Roma, 29 settembre – Con l’insediamento del nuovo governo di centrodestra presieduto (salvo improbabili colpi di scena) da Giorgia Meloni, potrebbero cambiare, e non di poco, le scelte di politica sanitaria nel prossimo futuro, a partire dalla riforma della medicina territoriale messa nero su bianco dal Governo Draghi con il decreto interministeriale di natura regolamentare del 23 maggio 2022 , n. 77, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del successivo 22 giugno, che ridisegna perimetro e funzioni del distretto sanitario, definendo modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Ssn, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Le dichiarazioni di Marcello Gemmato (nella foto), responsabile nazionale per la sanità di Fratelli d’Italia, il partito che sarà il principale azionista del governo che verrà, lasciano infatti presagire una profonda revisione delle linee di indirizzo della riforma della sanità di prossimità così come concepita dal precedente governo. Gemmato aveva chiarito i limiti del disegno riformatore (per chi non ne ricordasse l’impianto, la riforma è sintetizzata qui) in diverse interviste rilasciate già prima del voto, affermando – in particolare – di non condividere la scelta di istituire nuovi presidi (le “case di comunità” e gli ospedali di comunità) per sviluppare la rete di assistenza territoriale, quando sarebbe molto più logico, economico, funzionale e produttivo di effetti potenziare le reti dei medici di famiglia e delle farmacie, con investimenti adeguati (avvalendosi delle risorse del Pnrr. circa sette miliardi) finalizzati a dotare a questi presidi di salute del territorio di attrezzature e strumenti diagnostici di base che consentano di effettuare da professionisti fidati e a un passo da casa analisi di prima istanza, elettrocardiogrammi, ecografie e altri esami, potenziando anche la telemedicina e realizzando così un modello di sanità diffusa che – secondo Gemmato – “può sopperire anche alla chiusura degli ospedali e permettere un’assistenza accessibile a tutti”.
A giudizio del parlamentare pugliese, titolare di farmacia a Terlizzi, in provincia di Bari, case e ospedali di comunità sono la risposta sbagliata alla giusta decisione di potenziare la sanità di prossimità, perché la loro presenza sul territorio – le 1350 case di comunità previste insisteranno su un bacino d’utenza di circa 40mila abitanti ciascuna – non sembra rispondere alle necessità di una “vera prossimità”. Il rischio, secondo Gemmato, è che ancora una volta rimangano sprovvisti di servizi le località più piccole e le comunità marginali e più disagiate, che continuerebbero così a essere costretti a compiere tragitti anche lunghi per raggiungere la casa di comunità più vicina. Il medico di base e la farmacia di comunità, per contro stanno già nel vivo del territorio e, opportunamente attrezzati e messi in condizione di operare garantendo nuovi servizi e prestazioni, “garantiscono un’assistenza davvero di prossimità».