
“Convivenza” dei virus di influenza e Covid, un italiano su due la vive con ansia
Roma, 4 ottobre – Dopo due anni di pandemia, restrizioni, mascherine e test, un italiano su due si appresta a vivere la prossima stagione influenzale, caratterizzata dalla convivenza e dalla sovrapposizione dell’influenza stagionale con Sars CoV 2, con uno stato d’animo negativo in cui prevalgono ansia, stanchezza, tristezza e diffidenza. Sono soprattutto le donne e i trentenni (25-34 anni) le categorie più demotivate e sfiduciate, mentre i giovanissimi si dividono tra ansiosi e indifferenti.
Questo il quadro che emerge dalla ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, l’Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, presentata nei giorni scorsi a Milano, di cui riferisce un lancio di AdnKronos Salute.
Covid-19 ha modificato i comportamenti di prevenzione e cura dei cittadini, ma nel 2022 si osserva un graduale ritorno ai comportamenti pre-Covid, pur senza raggiungere i livelli del 2019: da un lato, diminuisce rispetto al 2020-21 la quota di chi ritiene di dover contattare immediatamente il proprio medico di base alla comparsa dei primi sintomi influenzali (26,2%); dall’altro, aumentano i favorevoli a riposo e ricorso ai farmaci di automedicazione, con contatto medico solo se necessario (45,6%). Secondo l’indagine gli italiani sono timorosi, ansiosi e diffidenti: il 23% si definisce “preoccupato” e il 21,1% “stufo”. Le donne sono più in ansia degli uomini (27,1% contro 19,1%), che guardano alla prossima stagione di convivenza e sovrapposizione tra Sars CoV 2 e virus influenzali con maggiore ottimismo, serenità e fiducia.
Le fonti principali di preoccupazione e stress sono legate a un nuovo inasprimento delle regole per contenere il contagio (citato da quasi il 22% della popolazione), la paura di contagiare soggetti deboli (17,1%) e le difficoltà nel distinguere i sintomi dell’influenza da quelli del Covid-19 (16,6%). Circa quattro italiani su dieci dichiarano di voler ricorrere alla vaccinazione antinfluenzale, con una propensione che raggiunge i livelli massimi tra gli over 65, dove due su tre intendono vaccinarsi. Tra questi, il vaccino antinfluenzale è diventato ormai una consuetudine: per il 44,2% la motivazione è quella di evitare di contagiare persone vicine (29,6%, in crescita), seguita dalla volontà di agevolare la diagnosi differenziale tra influenza e Covid-19 (29,4%, in diminuzione). Permane tuttavia tra gli intervistati la convinzione che la vaccinazione sia inutile: lo crede ancora il 42% della popolazione, perché afferma di ammalarsi raramente e con sintomi lievi.
Resta infine alta, anche se in diminuzione, la percentuale di coloro che non si sono mai posti il problema della vaccinazione antinfluenzale (24,5% nel 2022 contro i 26,3% nel 2020). In ogni caso, “la vaccinazione anti-Covid ha portato gli italiani ad abituarsi al concetto di vaccinazione e, ormai consapevoli, i cittadini stanno chiedendo sempre più dei vaccini”, spiega il presidente della Simg (Società italiana di medicina generale e delle cure primarie), Claudio Cricelli (nella foto). “Ultimamente, poi, al ruolo fondamentale di profilassi della malattia acuta Covid si sta aggiungendo la consapevolezza che i vaccini, di fatto, possono prevenire la cronicizzazione del Covid. Il Sars-CoV-2, infatti, si sta mostrando come una malattia che spesso e in molti casi si estende nel tempo – Long Covid, appunto – e che può diventare probabilmente una vera e propria sindrome cronica a sé, con caratteristiche ancora evolutive e da definire nel tempo”.
Nel guardare alla prossima stagione influenzale, aggiunge Cricelli, “occorre premettere che Sars CoV 2, soprattutto nelle varianti Omicron, non è più benigno rispetto a quanto visto con le altre varianti”. Il vaccino resta “fondamentale”, ammoniscono lo stesso Cricelli e il virologo dell’Università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco.
Ma come ci si avvicina alla cura delle malanni stagionali? Mentre i giovani dichiarano una maggior propensione alla ricerca delle informazioni su internet e presso parenti e amici, la figura del medico di famiglia, in caso di influenza, è sempre più centrale, soprattutto al crescere dell’età (8 over 65 su 10). A lui si rivolge il 66,1% della popolazione, anche se diminuisce rispetto al 2020-21 la quota di quanti ritengono che contattare immediatamente il proprio medico sia la cosa più giusta da fare (lo credeva un italiano su tre, ora uno su quattro).
