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martedì 19 Marzo 2024
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Gemmato (FdI): “Sanità di prossimità, riforma da rifare, mettere al centro Mmg e farmacie”

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Roma, 29 settembre – Con l’insediamento del nuovo governo di centrodestra presieduto (salvo improbabili colpi di scena) da Giorgia Meloni, potrebbero cambiare, e non di poco, le scelte di politica sanitaria nel prossimo futuro, a partire dalla riforma della medicina territoriale messa nero su bianco dal Governo Draghi con il decreto interministeriale di natura regolamentare del 23 maggio 2022 , n. 77, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  n. 144 del successivo 22 giugno, che ridisegna perimetro e  funzioni del distretto sanitario, definendo modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Ssn, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le dichiarazioni di Marcello Gemmato (nella foto),  responsabile nazionale per la sanità di Fratelli d’Italia, il partito che sarà il principale azionista del governo che verrà, lasciano infatti presagire una profonda revisione delle linee di indirizzo della riforma della sanità di prossimità così come concepita dal precedente governo. Gemmato aveva chiarito i limiti del disegno riformatore (per chi non ne ricordasse l’impianto, la riforma è sintetizzata qui)  in diverse interviste rilasciate già prima del voto, affermando – in particolare – di non condividere la scelta di istituire nuovi presidi (le “case di comunità” e gli ospedali di comunità) per sviluppare la rete di assistenza territoriale, quando sarebbe molto più logico, economico, funzionale e produttivo di effetti potenziare le reti dei medici di famiglia e delle farmacie, con investimenti adeguati (avvalendosi delle risorse del Pnrr. circa sette miliardi) finalizzati a dotare a questi presidi di salute del territorio di attrezzature e strumenti diagnostici di base  che consentano di effettuare da professionisti fidati e a un passo da casa analisi di prima istanza, elettrocardiogrammi, ecografie e altri esami, potenziando anche la telemedicina e realizzando così un modello di  sanità diffusa che – secondo Gemmato – “può sopperire anche alla chiusura degli ospedali e permettere un’assistenza accessibile a tutti”.

A giudizio del parlamentare pugliese, titolare di farmacia a Terlizzi, in provincia di Bari, case e ospedali di comunità sono la risposta sbagliata alla giusta decisione di potenziare la sanità di prossimità, perché la loro presenza sul territorio – le 1350 case di comunità previste insisteranno su un bacino d’utenza di circa 40mila abitanti ciascuna – non sembra rispondere alle necessità di una “vera prossimità”. Il rischio, secondo Gemmato, è che ancora una volta rimangano sprovvisti di servizi le località più piccole e le comunità marginali e più disagiate, che continuerebbero così a essere costretti a  compiere tragitti anche lunghi per raggiungere la casa di comunità più vicina. Il medico di base e la farmacia di comunità, per contro stanno già nel vivo del territorio e, opportunamente  attrezzati e messi in condizione di operare garantendo nuovi servizi e prestazioni,  “garantiscono un’assistenza davvero di prossimità».

Comprensibilmente, Gemmato – facendo riferimento all’esperienza dell’emergenza pandemica e al contributo che negli ultimi due drammatici anni hanno saputo garantire al Paese – sottolinea con particolare enfasi il ruolo straordinario delle farmacie di comunità. “Penso soprattutto alle farmacie rurali che insistono su piccole comunità di ottocento, mille abitanti. Lì non vi è sanità territoriale, ci sono le farmacie. L’idea è quella di sfruttare la capillarità, la cosiddetta ‘pianta organica’, che pone le farmacie distanti una 200 metri dall’altra, presenti sia nel centro delle grandi città che nelle periferie. Con i soldi del Pnrr, l’ammodernamento tecnologico, la telemedicina che potrebbe essere messa a disposizione delle farmacie e degli studi dei Mmg potremmo avere una sanità di prossimità migliore rispetto a quella immaginata con le case di comunità. Pensate a una zona montana” ha esemplificato Gemmato. “Mettere insieme 40mila abitanti significa mettere insieme 30 o 40 comuni. Invece le farmacie e i medici  di medicina generale già ci sono: sfruttare queste professionalità è il miglior modo per far funzionare la sanità territoriale“.
Nel programma di politica sanitaria di FdI c’è però anche una proposta che a qualcuno e suonata come l’annuncio  minaccioso di voler subito  chiudere i conti con il passato: l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza pandemica nel nostro Paese. Gemmato afferma con risolutezza  che dietro la proposta non si cela alcuna volontà punitiva e soprattutto la istituenda commissione non nasce certo per colpire la classe medica, “i professionisti che hanno svolto puntualmente e fino in fondo, anche con l’estremo sacrificio, il loro dovere. Pensiamo semplicemente che la stagione del Covid abbia molti punti d’ombra” ha spiegato, ricordando di essere stato costretto a chiamare in causa il tribunale per costringere il ministro Speranza a produrre il piano pandemico nazionale, scoprendo così “che il piano pandemico non esisteva”.
“Sull’acquisto delle mascherine ci sono state altre mancanze” aggiunge il parlamentare pugliese “e la commissione serve appunto a fare chiarezza su tutta una serie di storture, su tutta una serie di criticità, sulla mancanza della sanità territoriale, anche sui limiti strutturali della nostra sanità che se non mettiamo in luce oggi corriamo il rischio di ripetere domani“.

 

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