
Professioni sanitarie, la Commissione Ue conferma: legittimi i paletti alla pubblicità
Roma, 7 ottobre – È previsto a chiare lettere dalla legge italiana (per l’esattezza, dal comma 525 della legge n. !45/2018, ovvero la Legge di bilancio per il 2019) e lo ha ribadito ancor più chiaramente nei giorni scorsi il commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton (nella foto), rispondendo per iscritto al quesito della deputata boema Katerina Konecna, in un parere che stronca – forse definitivamente – i numerosi tentativi di smontare la legge italiana accampando la scusa di una presunta violazione delle normative europee sul libero mercato.
La presa di posizione attesa del commissario Breton era e auspicata e condivisa da molti attori del settore sanità, a partire dall’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano, che da tempo aveva posto il problema a livello istituzionale.
“In Italia la questione assume una particolare rilevanza perché periodicamente assistiamo a tentativi di smontare il comma 525. In realtà, quanto prescritto dalla normativa italiana, che abbiamo fortemente contribuito a proporre, insieme alla Commissione Albo Odontoiatri (Cao) nazionale e alle principali associazioni di categoria, Associazione nazionale dentisti italiani (Andi) in particolare, non ledono il diritto alla concorrenza e men che meno vietano la pubblicità sanitaria ma pongono solo dei limiti ben precisi alla pubblicità propagandistica, irrealistica e suggestiva” spiega il presidente dell’Ordine dei medici milanese Roberto Carlo Rossi, uno dei maggiori fautori del testo dell’emendamento presentato dalla deputata leghista Rossana Boldi (odontoiatra di professione) e poi inserito nel testo del provvedimento e diventato legge.
“Periodicamente ci ritroviamo di fronte a emendamenti che cercano di eliminare questo divieto introdotto per evitare che il cittadino/paziente venga condizionato nella sua libera e ragionata scelta su ciò che è bene per la sua salute dalle logiche del libero mercato senza regole” chiarisce il vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Milano Andrea Senna. “Soprattutto in campo odontoiatrico ben prima che entrasse in vigore la legge abbiamo assistito a forme di pubblicità improprie che proponevano messaggi commerciali stile discount, con sconti sulle prestazioni e offerte 3 x 2”.
Nel dettaglio, il Commissario Breton ha fissato i paletti delle legislazioni dei singoli Stati in materia di pubblicità promozionale. Anzitutto ha richiamato il principio di libera concorrenza con riferimento al giudizio della Corte di Giustizia, quando ha affermato che “un divieto nella legislazione nazionale di pubblicità promozionale restringe la libertà di fornire servizi” ma, ha anche aggiunto, “può essere permesso solo laddove persegua un obiettivo di pubblico interesse, sia appropriato per l’ottenimento di quell’obiettivo e non vada oltre ciò che è necessario per ottenerlo”.
Come si coniuga, dunque, il diritto alla concorrenza con il pubblico interesse? <A spiegarlo è sempre Breton nella sua risposta alla deputata Konecna: la legislazione nazionale, che vieta la pubblicità propagandistica, irrealistica e suggestiva in campo sanitario, autorizzando al contempo quella informativa, è compatibile con il diritto comunitario proprio perché persegue un obiettivo generale di pubblico interesse, qual è la salute. Infatti, consentendo la pubblicità informativa a professionisti e studi medici non si configura “un divieto assoluto e generale di ogni tipo di pubblicità, se di fatto non restringe la possibilità per le persone di portare avanti la loro attività, facendosi conoscere a potenziali nuovi clienti e promuovendo i servizi offerti”.
Breton infine, si preoccupa di difendere il diritto alla salute dei pazienti e la dignità dei professionisti che esercitano la professione, secondo i principi della deontologia: “La pubblicità promozionale di prodotti sanitari che inganna i pazienti promuovendo trattamenti non adatti e o non necessari può mettere a rischio la protezione della salute e compromettere la dignità dei professionisti sanitari, obiettivi questi ultimi di pubblico interesse”.
