
Censimento Istat, gli abitanti dell’Italia sono sempre di meno e sempre più vecchi
Roma, 16 dicembre – La popolazione censita in Italia al 31 dicembre 2021 ammonta a 59.030.133 residenti, in calo dello 0,3% rispetto al 2020 (-206.080 persone). Il decremento di popolazione interessa soprattutto il Centro Italia (-0,5%) e l’Italia settentrionale (-0,4% sia per il Nord ovest che per il Nord est), è più contenuto nell’Italia meridionale (-0,2%) e risulta minimo nelle Isole (appena 3mila unità in meno). Lo dicono i dati Istat sul censimento permanente pubblicati ieri, precisando che il calo di popolazione non è dovuto solo al saldo naturale negativo ma è da attribuire in parte alla diminuzione della popolazione straniera. Gli stranieri censiti sono 5.030.716, ovvero 141.178 in meno rispetto al 2020, con un’incidenza sulla popolazione totale di 8,5 stranieri ogni 100 censiti.
Il decremento di popolazione è molto più limitato nei comuni della classe 5-20mila abitanti e in quella fino a 5mila abitanti (che insieme rappresentano il 70% dei Comuni italiani). Nei 44 Comuni con oltre 100mila abitanti solo cinque guadagnano popolazione, per i restanti 39 si registra un calo rispetto al Censimento 2020 di circa 115mila residenti. Le donne confermano una leggera prevalenza e rappresentano il 51,2% della popolazione residente, superando gli uomini di 1.392.221 unità. Il rapporto di mascolinità è pari a 95,4 uomini ogni 100 donne; il più alto si registra in Trentino-Alto Adige (97,7), quello più basso in Liguria (92,6) che è anche la Regione con il più alto indice di vecchiaia. Roma resta il comune più grande con 2.749.031 residenti, Morterone (in provincia di Lecco) quello più piccolo, con appena 31 abitanti.
Negli ultimi 10 anni diminuiscono sistematicamente gli analfabeti, le persone che sanno leggere e scrivere ma non hanno concluso un corso regolare di studi e quelle con la licenza di scuola elementare e di scuola media. La quota più significativa di popolazione, pari al 36,3%, è in possesso del diploma (oltre 5 punti percentuali in più rispetto al 2011). Tra il 2011 e il 2021 si dimezzano gli analfabeti (dall’1,1% allo 0,5%), diminuiscono le persone che non hanno proseguito gli studi dopo il primo ciclo della scuola primaria e aumentano i laureati (dall’11,2% al 15,0%) e dottori di ricerca (dallo 0,3% allo 0,5%). A livello territoriale i laureati sono il 17,2% al Centro, il 15,3% al Nord-ovest, il 14,9% al Nord-est, il 13,8% nel Meridione e il 13% nelle Isole. Le quote più elevate di titoli di studio bassi si rilevano invece al Sud. Con il 19,1% il Lazio è la regione con l’incidenza più elevata di laureati e di dottori di ricerca (0,8%) a cui si contrappone la Puglia (12,9% e 0,3%), al pari di Valle D’Aosta, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.
I Grandi comuni, con più di 250mila residenti, continuano a essere un polo di attrazione per i più istruiti: la quota di laureati registra un picco (29,1%) a Milano e Bologna, che dal 2011 guadagnano 6 punti percentuali. Più contenute, ma sempre sopra la media nazionale del 15%, le incidenze di laureati a Palermo, Napoli e Catania, che in dieci anni crescono tra i 2,5 e i 3,2 punti percentuali. Le persone senza tetto e senza fissa dimora ammontano a poco più di 96mila mentre la popolazione che formalmente risulta residente nei campi attrezzati o negli insediamenti tollerati e spontanei è pari a circa 16mila unità. Più di un terzo della popolazione residente in convivenza è rappresentato da stranieri, concentrati prevalentemente nelle strutture di accoglienza per immigrati e nelle convivenze ecclesiastiche.
Trova conferma e si acuisce la tendenza del progressivo invecchiamento del Paese: l’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni). La Campania continua a essere la Regione più giovane (età media di 43,6 anni) mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4, anni). L’invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente nel confronto con i censimenti passati. Nel 2021 per ogni bambino si contano 5,4 anziani contro meno di un anziano per ogni bambino del 1951 (3,8 nel 2011). L’indice di vecchiaia è notevolmente aumentato e continua a crescere, da 33,5% del 1951 a 187,6% del 2021.
La struttura per età si conferma anche nel 2021 fortemente squilibrata a favore della componente anziana della popolazione. Rispetto all’anno precedente, per entrambi i generi diminuisce leggermente il peso percentuale delle classi più giovani, in particolare 0-4 e 5-9 anni, ma anche di quelle 40-44 e 45-49 anni.
“Sempre di poco aumenta invece l’incidenza delle classi di età 50-54, 55-59, 60-64, 65-69 e 75-79 anni” rileva l’Istat. “Di conseguenza anche l’età media si innalza lievemente, passando da 45,9 a 46,2 anni, pur con una certa variabilità nella geografia dell’invecchiamento. Il comune più giovane è, come nel 2020, Orta di Atella, in provincia di Caserta (età media 36,6 anni da 35,7 nel 2020), mentre il più vecchio è San Giovanni Lipioni, in provincia di Chieti (età media 66,1 anni)”.
Tra la popolazione censita come residente in convivenza si contano 351.338 persone che vivono stabilmente in tre tipi di convivenza: circa il 32% nelle case di riposo e Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), più del 20% nelle convivenze ecclesiastiche e quasi il 21% nelle strutture di accoglienza per immigrati.
“Più di un terzo della popolazione residente in convivenza – spiegano i curatori del censimento permanente – è rappresentato da stranieri, concentrati nelle strutture di accoglienza per immigrati e nelle convivenze ecclesiastiche. Il rapporto di mascolinità della popolazione residente in convivenza è superiore per gli stranieri e negli istituti penitenziari mentre la componente femminile, che complessivamente incide per il 48,3%, è maggiore negli istituti di cura, negli ospizi, nelle case di riposo, nelle Rsa e nelle convivenze ecclesiastiche”.
L’età media dei residenti in convivenza è 57 anni, più elevata per gli italiani e ovviamente in ospizi, case di riposo, Rsa, negli istituti di cura e nelle convivenze ecclesiastiche. La popolazione più giovane risiede negli istituti per minori e nelle strutture di accoglienza per immigrati. La popolazione in convivenza è distribuita per il 57,6% nei comuni del Nord (31,9% nel Nord-ovest e 25,7% nel Nord-est), per il 21,7% nel Centro e per circa il 20% nel Mezzogiorno. Le Regioni con il maggior numero di residenti in convivenza sono la Lombardia e il Lazio. Gli stranieri che vivono in convivenza si distribuiscono sul territorio più “a macchia di leopardo” con una maggior concentrazione, rispetto al totale della popolazione in convivenza, nei comuni dell’Italia centrale e, per quanto riguarda il Mezzogiorno, in misura più marcata, in Sicilia e Puglia.
