della proprietà di una azienda si perdano occupati. Sono convinto che tutti i posti di lavoro oggi assicurati dalle farmacie private – quasi 80mila e in crescita dal 2012, fonte Bilancio sociale dell’Utifar 2018) saranno mantenuti.”
A conferma di ciò, Cossolo evidenzia anche come “dall’analisi dei dati disponibili presso gli Ordini dei farmacisti (ai quali, per legge, va comunicata ogni variazione di proprietà) risulta che il trasferimento della proprietà della farmacia, in tutto o in parte, al capitale è avvenuto in modo residuale e solo da parte di colleghi in situazioni economiche insostenibili. Forse allora è il momento di porsi il problema se i tagli fatti in questi anni non siano stati eccessivi e se non abbiano minato la sostenibilità di un servizio essenziale per i cittadini”.
Cossolo concludeva ribadendo la necessità che l’emendamento “sia confermato e convertito in legge come la categoria si augura”, perchè “la misura garantisce un peso determinante della professionalità del farmacista nelle scelte aziendali a tutela dei cittadini che accedono al servizio farmaceutico”. Una speranza destinata, almeno per il momento, a non trovare realizzazione, per effetto dell’intervento del presidente Fico.
Sulla stessa falsariga l’intervento del presidente di Utifar Eugenio Leopardi. “Al di là degli aspetti di sostenibilità economica e di occupazione, rispetto ai quali i farmacisti hanno sempre dimostrato di essere pienamente autosufficienti e di non necessitare di capitali esterni” afferma il presidente della società scientifica in un comunicato stampa diffuso prima che, nella seduta d’Aula prolungatasi ieri sera fino a tardi, il presidente Fico espungesse dal testo il subemendamento Trizzino. “Ciò che a noi di Utifar interessa maggiormente è il ritorno alla centralità della professione nella gestione delle farmacie”.
Il fatto che nel capitale sociale delle farmacie non prevalgano soggetti economici, per definizione interessati più al profitto che alla tutela della salute del cittadino, bensì un farmacista iscritto all’Ordine e soggetto alle norme deontologiche che regolano la professione, secondo il presidente Utifar, “è garanzia per una gestione imprenditoriale rivolta alla salute e alla prevenzione”.
Per Leopardi, infatti, “le competenze professionali del farmacista possono esprimersi nel migliore dei modi solo laddove il farmacista è libero rispetto a condizionamenti esterni di natura economica, come, per esempio, pressioni per il conseguimento di determinati risultati economici o vincoli sui prodotti da consigliare al cittadino”.
In definitiva, secondo Utifar al contrario dei capitali, naturalmente votati al profitto come obiettivo primario da perseguire, il farmacista ha come priorità la professione, obiettivo ineludibile della propria attività quotidiana. A supporto dell’affermazione, Leopardi ricorda i dati – presentati ieri a Roma – della terza edizione del Bilancio sociale della farmacia italiana, dai quali emerge che la farmacia italiana dedica in media 6 ore al giorno alla consulenza gratuita al cittadino. Inoltre, nel 2017, l’80% delle farmacie ha offerto al proprio pubblico una media di 8 giornate dedicate alla prevenzione. Il costo medio di queste iniziative è stato di 230 euro per la farmacia, con una partecipazione di 18 persone a giornata e una spesa media per i test di autodiagnosi di 13 euro per il cittadino. Dati che, concludeva Leopardi, “sono la dimostrazione che la farmacia gestita dal farmacista è orientata alla prevenzione e al benessere del cittadino, prima ancora che al raggiungimento di obiettivi economici e al profitto”.
