Roma, 28 marzo – Che tra il comparto produttivo e il governo a trazione giallo-verde non corra buon sangue è cosa nota, confermata non più tardi di ieri dai dati diffusi da Confindustria sulla crescita zero del Paese, vera e propria mazzata sulle rosee previsioni (“Il 2019 sarà un anno bellissimo”, “Siamo alla vigilia di un nuovo boom economico”) esternate in tutti i luoghi e in tutti i laghi da eminenti esponenti dell’esecutivo subito dopo l’approvazione della Manovra 2019. Il livido “Confindustria è piena di gufi che hanno sempre ‘cannato’ le previsioni in passato” opposto dal vicepremier Matteo Salvini (con una forse una inconsapevole reminiscenza renziana) alle stime degli industriali dà la misura di quale sia lo stato dei rapporti.
Che, peraltro, sono perfettamente illustrati dal confronto (ma forse il termine scontro rende meglio l’idea…) permanente tra ministero della Salute e Farmindustria, acuitosi dopo che Giulia Grillo ha deciso di rivolgere all’Oms una proposta di risoluzione per favorire la trasparenza del prezzo dei farmaci, iniziativa giudicata a dir poco un’entrata a gamba tesa dagli industriali, che non hanno ovviamente mancato di replicare a strettissimo giro, prima con Farmindustria e subito dopo con Assogenerici.
A irritare gli industriali, in particolare, è la narrazione della ministra, a giudizio di Farmindustria tutta tesa a presentare i profili di riservatezza delle trattative per la fissazione dei prezzi come un pericoloso vulnus alla trasparenza, autorizzando (anche piuttosto esplicitamente) ogni sospetto su chissà quali inenarrabili pratiche profittatorie. Una lettura che, ovviamente, l’industria respinge con decisione e con toni che – per le consuetudini di Farmindustria – esprimono un fastidio davvero insolito.
“Per chi paga (Stato, Regione, Asl) i prezzi e gli sconti sono assolutamente trasparenti e quindi non segreti” ha risposto la sigla degli industriali alla titolare del dicastero, tornando a spiegare che “la riservatezza della procedura serve solo a tutelare l’accordo raggiunto, che prevede lo sconto a vantaggio del Servizio sanitario nazionale. Garantendo una più efficace competizione tra aziende, un accesso più rapido alla cura da parte dei pazienti e limitando il fenomeno dell’esportazione parallela, dovuto proprio ai prezzi più bassi che altrove. E non va dimenticato il fatto che gli sconti negoziali molto diffusi aiutano a contenere la spesa su una larga parte del mercato. Inoltre dopo la negoziazione del prezzo, sostanzialmente tutti i farmaci sono soggetti ad altri sconti fissati per legge del 5%+5%, a cui si aggiunge in alcuni casi un ulteriore taglio dell’1,83%”.
A ciò Farmindustria aggiunge altri due “storici” argomenti, quello dei costi della ricerca sui nuovi farmaci, che ricade quasi totalmentesulle aziende, e quello dell’effetto locomotiva che il pharma italiano esercita per l’intera economia nazionale. “I farmaci contribuiscono all’allungamento e alla qualità della vita, riducendo spesso i costi nelle altre voci di spesa socio-sanitaria, con investimenti in ricerca di 1,5 miliardi di euro all’anno solo in Italia” si legge ancora nella nota dell’associazione degli industriali presieduta da Massimo Scaccabarozzi (nella foto). “La ricerca farmaceutica è quasi interamente finanziata dalle imprese: a cominciare dagli oltre 700 milioni all’anno destinati alle strutture pubbliche per gli studi clinici. E il valore della nostra produzione farmaceutica ha consentito all’Italia di essere prima in Europa”.
Comprensibile dunque che la richiesta di Grillo all’Oms di raccogliere e analizzare i dati sui risultati degli studi clinici e sugli effetti avversi dei farmaci e delle altre tecnologie sanitarie e di costituire un forum per la condivisione tra i governi di informazioni su prezzi dei farmaci, ricavi, costi di ricerca e sviluppo, investimenti del settore pubblico e sussidi per la ricerca e lo sviluppo, costi di marketing e altre informazioni correlate e, infine, di rilasciare informazioni cruciali sul panorama brevettuale, sia stata interpetrate da Farmindustria come un’autentica provocazione. Ciò anche alla luce del fatto che la proposta di risoluzione chiesta all’Oms contiene anche un esplicito invito a tutti i Paesi a sviluppare misure per aumentare la trasparenza negli studi clinici, nel costo della ricerca e nella determinazione dei prezzi dei farmaci.
Le imprese rispondono a tono, chiedendo intanto che siano riconosciuti e valorizzati gli investimenti che le aziende farmaceutiche continuano a realizzare nel Paese, “pur a fronte di una spesa per medicinali inferiore agli altri Big Ue. E di certo non in una logica di ‘ricatto’, un termine improprio e gravemente offensivo che le imprese non possono accettare. Farmindustria ha apprezzato la disponibilità al confronto offerta finora dal ministro della Salute e dai suoi Uffici. Un dialogo che l’associazione spera possa proseguire anche perché ha consentito di approfondire alcune tematiche e da parte delle imprese di accogliere favorevolmente diversi contenuti. È necessario ricordare che la determinazione del prezzo dei farmaci nel nostro Paese” scrive ancora Farmindustria “è frutto di analisi dei dossier da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), negoziazione con l’azienda produttrice, accordo, contratto tra le parti. Passaggi lunghi – dalla Commissione tecnico scientifica (Cts) al Comitato prezzi e rimborso (Cpr) di Aifa – ed estremamente scrupolosi. Infatti i prezzi sono il risultato di negoziazioni che si firmano in due, che portano a prezzi più bassi rispetto agli altri Paesi Ue”.
Ma sul punto Farmindustria va oltre, cercando di mettere i puntini su tutte le i: “Aifa firma con le aziende, in particolare sui medicinali innovativi, contratti di rimborso condizionato al risultato del trattamento. In questi casi ingenti somme vengono restituite dalle imprese attraverso il sistema del payback. Di fatto si tratta di un ulteriore sconto che viene detratto dal prezzo ufficiale del farmaco. Il rispetto degli accordi – e quindi dei rimborsi – da parte delle aziende è garantito dai registri Aifa, strumenti che assicurano il monitoraggio continuo dei pazienti in trattamento sia per l’appropriatezza terapeutica sia per i risultati delle cure” scrive Farmindustria. “I registri, a uso esclusivo di Aifa, sono a costo zero per l’Agenzia, perché a carico delle imprese. È una best practice italiana: il 35% dei contratti mondiali di questo tipo sono in essere in Italia. Gli altri Paesi europei hanno quote sotto il 5%. E ancora: dal 2013 le imprese sono costrette a pagare quote di sforamento dei tetti di spesa palesemente sottofinanziati. Con un’ulteriore riduzione di fatto dei prezzi”.
La partita, con ogni probabilità, è destinata a continuare, atteso che a fronteggiarsi sono due posizioni alle quali non sono evidentemente estranee rigidità pregiudiziali. Che, da che mondo è mondo, rendono estremamente complicato trovare un punto di incontro.