Allarme dell’industria: “Pharma, investimenti Ue in drammatico ritardo rispetto agli USA”

Allarme dell’industria: “Pharma, investimenti Ue in drammatico ritardo rispetto agli USA”

Roma, 6 marzo – Il settore pharma europeo perde sempre più posizioni, in termini di investimenti e accesso alle cure più recenti, rispetto agli USA, e se questo divario continuasse ad allargarsi Nathalie Moll | Womenatulteriormente ai ritmi attuali, il rischio è che diventi incolmabile, penalizzando irrimediabilmente l’Europa. A lanciare l’allarme in un’intervista pubblicata qualche giorno fa su Euronews è Nathalie Moll, direttore generale della Efpia, la Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche (nella foto a sinistra).

“Ci sono alcune lacune significative, il divario di investimenti tra Stati Uniti e Ue 20 anni fa era di 2 miliardi di euro e ora è di 25 miliardi di euro” ha dichiarato Moll. Un aumento del 1.000% del divario ed è molto preoccupante se questa tendenza continua e vogliamo fermarla e invertirla. Un quarto di secolo fa la metà dei nuovi trattamenti proveniva dall’Europa, ora solamente è europeo solo un nuovo farmaco su cinque”. Si tratta, per Moll, di una seria minaccia per l’occupazione e la competitività europee, resa ancora più grave dal progressivo spostamento della ricerca clinica in altre parti del mondo.

Il timore è che il piano di revisione della legislazione farmaceutica generale dell’Ue, che la Commissione europea presenterà a fine marzo aggiornando un testo vecchio di ben 20 anni, non sia sufficiente a ridurre le distanze con i concorrenti dell’altra parte dell’Atlantico.  Per questo l’Efpia sta intensificando i suoi sforzi per evidenziare la situazione critica in cui si trova il vecchio continente, che rischia di rimanere fanalino di coda nel mondo, data anche la crescita nel pharma dei Paesi asiatici in questo campo.

Virginia Acha, vicepresidente associato responsabile della Global regulatory policy in Merck Sharp and Dohme (nella foto a destra), afferma che è preoccupante vedere che le aziende stanno iniziando a trasferire Dr. Virginia Achaalcune delle loro attività al di fuori dell’Europa. “Negli ultimi anni purtroppo abbiamo assistito a uno spostamento della ricerca clinica in altre parti del mondo” ha dichiarato  Acha a Euronews. “Abbiamo visto gli investimenti spostarsi di nuovo negli Stati Uniti e in altre parti del mondo. Gli Stati Uniti hanno preso quello che era il vantaggio principale dell’Europa nella biotecnologia e ora sono negli Stati Uniti e vorremmo che l’Europa si riprendesse quel ruolo”.

Non bisogno però dimenticare il forte peso economico che le case farmaceutiche hanno in Europa: il settore vale 43 miliardi di euro all’anno in termini di ricerca e sviluppo e impiega direttamente 840.000 persone, sostenendo 2,5 milioni di posti di lavoro nella Ue. Un innegabile punto di forza che consente loro di trattare con le istituzioni europee per trovare soluzioni adeguate. Per  piano il momento, però, la Commissione sembra intenzionata a  procedere (peraltro faticosamente) nel suo percorso di revisione della legislazione farmaceutica generale della Ue senza tenere troppo in conto le richieste e sollecitazioni che arrivano dal pharma. Alle quali, secondo quanto si legge su Euronews, si limita a rispondere  che l’obiettivo della riforma è “trovare il giusto equilibrio tra la promozione dell’innovazione e la garanzia dell’accesso a medicinali a prezzi accessibili in tutta l’Unione europea”.

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