Roma, 22 luglio – Si chiama Candida auris, è un fungo, per l’esattezza un ascomicete altamente infettivo e resistente ai farmaci in grado di provocare candidosi potenzialmente letali. Pressoché sconosciuto al grande pubblico fino a ieri, questo patogeno emergente rischia di diventare uno dei nuovi incubi sanitari dell’opinione pubblica mondiale. Le diagnosi di infezione da Candida auris (identificato per la prima volta in Giappone nel 2009 e dal 2015 segnalato anche in Europa) sono infatti in crescente aumento in varie parti del mondo: a oggi sono migliaia i casi registrati tra Vecchio Continente e Stati Uniti, circa 300 dei quali in Italia. Da noi ha suscitato molto scalpore (e ancor più preoccupazione) l’ultimo caso balzato alle cronache, quello di un 70enne deceduto a Venezia dopo il rientro da un viaggio in Kenya. I medici ritengono possa aver contratto il fungo in un ospedale del Paese africano, dove era stato ricoverato per calcoli renali. Il Candida auris è infatti un patogeno che colpisce spesso pazienti ospedalizzati, in particolar modo immunodepressi o che seguono determinati trattamenti (come ad esempio terapie antibiotiche ad ampio spettro, dopo un intervento chirurgico). Anche per questo è considerato una seria minaccia per la salute globale.
I sintomi sono variabili e dipendono dal distretto del corpo interessato: fra essi figurano difficoltà a deglutire, cecità, lesioni cutanee e alle mucose, febbre, shock, diminuzione della produzione di urina. Possono emergere in alcuni pazienti, spiegano gli esperti, anche “blocco renale e coagulazione intravascolare disseminata”. A oggi Candida auris ha provocato nei pazienti infezioni del sangue, di ferite e dell’orecchio, come specificato dai Cdc statunitensi. È stato anche isolato in campioni respiratori e di urina, “ma non è chiaro se causi infezioni ai polmoni o alla vescica”. La diagnosi può essere fatta solo dagli specialisti attraverso esami istopatologici e colturali dei campioni. La candidosi è ritenuta particolarmente significativa quando il fungo viene rilevato in siti normalmente sterili come ad esempio il sangue, il pericardio e il fluido cerebrospinale.
Secondo quanto riferisce il Candida auris Fact Sheet pubblicato su Virox, non sono ancora pienamente note le modalità di trasmissione del fungo. È noto tuttavia che le persone più a rischio sono i pazienti ricoverati in ospedale che entrano in contatto con superfici e dispositivi medici contaminati, in particolare tubi inseriti nel corpo come quelli per la ventilazione polmonare, i cateteri venosi centrali, i tubi per l’alimentazione e così via. “Dati limitati suggeriscono che i fattori di rischio per le infezioni da Candida auris sono generalmente simili ai fattori di rischio per altri tipi di infezioni da Candida”, aggiungono i Cdc, che ritengono possibile il contagio tra persone.
I rischi di Candida auris sono molteplici e vari. Innanzitutto, come specificato dai Cdc, il patogeno è difficile da identificare con i metodi di laboratorio standard, dunque è possibile incappare in errori senza test specifici. “Un’identificazione errata può portare a una gestione inappropriata dell’infezione”. Spesso il fungo è multiresistente ai farmaci antimicotici e le infezioni sono difficili da estirpare. Alcuni ceppi resistono a tutte e tre le classi di antimicotici disponibili, evidenziano i Cdc. In alcuni casi i pazienti sviluppano una sindrome assimilabile alla sepsi batterica, con decorso fulminante che può comprendere shock, oliguria, insufficienza renale, e coagulazione intravascolare disseminata.
Il ministero della Salute italiano indica che i pazienti ricoverati in ospedale possono infettarsi settimane dopo il ricovero e morire per l’infezione mesi dopo. L’infezione può permanere a lungo ed essere difficile da eradicare, proprio per la suddetta resistenza ai farmaci, così come ai comuni disinfettanti. La letalità è considerata elevata e si attesta tra il 30 e il 70 percento.
I Cdc USA specificano che la maggior parte delle infezioni provocate dal fungo possono essere curate attraverso una classe di antimicotici chiamata echinocandine. Ma come indicato alcuni ceppi del Candida auris sono resistenti a tali farmaci e complesse da eradicare. “In questa situazione – spiegano i CDC – possono essere necessarie più classi di antimicotici a dosi elevate per trattare l’infezione”. Tra i farmaci impiegati per combattere le candidosi figurano anche l’amfotericina B, il fluconazolo, il voriconazolo e il posaconazolo.
In base all’ultima circolare diffusa dal ministero della Salute nel novembre 2021 ( ma il dicastero sta lavorando a una nuova circolare aggiornata sulla base delle nuove conoscenze ed evidenze), i casi accertati in Italia sono circa trecento. Non è dato sapere quanti di questi siano di importazione. Hanno interessato principalmente pazienti maschi, molti dei quali neonati nati prematuri e anziani. Si specifica che molte delle persone colpite erano affette da malattie “come diabete, patologie renali e dell’orecchio, traumi”, inoltre circa il 50 percento dei casi “ha una storia di catetere venoso centrale e uso di antibiotici ad ampio spettro”.
La preoccupazione degli esperti è elevata per via della multiresistenza del patogeno e dell’incremento dei casi, che può sfociare in vere e proprie epidemie nelle strutture sanitarie. Per questo viene raccomandata la massima attenzione nella diagnosi precoce e nella sterilizzazione degli ambienti e degli strumenti. In Italia sussiste un problema particolarmente grave con le infezioni intra-ospedaliere, che provocano fino a 7mila morti ogni anno. Facile comprendere come – in questa situazione – la minaccia di Candida auris rappresenti un autentico incubo. Da scongiurare a ogni costo.