Roma, 29 agosto – La guerra planetaria contro Covid apre fronti interni e vede armarsi l’una contro l’altra proprio le indusrtie farmaceutiche che l’hanno combattuta in primissima fila (guadagnando fior di soldi: le stime di People’s Vaccine Alliance diffuse a novembre 2021 avevano calcolato per Pfizer e Moderna ricavi di 93 milioni di dollari al giorno, 65 mila dollari al minuto, circa 1.000 euro al secondo). Nel fine settimana appesa trascorso è deflagrata la notizia di una azione legale intentata dalla statunitense Moderna nei confronti dei connazionali di Pfizer e dei tedeschi di BioNTech, ovvero le case farmaceutiche che con i loro vaccini anti-Covid hanno monopolizzato le forniture per le campagne di immunizzazione durante la pandemia. Moderna ha fatto causa alla coppia Pfizer-BioNtech (contitolare del vaccino Comirnaty) accusandola di aver violato i brevetti depositati fra 2010 e il 2016 per produrre i preparati con tecnologia mRna.
Moderna, sintetizza un lancio di quifinanza.it, ha depositato l’azione legale alla corte distrettuale del Massachusetts e al tribunale regionale tedesco di Dusseldorf, al culmine di una contesa per la proprietà intellettuale sui diritti della tecnologia usata con i vaccini anti-Covid, alla base dei circa 50 miliardi di dollari che le due aziende prevedono di fatturare nel 2022 con la vendita delle fiale
“Facciamo causa per proteggere la nostra piattaforma tecnologica innovativa mRna in cui abbiamo investito miliardi” hanno affermato i rappresentanti dell’azienda americana, che (particolare di non poco conto) ha potuto sviluppare le loro tecnologie anche grazie agli ingenti finanziamenti pubblici ricevuti: secondo i dati raccolti e diffusi dal portale The Knowledge Network on Innovation and Access to Medicines del Global Health Center di Ginevra, che monitorando fino a marzo 2021 circa 6 miliardi di dollari di investimenti in ricerca e sviluppo e rilevando che il 98,1% proveniva da finanziamenti pubblici, proprio Moderna sarebbe stata infatti la principale beneficiaria degli aiuti, con quasi un miliardo di dollari. Una cifra analoga avrebbe “sostenuto” le ricerche Janssen, mentre Pfizer e BioNTech hanno ricevuto finanziamenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo pari a circa 800 milioni di dollari. A farla corta, praticamente tutto il denaro investito nelle tre società per lo sviluppo dei vaccini anti Covid era di provenienza pubblica. Il che – senza niente levare al fondamentale impulso che l’industria assicura alla ricerca farmacologica – aiuta comunque a comprendere meglio le dinamiche di Big Pharma e contribuisce non poco a spiegare le remunerazioni-monstre dei dirigenti delle azienda farmaceutiche produttrici di vaccini a mRna: un’analisi condotta dal Financial Times nella primavera di quest’anno sui loro pacchetti remunerativi ha mostrato che l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla ha ricevuto compensi per 45,3 milioni di dollari tra il 2020 e il 2021., mentre nel biennio precedente si fermava a 27,7 milioni di dollari. Ugur Sahin, Ad di BioNTech, è invece passato dagli 8,5 milioni del 2018 e del 2019 ai 30,8 milioni degli anni della pandemia. In (apparente) controtendenza Stéphane Bancel, Ad di Moderna, che ha visto il suo compenso passare da 67,5 milioni di dollari a 31,1 milioni. Alla cifra, però, vanno aggiunte le stock option (relative al biennio che ha preceduto il Covid) che poi hanno fatturato 58,6 milioni. A proposito di stock option, i numero uno delle tre aziende, almeno sulla carta, sono diventati miliardari anche grazie alle quote possedute nelle rispettive compagnie: basti pensare che il prezzo delle azioni di Pfizer è aumentato del 60% negli scorsi 24 mesi, e quelli di BioNTech e Moderna sono cresciuti di almeno cinque rispetto al biennio precedente. Sempre nella scorsa primavera, il gruppo di analisti Airfinity ipotizzava che le vendite del vaccino Comirnaty di Pfizer-BioNTech abbiano generato utili pari a 37,5 miliardi di dollari, più del doppio di quelle dello Spikevax di Moderna, che invece si è fermato a 17 miliardi.
Proprio queste ultime cifre rimandano alla causa intentata da Moderna, che la responsabile legale di Moderna, Shannon Thyme Klinger (nella foto) ha giustificato affermando di ritenere che “Pfizer e BioNTech abbiano illegalmente copiato le invenzioni di Moderna e abbiano continuato a usarle senza permesso”.
“Quando è scoppiata la pandemia, né Pfizer né BioNTech avevano il livello di esperienza di Moderna nello sviluppo di vaccini mRna per malattie infettive” ha sottolineato Linger “e hanno seguito consapevolmente l’esempio di Moderna nello sviluppo del proprio vaccino”.
Secondo quanto sostenuto dall’azienda, Pfizer e BioNTech avrebbero copiato due elementi centrali delle sue tecnologie brevettate, in particolare una modifica chimica presente nel vaccino Spikevax per permettere all’mRna di non essere rigettato dall’organismo.
“Gli scienziati di Moderna hanno iniziato a sviluppare questa modifica chimica che evita di provocare una risposta immunitaria indesiderata quando l’mRna viene introdotto nell’organismo nel 2010 e sono stati i primi a convalidarla negli studi sull’uomo nel 2015” hanno precisato i legali di Moderna nella citazione in giudizio. Nella nota con cui si annuncia l’azione legale, Moderna precisa che l’obiettivo non è cercare di rimuover il vaccino di Pfizer-BioNTech dal mercato o impedirne la vendita futura, né chiedere il risarcimento per le “attività avvenute prima dell’8 marzo 2022”, ma che venga riconosciuta la licenza commerciale.
Moderna si era impegnata a non far valere i suoi brevetti relativi al Covid 19, per garantire un accesso globale equo ai vaccini. Proposito portato avanti fino a marzo 2022, quando l’emergenza pandemica è stata ritenuta dall’azienda in una fase di normalizzazione in quanto “la lotta collettiva contro il Covid 19 è entrata in una nuova fase e la fornitura di vaccini non era più una barriera all’accesso in molte parti del mondo”.
Tra le reazioni italiane alla notizia della causa intentata da Moderna contro Pfizer e BioNTech merita una segnalazione quella del direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova Andrea Crisanti, che ha definito “inopportuna e intempestiva” l’azione dell’azienda americana, parlando di “giorno nero per la scienza e la ricerca e il diritto internazionale alla salute”.
Secondo l’esperto, la decisione di Moderna “è un atto intempestivo perché siamo in una situazione ancora transitoria e non sappiamo se dovremo affrontare nuove fasi dell’epidemia con sviluppo di vaccini aggiornati, diversi. Ed è inopportuno perché getta una luce sinistra su quelli che sono gli interessi dietro i vaccini”. Ma, ha aggiunto Crisanti, si tratterebbe anche di “un atto intimidatorio verso tutti quei Paesi che non hanno tecnologie proprie e fanno affidamento su questa tecnologia” per farsi un vaccino. “Penso che peggio di così non poteva essere. È un qualcosa che va oltre il caso specifico con Pfizer. È un atto di intimidazione che può avere conseguenze negative su tutti coloro che vogliono investire nella ricerca sui vaccini”ha commentato duramente il virologo.
“Io credo nell’utilità dei brevetti come leva del progresso, dell’innovazione tecnologica e della formazione di ricchezza” ha quindi precisato Crisanti “però credo anche che ci siano situazioni in cui l’accesso e le licenze di determinati brevetti debba essere regolato, in modo particolare quando ci sono esigenze di sanità pubblica, come un’epidemia, o esigenze sociali come quando Paesi poveri o in via di sviluppo non hanno le risorse per potersi permettere di sviluppare un farmaco o un vaccino per conto proprio”.
Secondo il virologo, la mossa di Moderna, “dà veramente munizioni a tutti i complottisti e coloro che hanno posizioni anti-vaccino e hanno espresso dubbi sulla legittimità delle grandi case farmaceutiche ad accumulare guadagni sui vaccini. Ora Pfizer è dotata di un team di avvocati che darà del filo da torcere a Moderna per anni, e non penso che avrà problemi. Penso invece – ha concluso Crisanti – a tutte le piccole realtà che non hanno le risorse e non possono permettersi una causa legale contro Moderna”.