Roma, 28 dicembre – Purple drank ma anche syrup, sizzurp, barre e lean: sono i nomi con i quali, oltre Oceano, viene definito ormai da qualche anno l’ennesimo “beverone” messo a punto allo scopo esclusivo di cercare un facile sballo. Si tratta di una miscela a base di codeina, principio attivo presente in molti sciroppi per la tosse, unita a bevande lievemente alcoliche o frizzanti, come la Sprite (ma altre “declinazioni” del beverone prevedono anche la presenza di prometazina o a volte di destrometorfano), che negli USA si è affermata inizialmente soprattutto nella comunità nera, negli ambienti della cultura hip hop e rap e connotati da una cultura “muscolare”: in Texas, non a caso, ebbero guai con la giustizia per l’uso del “beverone”, anche alcuni giocatori di football americano.
L’uso della droga “artigianale” si è però poi esteso, finendo per interessare una popolazione molto più larga e interetnica di giovani adulti. La mistura è tornata agli onori delle cronache durante le festività (dove già era stata oggetto di attenzione nei mesi scorsi) per alcuni articoli pubblicati dai quotidiani di informazione, dedicati ai giovani italiani che varcano la frontiera svizzera alla ricerca di Makatussin Comp, sciroppo per la tosse che contiene codeina, non disponibile in Italia, venduto a 10 euro a flacone, componente ideale (unito alla Sprite: sul web sono facilmente raggiungibili i video che illustrano in dettaglio la procedura per “fabbricare” il beverone) per realizzare da sè il purple drank.
Sarebbero molti (almeno secondo quanto riferiscono i quotidiani Il Giorno e Libero) i giovani italiani che si muovono ogni giorno fino in Svizzera per acquistare lo sciroppo, il cui uso “eterodosso” (per così dire…) deve ormai aver raggiunto una certa notorietà, se è vero che un gruppo di giovani, in provincia di Milano, ha lanciato un nuovo brand che si chiama proprio Makatussin.
Inutile dire che la bevanda (di colore violaceo, da cui il nome purple drank) possiede una ovvia capacità di sviluppare dipendenza per la presenza della codeina (la sua ripetuta assunzione ha infatti notevoli probabilità di indurre un tale quadro) ma può anche provocare overdose con decessi: negli USA l’uso di purple drank insieme ad alcool sarebbe infatti associato alla morte di alcuni famosi “rapper”.
La nuova “referenza” che va ad arricchire il già molto ampio delle sostanze utilizzate per lo sballo, come detto, è inevitabilmente arrivata anche in Europa, richiamando l’attenzione preoccupata delle autorità e della comunità sanitaria: nel maggio scorso, in Francia, l’Ordine dei farmacisti richiamò tutti i suoi iscritti alla massima vigilanza nella vendita degli sciroppi a base di codeina. Sembrava, però, che la purple drank non incontrasse particolari favori nei “consumatori” italiani e, sempre nella primavera scorsa, Simona Pichini, primo ricercatore dell’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto superiore di Sanità, intervistata sul fenomeno da AdnKronos, sosteneva che ciò fosse dovuto al fatto che gli oppiacei, di cui fa parte la codeina “sono droghe che da noi hanno poco appeal, perché si tratta di sostanze che spingono all’isolamento, provocano allucinazioni, distaccano dalla realtà, mentre il tipo di sballo cercato dalle persone che abusano di sostanze nel nostro Paese oggi è ricreazionale. Si vuole star bene, essere stimolati, stare insieme agli altri. E così si utilizzano psicostimolanti. Non a caso il 90% del mercato è rappresentato da cannabis e cocaina.”
Secondo Pichini, smart drug e sballi alternativi in Italia sono in buona sostanza fenomeni di nicchia e durano il tempo di una moda. “Queste sostanze, infatti, non mantengono gli effetti nel tempo. Persino le anfetamine, visto che agiscono su recettori cerebrali che poi si consumano” spiegava la ricercatrice dell’Iss. “Mentre questo non accade con cocaina e cannabis che restano così le principali sostanze d’abuso”.
Forse, però, qualcosa sta cambiando, a leggere le cronache di questi giorni. E aumentare la vigilanza (anche in farmacia) certamente non guasterà.