Roma, 5 novembre – Già a partire dagli anni ’60, epoca in cui cominciò il lungo confronto culturale e politico che poi sfociò nella riforma sanitaria del 1978, il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni che riguardano la salute è una necessità riconosciuta da tutti. L’obiettivo, però, continua a restare ancora solo sulla carta, per diverse ragioni: una scarsa cultura dell’engagement nei processi assistenziali da una parte e dall’altra un servizio sanitario nazionale e regionale spesso poco efficiente, male organizzato, sofferente per le disomogeneità regionali.
“Tutti sostengono che bisogna coinvolgere i pazienti, che il paziente è al centro del processo, ma in realtà poi disponiamo di pochissimi esempi concreti. È necessario approfondire l’argomento in modo pragmatico, cercando di mettere operativamente a fuoco in che modo, con quali regole, con quali garanzie il cittadino può svolgere un ruolo centrale di ‘soggetto’ del sistema e non di oggetto” spiega Nello Martini, uno degli animatori del gruppo di lavoro sull’engagement del cittadino nella sanità di MaCroScopio, progetto nato proprio con l’obiettivo di suggerire alle istituzioni centrali e regionali percorsi concreti, operativi, pragmatici per dare sostanza alla convinzione “di principio” della centralità del paziente all’interno dei percorsi assistenziali.
Sono ben 24 milioni gli italiani che soffrono di una malattia cronica e sono circa la metà, 12,5 milioni, quelli affetti da multicronicità. Con questi numeri, dunque, la cronicità non è un problema ma il problema della nostra sanità pubblica. Area in costante crescita sia dal punto di vista dell’impegno in attività di ricerca, sia da quello dell’investimento in risorse economiche e umane, che richiede continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali.
Il Piano nazionale della cronicità (Pnc) voluto dal ministero della Salute è scaturito proprio dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo. Il documento programmatico è stato condiviso con le Regioni confidando nella capacità di disegnare un progetto strategico che promuova e sostenga interventi basati su una sostanziale omogeneità di approccio, centrati sulla persona e orientati a una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza. Il fine è quello di contribuire al miglioramento della tutela e del supporto sociale e sanitario per le persone affette da malattie croniche, rendendo più accettabile il peso che grava sui malati e sui loro familiari, migliorando la qualità di vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini.
Ed è proprio in questa cornice che si muove il progetto MaCroScopio della Fondazione Ricerca e Salute (ReS), che si propone di favorire maggiore conoscenza e cultura sulle questioni aperte riguardanti la cronicità, armonizzare le politiche regionali sollecitando un’omogeneità di approccio e di modello organizzativo, incentivare il coinvolgimento dei professionisti, dei cittadini-pazienti e dei familiari, introdurre e valutare le soluzioni di digital health e digital therapeutic nell’ambito delle patologie croniche, valutare e implementare metodologie innovative di studio nel contesto della cronicità e, da ultimo ma non ultimo, offrire strumenti di analisi, indirizzo e programmazione ai decision maker istituzionali. Il progetto collaborativo ha già attivato due gruppi di lavoro (l’incontro on line del secondo gruppo, concluso appunto da Nello Martini, si è tenuto on line nel mese di settembre, con il focus sul ruolo del malato e della famiglia nella costruzione dei percorsi di cura e nella valutazione degli esiti).
La pietra d’angolo di MaCroScopio è la profonda convinzione che la sfida della cronicità abbia nelle cure primarie il luogo di principale responsabilità. Dovrebbero costituire un sistema capace di integrare, attraverso i Percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (Pdta), gli attori dell’assistenza primaria e quelli della specialistica ambulatoriale, sia territoriale che ospedaliera e, in una prospettiva più ampia, anche le risorse della comunità (welfare di comunità). La costruzione di Pdta centrati sui pazienti è garanzia di effettiva presa in carico dei bisogni “globali” e di costruzione di una relazione empatica tra il team assistenziale e la persona con cronicità ed i suoi caregiver di riferimento. Il Pdta, in questo senso, dovrebbe essere considerato uno strumento fondamentale di governance, perché capace di rendere evidenti e misurabili le performance dei professionisti. La premessa è che sia costruito attraverso l’individuazione e la valorizzazione di tutti i componenti del percorso assistenziale, contrastando logiche di centralità di servizi e di professionisti, esaltando la multicentricità ed il valore dei contributi di ognuno.