Roma, 5 maggio – Ma le spese sostenute per le mascherine, “beni primari”, secondo la definizione dello stesso commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri, sono fiscalmente detraibili? Ove si escludano le discussioni sul loro prezzo, quella fiscale è certamente la questione più dibattuta, in materia di mascherine, tra i farmacisti e i loro clienti e rispondere è meno agevole di quanto dovrebbe invece essere. Da qui la decisione di Federfarma, a seguito di diverse segnalazioni pervenute dalle farmacie associate relative alla detraibilità di alcuni tipi di Dpi e mascherine protettive e, al contrario, alla non detraibilità di altri, di rivolgersi direttamente ai ministeri competenti e all’AdE, l’Agenzia delle Entrate, per segnalare la questione e ottenere i necessari chiarimenti.
Il sindacato dei titolari ha evidenziato, in particolare, che le norme fiscali attualmente vigenti non tengono conto delle recenti disposizioni sanitarie emergenziali, che, per fare fronte al diffondersi del contagio, hanno consentito l’immissione in commercio anche di dispositivi privi del requisito di conformità alle direttive comunitarie. Una situazione che potrebbe appunto determinare la non detraibilità fiscale di tali dispositivi medici, penalizzando in modo incongruo i cittadini che sono costretti ad acquistarli per gli obblighi imposti dal governo e che si protrarranno nel tempo. Evidente il controsenso di imporre un comportamento (certamente necessario e virtuoso) e poi penalizzarlo fiscalmente da parte dei cittadini, lasciando l’onere degli acquisti di mascherine e Dpi tutto sulle loro spalle.
Federfarma ha quindi fatto presente la necessità che le norme emergenziali imposte dalla diffusione dell’epidemia di Covid-19 vengano interpretate dai Ministeri competenti e dall’Agenzia delle Entrate “in modo da fornire disposizioni coerenti al riguardo”, evitando evidenti quanto non giustificabili disparità di trattamento.