
Si apre il caso molnupiravir: MSD annuncia ricorso dopo la bocciatura del Chmp
Roma, 28 febbraio – Non desta davvero meraviglia che Msd, la multinazionale titolare del farmaco Lagevrio (molnupiravir), abbia mal digerito la decisione del Chmp (il Comitato dei farmaci per uso umano dell’Ema) di raccomandare la “non autorizzazione” della pillola anti-Covid. Tanto da annunciare in una nota di essere pronta a ricorrere contro il verdetto europeo. Il Chmp, come già riferito dal nostro giornale, ha concluso che non è stato possibile dimostrare il beneficio clinico di Lagevrio nel trattamento di adulti con Covid: l’insieme dei dati disponibili non ha permesso di concludere che il farmaco in questione possa ridurre il rischio di ospedalizzazione o di morte o abbreviare la durata della malattia o il tempo di guarigione negli adulti a rischio di malattia grave. Inoltre, non è stato possibile identificare un gruppo specifico di pazienti in cui sia possibile dimostrare un beneficio clinicamente rilevante di Lagevrio.
Nelle sue contro-osservazioni, Msd ricorda però che la sua richiesta di autorizzazione per molnupiravir era stata sottoposta all’Ema “nel mese di ottobre 2021, corredata da una serie di dati addizionali, inclusi i risultati dello studio real-world Panoramic condotto dall’Università di Oxford”. La richiesta di autorizzazione del farmaco si riferiva all’indicazione per il trattamento di Covid 19 in pazienti adulti che non richiedono ossigenoterapia e che sono a rischio aumentato di progressione a malattia severa. Ora il parere negativo del Chmp, che ha suscitato le obiezioni dell’azienda, secondo cui “la valutazione del comitato non riflette i dati inconfutabili di efficacia generati dallo studio di fase III Move-Out e dagli studi real-world che dimostrano l’impatto positivo che Lagevrio può fornire ai pazienti, riducendo il rischio di ospedalizzazione e di decesso correlato a Covid negli adulti ad aumentato rischio di progressione a malattia severa”.
Msd, si legge nella nota, “crede fortemente che i pazienti dovrebbero avere a disposizione molteplici opzioni terapeutiche e che Lagevrio, che non ha alcuna interazione farmacologica – sulla base dei dati disponibili – e che non richiede un aggiustamento della dose per i pazienti con insufficienza renale epatica, rappresenti un’importante opzione di trattamento per molti pazienti”. Un’opzione terapeutica “che è stata già utilizzata da più di 4 milioni di pazienti a livello globale durante la pandemia”. E che “può generare valore per i sistemi sanitari, riducendo il rischio di ospedalizzazione e decesso da Covid negli adulti ad aumentato rischio di progressione a malattia grave”.
