Roma, 26 maggio – La storia è a suo modo esemplare e dimostra come molte delle criticità registrate nella distribuzione di mascherine protettive nel nostro Paese sia legata anche ad alcune decisioni delle amministrazioni che – se non improvvide – appaiono sicuramente illogiche. Come ad esempio quella assunta dalla Regione Toscana, una delle prime a decidere (meritoriamente) di mettere a disposizione delle acittadinanza, gratuitamente, le mascherine di tipo chirurgico.
Allo scopo, la Regione Toscana aveva stipulato un contratto con la Federfarma regionale per effettuale la distribuzione delle mascherine gratuite, in via esclusiva, nelle poco più di 1000 farmacie di comunità presenti nel territorio regionale, considerate con ragione il presidio più adeguato per la loro distribuzione capillare sul territorio.
A fronte di tale scelta, le parafarmacie toscane rappresentate da Movimento nazionale liberi farmacisti, Federazione nazionale parafarmacie italiane e Confederazione unitaria libere parafarmacie italiane (circa 320 esercizi), offrirono alla Regione l’opportunità di ampliare ulteriormente la rete di distribuzione gratuita dei dispositivi protettivi gratuiti, affiancando le farmacie e aumentando così di circa il 25% i punti vendita. Un’opportunità no cost che, tra l’altro, avrebbe sicuramente contribuito a ridurre possibili e pericolosi assembramenti per acquisire le mascherine.
Ma, secondo quanto riferisce una nota stampa diffusa dalla delegazione toscana del Mnlf, la proposta non venne accolta, adducendo come motivazione la presenza di problemi di compatibilità con il software utilizzato e di proprietà di Federfarma (il sindacato dei titolari di farmacia). Presone atto, le parafarmacie della Regione avanzarono a quel punto una proposta alternativa, sempre per allargare – nell’esclusivo interesse dei cittadini – l’offerta di mascherine gratuite nei presidi territoriali.
La proposta, però, non ebbe alcun riscontro: silenzio totale. Così come il silenzio fu la risposta a una successiva lettera di chiarimento inviata dalle sigle delle parafarmacie, dove si faceva anche “un esplicito riferimento al trattamento discriminatorio nei confronti di questi esercizi ove opera per legge un farmacista e che il Consiglio dei Ministri ha da subito definito esercizi essenziali e quindi sempre aperti durante tutta la fase del lockdown”.
Intanto però, secondo alcune notizie riportate dalla stampa di informazione, sembra che la Regione abbia intenzione, anche a causa degli assembramenti verificatesi nelle farmacie e lamentati peraltro dagli stessi farmacisti, di affidare la distribuzione delle mascherine anche alle edicole.
“In tale contesto, di cui sfugge la comprensione logica e le motivazioni” scrivono le sigle delle parafarmacie “perplessità nascono spontanee sul perché la Regione non abbia compreso le parafarmacie nella distribuzione delle mascherine, ove ripetiamo opera un farmacista in grado di dare tutte le informazioni sull’uso corretto delle mascherine, e le abbia di fatto escluse.
Il comunicato stampa fa riferimento a “voci di corridoio” secondo le quali “sarebbero esser stati proprio i titolari di farmacia ad impedire che la distribuzione delle mascherine fosse effettuata anche dalle parafarmacie”.
Risultando difficile credere che “professionisti nel mezzo di una delle più gravi crisi sanitarie del Paese abbiano compiuto scelte di natura corporativa a danno dei cittadini”, il comunicato conclude chiedendo alla Regione i “necessari chiarimenti su ciò che sta accadendo e perché”.