
Payback dispositivi medici, il Governo rinvia il pagamento, ma alle aziende non basta
Roma, 12 gennaio – Con una decisione in extremis, il Consiglio dei ministri, su proposta della presidente Giorgia Meloni, del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti e del ministro della Salute Orazio Schillaci, ha approvato ieri sera un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di procedure di ripiano per il superamento del tetto di spesa per dispositivi medici.
Le vibranti proteste degli operatori del settore, culminate con la manifestazione in piazza a Roma del 10 gennaio scorso, hanno dunque sortito un primo e importante effetto. Il provvedimento prevede infatti che, in deroga alla disciplina vigente e limitatamente agli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, viene rinviato al 30 aprile 2023 il termine entro il quale le aziende fornitrici di dispositivi medici sono tenute ad adempiere all’obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa posto a loro carico (2,2 miliardi di euro), effettuando i versamenti in favore delle singole Regioni e Province autonome.
Il differimento eviterà alle aziende di dover versare, in base alle norme vigenti, le somme dovute per il payback entro il 15 gennaio. Ma, ovviamente, la misura non risolve il problema: “Prorogare di quattro mesi non cambia nulla. È un tempo che serve per sedersi a capire. Sono anni che chiediamo la costituzione di questo tavolo che viene promesso ma poi nella sostanza viene bocciato dalla Ragioneria dello Stato” spiega Massimiliano Boggetti (nella foto), presidente di Confindustria Dispositivi medici, per il quale l’obiettivo resta uno soltanto: “Non c’è motivo alcuno per cui l’industria debba farsi carico delle spese che le Regioni hanno sostenuto per curare i propri cittadini. È evidente che l’unica strada per noi è quella che il payback venga cancellato, trovando le risorse per coprire i 2,2 miliardi”.
Per le aziende di settore, insomma, il meccanismo del payback – che come è noto costringe le imprese che nell’annualità di riferimento hanno commercializzato i dispositivi medici a ripianare lo scostamento dal tetto di spesa stabilito, in concorso con la Regione – continua a essere iniquo, assurdo e dagli effetti potenzialmente devastanti: se applicato, osserva Gennaro Broya de Lucia di PMI Sanità, l’associazione delle piccole e medie imprese di settore di recente costituzione “avrebbe conseguenze economiche e occupazionali gravissime su un settore industriale che vale 16,2 miliardi di euro, conta 4.546 aziende, dà lavoro a 112.534 addetti e garantisce forniture di dispositivi medici di qualità agli ospedali. E quindi salute ai cittadini italiani. L’80% fra le aziende più piccole chiamate indebitamente a pagare le disfunzioni delle Regioni con i loro denari onestamente guadagnati, rischiano il fallimento”.
A spiegare la genesi del problema è una nota della stessa PMI Sanità, ricordando che la legge sul payback fu varata nel 2015 dal governo Renzi, rimanendo silente fino a oggi. “Se n’è però ricordato il governo lo scorso 6 luglio 2022” scrive Pmi Sanità. “In questa data un decreto emanato dal ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, ha stabilito che tra il 2015 e il 2018 diverse Regioni hanno speso in sanità molto più di quanto programmato. E che per ripianare, la metà della cifra (2,2 miliardi, NdR) andava chiesta – non si sa bene perché – alle aziende che glieli hanno venduti”.
Il termine del pagamento era stato fissato per il 15 gennaio 2023 e il Governo Meloni, per il momento, si è semplicemente limitato a differirlo di tre mesi e mezzo. Ma alle aziende il rinvio non basta. “Un meccanismo così rovinoso, iniquo e direi odioso come il payback sui dispositivi sanitari va semplicemente abolito” afferma con decisione Broya de Lucia. “Ne va della sopravvivenza di un settore portante dell’economia italiana. Ne va della salute stessa degli italiani. E non ultimo, della credibilità della nostra classe politica”.
