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giovedì 18 Aprile 2024
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Welfare insufficiente, caregiver spendono di tasca propria 10mila euro l’anno

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Roma, 13 giugno – Quasi un cittadino italiano su quattro ha più di 65 anni (14 milioni in tutto) e la grande maggioranza degli over 75 (l’85%) convive con almeno una malattia cronica.  Siamo dunque un Paese sempre più vecchio, che si trova a fare i conti con un sistema di welfare insufficiente, puntellato con fatica dalle famiglie. Questa la fotografia dell’Italia che emerge dallo studio Digitale, locale, integrato. Il futuro del Welfare in un Paese che invecchia, condotto da Bcg e Jointly e presentato lo scorso 8 giugno a Milano nella sede della stessa Boston Consulting Group,  società di consulenza globale.

La domanda di assistenza cresce di anno in anno, ma solo una parte residuale di questa domanda è soddisfatta con soldi  pubblici. La spesa pubblica per la non autosufficienza in Italia oggi  è infatti pari a circa  31 miliardi di euro (1,75% del Pil), circa 24 miliardi in meno della media di Francia, Germania e Regno Unito e, non bastasse, gran parte di essa (71%) è sostenuta direttamente dalle famiglie, con il 17% dei caregiver che spende più di 10.000 euro l’anno. In un caso su due si tratta di spese sostenute personalmente. Assicurazioni e corporate welfare ne coprono appena l’1,5% (in particolare, le assicurazioni Malattia e Long term care – Ltc – in Italia sono ancora un’eccezione, con una penetrazione sul Pil dello 0,2% nel 2020).

In termini di servizi, la maggioranza dei caregiver è costretta a fare da sé (38%) o a comprare dal privato (33%), sempre che se lo possa permettere. Il settore pubblico viene scelto mediamente solo dal 25% dei caregiver.  Una situazione che assume connotati difficili anche nella gestione del lavoro, dove più di un caregiver su tre (38%) teme che parlare del proprio ruolo possa compromettere in qualche modo la propria carriera e uno su quattro (23%) afferma di non aver ricevuto particolare supporto, dopo aver condiviso la propria situazione.

I cambiamenti sociodemografici in atto, verso famiglie sempre più mono-nucleo e in età avanzata, insieme alle evoluzioni indotte dalla pandemia (verso lo smart working, le cure da remoto e il digitale) impongono una riflessione urgente sul funzionamento dei sistemi di welfare (pubblico, privato, aziendale), sulla loro integrazione e sull’effettiva adeguatezza e capacità di rispondere ai bisogni degli anziani e dei loro caregiver.

La ricerca congiunta Bcg- Jointly ha coinvolto più di 12.000 dipendenti di aziende in diversi settori (telecomunicazione, trasporto, alimentare, energia, credito), con lo scopo di indagare i bisogni dei lavoratori caregiver e immaginare nuove soluzioni che coinvolgano tutti gli stakeholder, dalle aziende all’amministrazione pubblica, ai provider e agli assicuratori. La ricerca evidenzia alcuni snodi critici per le famiglie con persone anziane e non autosufficienti. Una situazione complessa che, secondo otto intervistati su dieci, è destinata a peggiorare. Una fatica psicologica ed economica, comge già visto prima con il dato del 17% dei caregiver che spende più di 10.000 euro l’anno, in un caso su due sostenendo personalmente. la spesa. È del tutto comprensibile quindi, che quasi la metà degli intervistati definisca questa situazione ‘pesante’ o ‘molto pesante’ e desideri (56%) fortemente poter staccare dal lavoro di cura, anche attraverso un sostegno psicologico (44%).

Dallo studio emerge che la copertura del fabbisogno, finanziario e di servizi, da parte del ‘pubblico’ non è sufficiente, ma la copertura privata, sia essa assicurativa o nella forma di welfare aziendale, è infinitesimale, arrivando a coprire poco più dell’1% della spesa sostenuta.

Il costo dei servizi sul mercato, erogati principalmente da aziende o di operatori specializzati, è raramente in linea con le possibilità di spesa e ciò  li rende inaccessibili a sei caregiver su 10. A fronte della barriera economica, l’offerta resta poco soddisfacente, soprattutto in termini di chiarezza e navigabilità. Queste limitazioni fanno sì che solo un terzo degli intervistati si rivolga abitualmente a servizi privati.

Due sono i fattori che emergono come prioritari per i caregiver intervistati: la gestione del tempo e l’aspetto finanziario, che sono considerati ‘rilevanti’ o ‘molto rilevanti’ rispettivamente dal 72% e 64% del campione. In questo scenario complesso è necessario definire un nuovo paradigma di lungo termine in cui identificare nuove sinergie sfruttando l’evoluzione digitale e di servizio degli ultimi due anni, e nuove forme di finanziamento. In termini di servizio aumenta l’interesse nei confronti delle soluzioni di senior housing: in Italia c’è ancora spazio per lo sviluppo di un modello con forte integrazione digitale, in cui l’accompagnamento alla vita quotidiana prevale sull’aspetto puramente medicale e assistenziale.

A domicilio l’attenzione si sposta, invece, sui servizi non medicali. Infatti, se da un lato si registra una flessione prevista nella domanda di assistenza domiciliare e in quella sanitaria, dall’altro si prevede un aumento del 18% nella domanda di proposte non cliniche: consegna di pasti, compagnia, trasporto, calendari interattivi, video consulti. La tecnologia è parte sempre più integrante delle nostre vite e può rappresentare la risposta ai bisogni dei caregiver e dei loro assistiti. Modelli di servizio innovativi si uniscono ad app, intelligenza artificiale, smart home per indirizzare in modo sempre più innovativo e personalizzabile i bisogni di una popolazione che invecchia.

Il Covid ha accelerato il ricorso alla tecnologia, prima per i teleconsulti nella fase di lockdown e poi espandendosi anche alla teleriabilitazione. La sfida sarà capire come sviluppare strumenti che sAnna Zattonitimolino il ricorso abituale a questi servizi anche nel lungo periodo. In termini di sostenibilità, le nuove soluzioni proposte – dal senior housing all’assistenza a domicilio – beneficerebbero senz’altro di una regia istituzionale e di una collaborazione con le aziende assicurative e quelle di welfare, tanto per la parte di co-progettazione e diffusione quanto per il finanziamento vero e proprio. “Il welfare aziendale” ha commentato Anna Zattoni, presidente di Jointly (nella foto) “può avere un impatto importante sul benessere delle famiglie e sulla sostenibilità del sistema socio-assistenziale nel nostro Paese. Ed è pronto a fare la sua parte, lavorando in sinergia con il settore assicurativo e con la pubblica amministrazione’.

“È dovere di tutti, dalla politica alle compagnie assicurative, passando per le società di corporate welfare e assistenza agli anziani, individuare soluzioni ai bisogni crescenti legati alla non autosufficienza. Il Pnrr offre una finestra per agire facendo leva sul digitale all’interno di nuovi modelli di servizio sempre più locali e integrati. Le opzioni sono molteplici: qualunque sia il disegno adottato, è certo che la strada della partnership tra attore pubblico e operatori privati può aprire una nuova stagione e costituire una soluzione pragmatica a fronte di fonti di finanziamento pubbliche limitate” ha aggiunto Alessandra Catozzella (nella foto), partner di Bcg. “Il digitale è quindi il fil rouge che può agire come fattore abilitante, nell’affrontare una complessa equazione che richiede l’equilibrio tra tre attori molto diversi. Che sia tramite la facilitazione di modelli lavorativi flessibili per i caregiver, o tramite l’erogazione di servizi innovativi da remoto per gli anziani – o ancora attraverso la raccolta di dati sempre più accurati per migliorare la prevenzione, la tecnologia offre possibilità illimitate per lo sviluppo di soluzioni innovative e sostenibili in termini di demografia e sviluppo socio-economico del Paese”.

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