Lo stop a Lagevrio del Chmp Ema e del Cts Aifa, i pareri degli esperti

Lo stop a Lagevrio del Chmp Ema e del Cts Aifa, i pareri degli esperti

Roma, 14 marzo – La decisione di Aifa (che ha fatto seguito a quella analoga assunta dall’Ema dopo le valutazioni del Chmp) di sospendere l’uso dell’antivirale molnupiravir perché non ha dimostrato “un beneficio clinico in termini di riduzione della mortalità e dei ricoveri” in pazienti con Covid 19 ha prodotto tra gli esperti reazioni diverse e anche discordanti, puntualmente raccolte e rilanciate dall’agenzia Adnkronos Salute.

L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, ad esempio, considera del tutto normale che i farmaci, con il procedere dell’uso clinico,  vengano di fatto sottoposti a ulteriori verifiche, dalle quali possono emergere differenti  profili di beneficio ed efficacia. Niente di anomalo, quindi nello stop a Lagevrio da parte dell’Agenzia italiana del farmaco, nel momento che dalle nuova valutazioni è emerso che il farmaco non ha dimostrato nei pazienti Covid quei benefici clinici (in termini di riduzione della mortalità e dei ricoveri) che invece sulla base delle prime verifiche si pensava potesse assicurare. Il farmaco, in questi mesi, è stato comunque utilizzato  “sulla base delle evidenze iniziali di efficacia”,  conclude Lopalco, e le ulteriori evidenze che hanno spinto allo stop “dimostrano come il sistema di verifica sia costante”.

A giudizio di Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, l’antivirale invece funzionava, e dunque è piuttosto critico verso la decisione dell’Aifa:  “Non concordo con la decisione dell’Agenzia italiana del farmaco di sospendere l’uso della pillola antivirale molnupiravir, anche se l’accetto”  afferma l’infettivologo genovese. “Questo farmaco lo abbiamo usato nei pazienti Covid con ottimi risultati anche se negli studi analizzati” che hanno portato allo stop prima l’Agenzia europea del farmaco Ema e poi dell’Aifa “sembra non mostrare benefici importanti in termini di riduzione della mortalità e dei ricoveri”.

Lo stop a Lagevrio, in ogni caso, per Bassetti “non è una bella cosa perché mi risulta che abbiamo tante scorte acquistate che dovranno essere buttate via“. Secondo l’esperto  “sarebbe stato opportuno mantenere entrambi gli antivirali orali, ossia Paxlovid e Lagevrio (molnupiravir), perché in qualche modo sono due farmaci complementari. E, anche se in questa fase la situazione epidemiologica è sicuramente migliore, continuiamo ad avere alcuni pazienti, soprattutto gli immunodepressi, nei quali questo farmaco ci poteva venire molto utile”.

Fabrizio Pregliasco (nella foto) si sofferma invece sul venir meno di un’opzione che al momento della sua approvazione era sembrata di grande interesse:  “Era interessante dal punto di vista del suo meccanismo di azione e della facilità di somministrazione e lo erano anche i dati iniziali” afferma il virologo dell’Università di Milano. Rappresentava quindi “un’arma e un’opportunità che però non è stata confermata sui grandi numeri”. Il farmaco, infatti,  “ha mostrato un’efficacia minore in termini di intensità della malattia acuta rispetto a Paxlovid che rimane invece confermato nella sua possibilità d’uso. I dati di efficacia  si è visto non essere particolarmente importanti soprattutto riguardo a un beneficio in termini di riduzione degli indicatori principali quali mortalità e ricoveri”.

In pratica, secondo Pregliasco, alla fine è semplicemente venuta meno “un’arma che si sperava avesse maggiore capacità e che, come succede per tutti i farmaci e per tutti i vaccini, via via viene valutata quando si aumentano le dosi, l’utilizzo e l’applicazione sul campo, dopo una sperimentazione che per forza di cose è ridotta in termini quantitativi. È successo anche per altri trattamenti anti-Covid, come il plasma ad esempio” conclude il virologo milanese “che mostravano un iniziale interesse non confermato poi sui grandi numeri”.

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