
Sede Ema, Milano ha una concorrente temibile, scende in lizza anche Dublino
Roma, 28 ottobre – Nessuno, anche per scaramanzia, arrivava a dire che fosse ormai fatta, ma la fiducia sull’esito positivo della candidatura di Milano a nuova sede Ema, presentata ufficialmente a settembre, era molta, anzi moltissima, grazie a una fitta rete di trattative avviate fin dallo scorso luglio e alla circostanza che le possibili alternative (Danimarca, Spagna e Svezia) sembravano in possesso di meno atout rispetto alla capitale lombarda.
Ma un annuncio del segretario di Stato irlandese per la Salute, Simon Harris (nella foto), ha rimescolato le carte e rimesso in discussione il risultato: Dublino punta forte a ottenere il trasferimento dell’agenzia regolatoria e – ha riferito Harris – sta lavorando da mesi per raggiungere l’obiettivo, forte anche di un’argomentazione incontestabile: per i 900 dipendenti dell’agenzia e le loro famiglie, il trasferimento da Londra alla capitale dell’Eire risulterebbe sicuramente meno problematico di quello a Milano.
Basterà questo vantaggio logistico a spuntarla sui vantaggi di contesto (un sistema universitario e di ricerca molto sviluppato, un distretto industriale farmaceutico di rilevanza europea, la compresenza in Italia, a Parma, dell’Efsa, l’agenzia “cugina” che si occupa di sicurezza alimentare) che offre invece Milano? C’è chi dice di no: Dublino, per contro, può offrire soltanto le sedi legali di alcune Big Pharma, trasferitesi in Eire per motivi di convenienza fiscale, peraltro molto discussi.
Ma c’è anche chi sostiene, con molto pragmatismo, che nel prendere queste decisioni le considerazioni di opportunità politica finiscono sempre per soccombere di fronte agli interessi, alle convenienze e alle spinte degli apparati e delle burocrazie. Se così fosse davvero, la candidatura di Dublino è sicuramente almeno due o tre passi davanti a quella di Milano, perché passare da una parte all’altra del canale di San Giorgio è sicuramente una passeggiata, rispetto all’attraversamento di mezzo continente per trasferirsi da Londra a Milano, e on the other island si finirebbe comunque per trovare un popolo che parla correntemente la stessa lingua e sistemi di organizzazione sociale (a partire dalla scuola) sostanzialmente sovrapponibili.
Se a orientare la scelta, insomma, dovessero davvero essere gli apparati Ema, Milano può e deve cominciare seriamente a preoccuparsi. E, magari, trovare il modo per rilanciare.
