
Ospedali, solo 5 italiani nei primi 100 del mondo, il migliore è ancora il Gemelli (38°)
Roma, 3 marzo – Solo cinque ospedali italiani sono riusciti a entrare nella top 100 mondiale del World’s best hospitals 2023, la classifica dei migliori nosocomi del mondo stilata da un board di esperti internazionali e pubblicata da Newsweek. Nella lista dei migliori 250, gli ospedali del nostro Paese salgono a 13.
A fare la parte del leone nell’edizione di quest’anno dell’ormai tradizionale classifica (che ha esaminato oltre 2.300 ospedali di 28 nazioni scelte in base agli standard di vita, al numero di abitanti, al numero di ospedali, all’aspettativa di vita e alla disponibilità di dati) sono stati come sempre gli americani: tra le prime 10 posizioni ci sono quattro ospedali USA (Mayo Clinic, Cleveland Clinic, Massachussets general hospital, John Hopkins hospital), uno canadese (Toronto general), uno svedese (Karolinska), un tedesco (Charitè di Berlino), uno francese (Pitiè Salpetriere), uno di Singapore (General hospital) e infine un altro USA (Ucla Health).
Il primo degli ospedali italiani in classifica, piazzatosi al 38° posto della classifica generale, è ancora una volta il Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, che per il terzo anno consecutivo guadagna la palma di “miglior ospedale d’Italia”. Lo seguono, nella top 100,il Niguarda di Milano (60° posto), il San Raffaele di Milano (64°), il Sant’Orsola di Bologna (65°) e l’Humanitas di Milano (89°).
Ogni ospedale viene valutato con un punteggio derivante dal parere di esperti (una survey online tra oltre 80 mila medici, manager ospedalieri, esperti in sanità), dai dati di patient satisfaction, dalle metriche che descrivono la qualità degli ospedali (a esempio qualità dei trattamenti, tempi d’attesa, misure di igiene, sicurezza, numero di pazienti per medico/infermiere) e da un’indagine sull’implementazione dei «Proms» (Patient reported outcome measures). Alla fine di questa ricognizione, un board di esperti internazionali stila il ranking dei Global Top 250 e una serie di top list, Paese per Paese.
I dati utilizzati per le metriche di qualità per l’Italia sono quelli forniti dal Programma nazionale esiti gestito da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) per conto del ministero della Salute, una sorta di osservatorio permanente sull’assistenza sanitaria in Italia. In generale tutti gli indicatori ricadono all’interno di quattro categorie: efficienza, sicurezza, appropriatezza e competenza. I dati relativi all’apprezzamento dei pazienti sono invece quelli ricavati dal portale di public reporting Dove e come mi curo, che consente di cercare tra diverse patologie con indicatori ufficiale del ministero della Salute e ospita anche una piattaforma online sulla quale i pazienti valutano la loro degenza ospedaliera secondo diversi criteri.
Ovviamente soddisfatto il presidente della Fondazione Policlinico Gemelli Carlo Fratta Pasini: “Siamo molto felici della conferma del nostro ranking e di essere ancora al vertice delle strutture ospedaliere nazionali” commenta. “L’attuale congiuntura offre straordinarie prospettive di crescita ulteriore sia nelle attività cliniche che in quelle di ricerca, ma anche severe preoccupazioni per l’aumento dei costi e per i limiti e i vincoli all’accesso ai fondi pubblici da parte di un ente come il nostro, che viene riduttivamente considerato di natura privatistica, nonostante il carattere non profit, la missione rivolta a tutti i bisognosi di cure e l’approccio cristiano ai malati“.
Gli fa eco il direttore generale Marco Elefanti, che non rinuncia a lanciare un messaggio alla politica e al governo: “Il raggiungimento di risultati di questo livello su scala internazionale non può coniugarsi con sistemi di regolazione e di rimborso che uniformano le strutture sanitarie per acuti ad alta complessità con quelle impegnate nel trattamento di casi di medio bassa complessità talvolta peraltro contraddistinte, queste ultime, da scelte volte a privilegiare specifiche aree specialistiche a maggiore convenienza“. Per Elefanti, dunque, “si rende con urgenza necessaria l’introduzione di un sistema di finanziamento e di valutazione dedicato e specifico, che superi la dimensione regionale e miri a creare le condizioni per la realizzazione di una rete di qualificate strutture di interesse nazionale”.
