Roma, 21 marzo – Dopo uno stallo durato più di un anno e mezzo, il Wto (l’Organizzazione mondiale per il commercio) sembra aver trovato un faticoso accordo sulla temporanea sospensione dei brevetti sui vaccini anti Covid. La cautela è d’obbligo perché il compromesso raggiunto – secondo quanto riferiscono le fonti di informazione – lascia insoddisfatto sia chi si opponeva alla moratoria (in primis le case farmaceutiche, che pure sui vaccini anti Sars Cov 2 hanno già realizzato profitti spaziali), sia i Paesi e la pletora di associazioni e organizzazioni umanitarie, politiche e scientifiche di tutto il mondo che hanno chiesto la sospensione della copertura brevettuale praticamente prima ancora che i vaccini venissero approvati. E un accordo che non soddisfa nessuno, alla fine, potrebbe non vedere mai la luce, soprattutto se si considera che affinché la sospensione dei brevetti diventi realtà serve l’unanimità dei 164 Stati membri della World Trade Organization.
La battaglia per la rinuncia parziale ai diritti di proprietà intellettuale per i vaccini anti Covid, dunque, ha in realtà fatto solo un piccolo, piccolissimo passo avanti (per quanto importante), ma è ancora lontana dal concludersi con i risultati auspicati, ovvero generare le condizioni per consentire anche ai Paesi meno ricchi di acquisire a costi sostenibili quantità sufficienti di vaccino per proteggere le popolazioni dal Covid.
L’accordo raggiunto da Unione europea, Sudafrica, India e Stati Uniti dopo mesi e mesi di negoziati prevede,in estrema sintesi, la possibilità per i Paesi in via di sviluppo che hanno esportato meno del 10% delle dosi di produrre i vaccini senza il consenso del titolare del brevetto. Il compromesso, al momento, esclude la Cina mentre dà il via libera all’India, grande produttore di vaccini, che però l’anno scorso ha bloccato l’export per fronteggiare l’emergenza interna.
L’India – peraltro – era stata insieme al Sudafrica la promotrice dell’iniziativa che si era arenata nell’ottobre 2020 proprio al Wto, dove molti Paesi – tra cui l’Unione europea e il Regno Unito – si erano opposti.
Continuano a opporsi fermamente alla sospensione dei brevetti le aziende farmaceutiche: “Indebolire i brevetti ora, quando è ampiamente riconosciuto che non ci sono più vincoli di fornitura di vaccini anti Covid, invia un segnale sbagliato” ha dichiarato ad esempio alla Reuters Thomas Cueni (nella foto a destra) della Federazione internazionale dei produttori e delle associazioni farmaceutiche. Secondo Cueni, infatti, oggi il problema non risiede tanto nella produzione dei vaccini, anche se in buona parte dei Paesi del Sud del mondo non ci sarebbero le competenze tecniche e logistiche per produrre le dosi, ma soprattutto nelle fasi successive di distribuzione, conservazione e somministrazione. Ma c’è anche chi tace, come Pfizer (che, riporta sempre Reuters, ha rifiutato di commentare l’accordo), il suo partner tedesco BioNTech e la multinazionale anglo-svedese AstraZeneca.
Sull’altro fronte, i sostenitori della sospensione dei brevetti non fanno davvero salti di gioia, criticando molti aspetti del compromesso, a partire dal gravissimo, colpevole ritardo con cui giunge: se raggiunto prima, l’accordo sulla moratoria dei brevetti avrebbe infatti potuto salvare molte vite in tutti quei Paesi o continenti, come l’Africa, dove i vaccini sono sempre stati consegnati a singhiozzo e in quantità troppo basse. Ma, anche a far valere la sempre valida regola del “meglio tardi che mai”, i contenuti dell’accordo restano a dire poco deludenti. “In una crisi, le mezze misure non sono accettabili”, ha twittato ad esempio People’s Vaccine Alliance (Pva). E Medici senza frontiere ha immediatamente espresso la preoccupazione che l’accordo così com’è si applicherebbe solamente ai vaccini, mentre loro chiedono un più ampio accesso globale a tutti i trattamenti efficaci contro il Covid. La notizia di un accordo solo sui vaccini “non va affatto bene” twitta la communication advisor di Msf Shailly Gupta. “Che dire delle terapie che sono o saranno necessarie per coloro che continueranno ad ammalarsi a causa di Covid 19 nei paesi a basso e medio reddito?”
Vittorio Agnoletto, coordinatore della campagna europea Right2cure No Profit on Pandemic (nella foto), riconosce che dopo un anno e mezzo di traccheggi, di risoluzionie europee ignorate e di sostanziale stallo, l’accordo costituisce un passo in avanti, ma è pur sempre “un risultato in chiaroscuro: il chiaro è che dopo due anni l’Unione europea riconosce che i brevetti sono un problema e che impediscono la produzione e la diffusione dei vaccini in tutte le aree del mondo, soprattutto quelle più svantaggiate”, e lo fa – ricorda Agnoletto – dopo aver “sempre negato
che i brevetti costituiscano un problema“. Lo scuro, invece, “è che in questo accordo si prevede che la moratoria sui brevetti sia solo sui vaccini e non sui kit diagnostici e sui farmaci, come chiesto da quasi due anni da India e Sudafrica, come sottoscritto da oltre cento Paesi e sostenuto dalla nostra Campagna: questi aspetti cruciali e determinanti verrebbero rimandati ad un ipotetico futuro, a sei mesi dall’eventuale approvazione di questa piattaforma dal Wto. Come abbiamo da sempre sostenuto occorre una misura generalizzata di sospensione dei brevetti che comprenda i vaccini, i kit diagnostici e i farmaci anti-Covid”. E si tratta di una misura che serve subito, conclude Agnoletto, perché “lLa pandemia continua a dilagare, come dimostra la nuova ondata di casi dovuti alla variante Omicron 2 e in troppe aree della terra i vaccini non sono mai arrivati, le cure restano impraticabili e le stesse diagnosi spesso sono impossibili”.