Roma, 20 gennaio – La notizia, a ben vedere, forse non sta tanto nella sanzione richiesta per una titolare di farmacia farmacia veneta, pari a 11.250 euro (la farmacista si è però subito opposta) per “somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica”, ma nel florilegio di commenti sulle piattaforme social dei non pochi suoi colleghi che non hanno resistito alla tentazione di dire la loro sulla vicenda.
Ma andiamo con ordine. Il fatto, così come riportato dalla stampa locale, è questo: una farmacista veneta si è vista recapitare un decreto penale che la condanna a cinque mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 200 euro (pena poi convertita nella già ricordata sanzione di 11.250 euro) perché ritenuta colpevole di aver dispensato senza ricetta a una paziente conosciuta da anni e con un quadro clinico particolarmente delicato (depressione, ipertensione, insonnia e un passato difficile caratterizzato da abuso di alcol e farmaci) farmaci come il Coefferalgan, soggetto aobbligo di prescrizione medica, in quantità di gran lunga superiore al piano terapeutico consigliato.
La richiesta del Pm, peraltro, era inizialmente più alta, 10 mesi di reclusione e 400 euro di multa. La Procura contesta alla farmacista di aver venduto, indebitamente e in modo pericoloso, nel periodo da inizio giugno 2020 fino al successivo 13 luglio, 11 confezioni di Coefferalgan, contenenti ciascuna 16 compresse effervescenti da 500 milligrammi, con 30 milligrammi di paracetamolo e codeina fosfato, nonché confezioni di Xanax (benzodiazepina soggetta a prescrizione medica ripetibile), Tavor (altro ansiolitico), Lendormin (indicato nel trattamento a breve termine dell’insonnia, sempre soggetto a prescrizione medica ripetibile).
Sempre secondo quanto riferiscono i giornali locali, sembrerebbe anche che la farmacista, oltre a consegnarli in modo diretto, consegnasse i farmaci anche a terze persone (amici della cliente), che poi provvedevano a portarglieli a casa. Non è irrilevante precisare che la paziente in questione è poi deceduta il 14 luglio. L’azione giudiziaria avviata nei confronti della farmacista torna ora in tribunale, e si vedrà come finirà la vicenda.
Che indubbiamente colpisce, ma non quanto alcuni commenti letti sui social a margine della vicenda, dai quali traspare una sorta di “comprensione” – se non proprio giustificazione – per l’operato della farmacista. Sembrerebbe insomma che la dispensazione di farmaci ignorando l’obbligo della ricetta sia pratica assai diffusa, una sorta di shakespeariano “così fan tutti” o quasi, ed è pertanto inutile fare i santarellini: chi finge di scandalizzarsi, in buona sostanza, viene tacciato di ipocrisia. L’unica colpa della collega veneta incappata nella vicenda appena raccontata, secondo questi commentatori d’assalto, risiede nel fatto che “è stata sfigata” (ovvero, ha avuto il torto di essere così sfortunata da farsi individuare e perseguire), mentre nella norma dare farmaci soggetti a obbligo di prescrizione medica senza la ricetta è prassi quotidiana che scivola via senza conseguenze.
Militiamo nelle file di chi ritiene che coloro che, con leggerezza degna di miglior causa, minimizzano una precisa infrazione alla dottrina dei doveri professionali, riducendola a una sinecura (ma se lo ricordano, questi signori, che la deontologia esiste e che senza di essa non esiste né la professione né il professionista?) sono infinitamente di meno di coloro che, invece, le regole le rispettano, tutte e sempre. Ciò non di meno, assistere alla noncuranza con la quale comportamenti che non hanno alcuna giustificazione sono “sdoganati” e iscritti d’ufficio nel novero delle cose che “va be’, sì, non si potrebbe, ma che sarà mai, visto che poi lo fan tutti?” è un segno di questi tempi avventurati e sventurati. Un segno sul quale – al netto delle condanne di circostanza sentite fin troppe volte – sarebbe il caso che la professione si interrogasse seriamente, decidendosi finalmente a fare qualcosa. Sempre, beninteso, che voglia e possa farlo.
Farmaci senza ricetta, sanzionata farmacista. Che trova ‘comprensione’ sui social
Roma, 20 gennaio – La notizia, a ben vedere, forse non sta tanto nella sanzione richiesta per una titolare di farmacia farmacia veneta, pari a 11.250 euro (la farmacista si è però subito opposta) per “somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica”, ma nel florilegio di commenti sulle piattaforme social dei non pochi suoi colleghi che non hanno resistito alla tentazione di dire la loro sulla vicenda.
Ma andiamo con ordine. Il fatto, così come riportato dalla stampa locale, è questo: una farmacista veneta si è vista recapitare un decreto penale che la condanna a cinque mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 200 euro (pena poi convertita nella già ricordata sanzione di 11.250 euro) perché ritenuta colpevole di aver dispensato senza ricetta a una paziente conosciuta da anni e con un quadro clinico particolarmente delicato (depressione, ipertensione, insonnia e un passato difficile caratterizzato da abuso di alcol e farmaci) farmaci come il Coefferalgan, soggetto aobbligo di prescrizione medica, in quantità di gran lunga superiore al piano terapeutico consigliato.
La richiesta del Pm, peraltro, era inizialmente più alta, 10 mesi di reclusione e 400 euro di multa. La Procura contesta alla farmacista di aver venduto, indebitamente e in modo pericoloso, nel periodo da inizio giugno 2020 fino al successivo 13 luglio, 11 confezioni di Coefferalgan, contenenti ciascuna 16 compresse effervescenti da 500 milligrammi, con 30 milligrammi di paracetamolo e codeina fosfato, nonché confezioni di Xanax (benzodiazepina soggetta a prescrizione medica ripetibile), Tavor (altro ansiolitico), Lendormin (indicato nel trattamento a breve termine dell’insonnia, sempre soggetto a prescrizione medica ripetibile).
Sempre secondo quanto riferiscono i giornali locali, sembrerebbe anche che la farmacista, oltre a consegnarli in modo diretto, consegnasse i farmaci anche a terze persone (amici della cliente), che poi provvedevano a portarglieli a casa. Non è irrilevante precisare che la paziente in questione è poi deceduta il 14 luglio. L’azione giudiziaria avviata nei confronti della farmacista torna ora in tribunale, e si vedrà come finirà la vicenda.
Che indubbiamente colpisce, ma non quanto alcuni commenti letti sui social a margine della vicenda, dai quali traspare una sorta di “comprensione” – se non proprio giustificazione – per l’operato della farmacista. Sembrerebbe insomma che la dispensazione di farmaci ignorando l’obbligo della ricetta sia pratica assai diffusa, una sorta di shakespeariano “così fan tutti” o quasi, ed è pertanto inutile fare i santarellini: chi finge di scandalizzarsi, in buona sostanza, viene tacciato di ipocrisia. L’unica colpa della collega veneta incappata nella vicenda appena raccontata, secondo questi commentatori d’assalto, risiede nel fatto che “è stata sfigata” (ovvero, ha avuto il torto di essere così sfortunata da farsi individuare e perseguire), mentre nella norma dare farmaci soggetti a obbligo di prescrizione medica senza la ricetta è prassi quotidiana che scivola via senza conseguenze.
Militiamo nelle file di chi ritiene che coloro che, con leggerezza degna di miglior causa, minimizzano una precisa infrazione alla dottrina dei doveri professionali, riducendola a una sinecura (ma se lo ricordano, questi signori, che la deontologia esiste e che senza di essa non esiste né la professione né il professionista?) sono infinitamente di meno di coloro che, invece, le regole le rispettano, tutte e sempre. Ciò non di meno, assistere alla noncuranza con la quale comportamenti che non hanno alcuna giustificazione sono “sdoganati” e iscritti d’ufficio nel novero delle cose che “va be’, sì, non si potrebbe, ma che sarà mai, visto che poi lo fan tutti?” è un segno di questi tempi avventurati e sventurati. Un segno sul quale – al netto delle condanne di circostanza sentite fin troppe volte – sarebbe il caso che la professione si interrogasse seriamente, decidendosi finalmente a fare qualcosa. Sempre, beninteso, che voglia e possa farlo.
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