
Cts Aifa in linea con decisione Ema: sospeso l’impiego dell’antivirale Lagevrio in Italia
Roma, 13 marzo -Nel corso della sua seduta del 10 marzo scorso, la Commissione tecnico-scientifica (Cts) di Aifa ha deciso di sospendere l’utilizzo di Lagevrio, nome commerciale dell’antivirale molnupiravir utilizzato contro Covid. La decisione – che diventerà effettiva con la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale – era attesa, dopo che nello stesso senso si era mossa l’agenzia regolatoria europea, l’Ema, che lo scorso 24 febbraio (con il suo Chmp, il comitato per i farmaci per uso umano) aveva deliberato un parere negativo sulla pillola che negli scorsi mesi aveva trovato impiego nel trattamento dei pazienti positivi a Sars CoV 2. Il Chmp, come a suo tempo riferito dal nostro giornale, ha infatti concluso che non è stato possibile dimostrare il beneficio clinico di Lagevrio nel trattamento di adulti con Covid: l’insieme dei dati disponibili non ha permesso di concludere che il farmaco in questione possa ridurre il rischio di ospedalizzazione o di morte o abbreviare la durata della malattia o il tempo di guarigione negli adulti a rischio di malattia grave. Inoltre, non è stato possibile identificare un gruppo specifico di pazienti in cui sia possibile dimostrare un beneficio clinicamente rilevante di Lagevrio.
Merck Sharp & Dohme, l’azienda produttrice dell’antivirale che ha finora fornito alle strutture sanitarie europee, ha comunque deciso di ricorrere contro la decisione del Chmp, dicendosi convinta che “la valutazione del comitato non riflette i dati inconfutabili di efficacia generati dallo studio di fase III Move-Out e dagli studi real-world che dimostrano l’impatto positivo che Lagevrio può fornire ai pazienti, riducendo il rischio di ospedalizzazione e di decesso correlato a Covid negli adulti ad aumentato rischio di progressione a malattia severa”.
Molnupiravir è un principio attivo reso inizialmente disponibile nel nostro Paese per il trattamento del Covid 19 lieve e moderato tramite l’autorizzazione alla distribuzione in emergenza con il decreto ministeriale del 26 novembre 2021 e le successive proroghe. L’antivirale, in capsule assumibili per os, riduce l’abilità del Sars CoV 2 di diffondersi all’interno del corpo umano attraverso l’aumento del numero di mutazioni del materiale genetico del virus stesso, l’Rna, in modo da impedirne la replicazione. L’azienda produttrice ha inviato un’istanza all’Ema per chiedere l’approvazione per la commercializzazione del preparato.
Finora non era stato immesso nel mercato, e poteva essere utilizzato per il trattamento di adulti con Covid19 che non necessitavano di ossigenoterapia supplementare e che presentavano un alto rischio di sviluppare la forma grave della malattia. Lagevrio doveva essere somministrato il prima possibile dopo la diagnosi ed entro cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi. La terapia prevedeva l’assunzione del medicinale due volte al giorno per cinque giorni.
Merck Sharp & Dohme, decisa a “riabilitare” il suo farmaco, ha inviato all’autorità europea i risultati di uno studio condotto su 1.400 pazienti non ricoverati e non vaccinati con almeno fattori di rischio di contrarre il Covid in forma grave legati ad almeno una patologia pregressa. I risultati di questa e altre ricerche condotte nelle cliniche non avrebbero mostrato particolari benefici in termini di riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni rispetto ai pazienti trattati con il placebo.
Ma, come già detto, in base ai dati disponibili, non è stato possibile concludere per il Chmp dell’Ema che Lagevrio possa effettivamente essere un alleato contro Covid, e per questo l’agenzia ha raccomandato ai Paesi membri dell’Unione Europea il rifiuto all’autorizzazione per la commercializzazione del farmaco. Non ci saranno tuttavia conseguenze per i pazienti sotto trattamento sperimentale con il molnupiravir e non sono stati rilevati particolari problemi di sicurezza collegati alla terapia con questo medicinale.
L’azienda farmaceutica che produce le capsule antivirali ha già annunciare in una nota di essere pronta a ricorrere contro il verdetto europeo potrebbe chiedere un riesame della domanda entro 15 giorni dalla ricezione dell’opinione da parte dell’Ema, ma dovrà produrre nuovi dati che possano indicarne l’efficacia contro il Covid per i pazienti a rischio di sviluppare la malattia in forma grave o in altri gruppi specifici.
