
Ccnl farmacie pubbliche, riprese le trattative, ma da Assofarm proposte ritenute ‘insultanti’
Roma, 6 giugno – Dopo un lungo stato di agitazione proclamato dai sindacati per il mancato rinnovo del Ccnl delle farmacie speciali, culminato in una serie di giornate di sciopero indette a livello locale, delle quali il nostro giornale ha dato puntualmente riscontro, la Filcams Cgil ha ritenuto di ospitare su Farmacie Blog una lunghissima lettera aperta ad Assofarm inviata dal Coordinamento Filcams dei delegati delle farmacie della provincia di Firenze.
In sintesi, la lettera – dopo avere ampiamente richiamato i sempre maggiori carichi di lavoro dei farmacisti in farmacia, in ragione dell’evoluzione di questi presidi verso i servizi, con nuove mansioni e crescenti responsabilità e impegno e dopo aver ricordato che tutti, dal ministero della Salute alla Fofi, passando per le stesse Federfarma e Assofarm, benedicono e sostengono questo percorso di cambiamento e sviluppo – contesta in radice l’approccio fin qui mostrato da Assofarm, la sigla delle farmacie pubbliche con cui si discute il rinnovo del Ccnl. In particolare, il Coordinamento Filcams fiorentino censura un’affermazione che sarebbe stata resa qualche settimana dal presidente Venanzio Gizzi: “Il nostro contratto costa il 30% in più del contratto delle farmacie private, mentre il lavoro che fanno i dipendenti è esattamente lo stesso”.
Il sindacato scrive di ritenere, proprio per la sua approfondita conoscenza dei contratti, delle strutture aziendali diverse e del lavoro che si fa nelle farmacie, “inaccettabili e pretestuosi entrambi gli elementi di questa affermazione. Il nostro stipendio tabellare è quasi uguale a quello dei colleghi che lavorano in farmacia privata, e negli elementi economici accessori tipo l’indennità speciale ha anche qualche elemento peggiorativo, anche se è vero che è più solido nel garantire diritti in situazioni particolari come la maternità o la malattia. Ma se il costo del lavoro nelle farmacie comunali è più alto che in una farmacia privata la maggior parte del differenziale dipende dalle strutture aziendali diverse, gli uffici centrali, le dirigenze, non certo dagli stipendi di chi lavora in farmacia”.
Il tutto a significare che l’affermazione di Gizzi – secondo il sindacato – non sta in piedi. Il suggerimento è quello di non limitarsi a guardare il costo del lavoro ma – proprio in ragione delle differenti strutture aziendali tra pubblico e privato – quello di comparare piuttosto i margini di acquisto di un gruppo di farmacie comunali con quelli di una singola farmacia privata. “Le aziende in cui lavoriamo sono tutte in attivo” scrive il coordinamento Filcams fiorentino “e quando vediamo accadere qualche incidente in un bilancio di solito non è il costo del nostro lavoro a determinarlo. Le scelte sui piani industriali e d’investimento non competono a chi sta in farmacia, e anche se qualche volta ne intravediamo i limiti non siamo noi che le prendiamo”.
E riguardo la sovrapponibilità di attività tra i farmacisti delle farmacie private e pubbliche, il tono diventa ancora più perentorio: “Non è lo stesso lavoro, dottor Gizzi. Sul serio siete convinti che le mansioni siano le stesse? Nelle farmacie private l’attività gestionale, la responsabilità di fronte agli organi di controllo e qualunque decisione sono in prima persona del titolare, mentre nelle farmacie comunali sono responsabilità personale del direttore o del facente funzione, e spesso l’organizzazione interna della farmacia prevede anche ulteriori deleghe organizzative assai poco comuni nelle farmacie private. Nelle vostre farmacie noi dipendenti siamo responsabili di ogni attività vi si svolga, e ne rispondiamo in prima persona. Vogliamo parlare anche degli orari di apertura, che dal 2012 in poi specie nelle farmacie comunali hanno perso qualunque relazione coi turni di guardia farmaceutica perché le aperture domenicali fanno fatturato e le farmacie sono anche negozi? Dell’uso della flessibilità e della banca ore che rendono già ora “desueto” come le piace dire il pagamento degli straordinari? Non sono le stesse mansioni, non sono gli stessi orari di lavoro, e per lo stesso stipendio a lavorare con noi non ci viene più nessuno. Non ve ne siete ancora resi conto?”
Il genere di rinnovo contrattuale proposto da Assofar, scrive il sindacato, sottovaluta gravemente le attuali dinamiche occupazionali, e “potrebbe mettere a rischio il futuro delle aziende depauperandone gli organici sia per numeri che per competenze”.
La fluviale lettera entra quindi nel merito di alcune delle proposte avanzate da Assofarm in sede di trattativa per il rinnovo del contratto: “Non potete pensare di farci monetizzare i permessi e lavorare più ore perché non trovate personale, non potete chiederci di fare tutta la farmacia dei servizi passata presente e futura (dai test di prima istanza, a tutte le vaccinazioni, alla pharmaceutical care e tutta la formazione che sarà necessaria) per 20 euro lordi al mese, ci lascia perplessi anche la richiesta di aumentare la precarietà mentre i farmacisti non si trovano più”, scrive il sindacato, chiedendosi come sia possibile che nemmeno le farmacie chiuse per sciopero abbiano indotto la parte datoriale a “riflettere sul momento”, sulla fatica e le mansioni nuove piovute addosso ai farmacisti in questi due anni e sul futuro prossimo delle farmacie pubbliche, che fanno fatica anche solo a trovare farmacisti. “Una volta venire a lavorare nelle farmacie comunali era un obiettivo professionale, c’era la fila di colleghi a fare i concorsi, ora come ora sembra che sia un incidente che può capitare solo a un neolaureato (e comunque se ne laureano sempre meno). Ci fa paura, sul serio, la mancanza di consapevolezza del contesto occupazionale con cui avete completato la vostra proposta di rinnovo il 31 maggio a Bologna”.
Il riferimento è alla proposta di aumento di 84 euro avanzata da Assofarm a Bologna qualche giorno fa, nell’incontro che ha riavviato dopo mesi le trattative contrattuali: una proposta ritenuta “estremamente distante dalla richiesta di 130 che abbiamo fatto in piattaforma nel lontano 2016 alla scadenza del contratto, e insultante rispetto alla mole di lavoro che ci è stata chiesta in questi anni dall’evoluzione della farmacia e dalla pressione dell’emergenza pandemica”. Ma gli 84 euro, protesta il sindacato, sono “furbescamente anche meno del costo contrattuale del rinnovo Federfarma a cui dite di ispirarvi (sul cui incremento tabellare andrebbero aggiunti l’ assistenza sanitaria, l’ente bilaterale, e volendo potremmo anche aprire una discussione su quanti di noi per mansioni che facciamo nelle vostre farmacie rientrerebbero nella declaratoria del livello Q2)”.
“Anche peggio, se possibile, è stato rendersi conto che per 20 euro ci stavate davvero chiedendo di fare tutta la farmacia dei servizi anche futura, e non solo quella che siamo già abilitati a fare” continua la lettera aperta. ” Nel momento in cui le nostre delegazioni nazionali vi hanno chiesto di restringere la declaratoria di quell’articolo al presente, da holter, autoanalisi ed ecg a comprendere tutte le vaccinazioni, avete tolto dal tavolo anche quei miserrimi 20 euro lordi dicendo esplicitamente che non vi interessa pagarci quello che facciamo già”.
E qui la lettera evidenzia una patente contraddizione: “Nella discussione professionale ci era parso di capire che la vaccinazioni, prima Covid e poi antinfluenzale, in farmacia fossero un obiettivo importante raggiunto, i Protocolli col Governo parlano per la prima volta di remunerazione dell’atto professionale, e nel contratto Federfarma è stata prevista la remunerazione dell’atto vaccinale. Quando ve l’abbiamo chiesta anche per noi, l’avete chiamata ‘cottimo’. Ci risulta che parecchi atti sanitari siano remunerati a prestazione ai professionisti anche dipendenti, e che nessun altro abbia mai parlato di cottimo in proposito. Comunque se nelle farmacie comunali non vi interessa che facciamo le vaccinazioni questa è una delle scelte gestionali che a voi competono, ricordiamo che nei Protocolli è una mansione ad adesione volontaria per le farmacie come per i farmacisti”.
La lettera conclude ribadendo la differenza tra farmacie private e quelle pubbliche, che hanno una diversa organizzazione e dove “non si fanno le stesse mansioni (…) Ogni giorno siamo noi dipendenti a tirare su il bandone e metterci il camice, a prenderci tutte le responsabilità, ad assicurare tutti i servizi ai cittadini, a formarci per farlo sempre meglio e di più, per dare modo a voi e ai sindaci di rivendicare l’utilità e la differenza delle farmacie pubbliche, e per creare col nostro lavoro i margini con cui sosteniamo il bilancio sociale delle aziende e dei Comuni”.
“C’è bisogno ora di un rinnovo contrattuale che riconosca il lavoro che facciamo” termina quindi la lettera aperta, “perché al posto del riconoscimento anche economico della professionalità che spendiamo tutti i giorni avere pacche sulle spalle e nient’altro dopo un po’ sembra una beffa, e il futuro delle farmacie pubbliche e della farmacia dei servizi nel contesto attuale non può che passare dall’investimento nel personale che ci lavora dentro”.
