Importante scoperta italiana, l’Al rende più efficaci le terapie Car-T contro diversi tumori

Importante scoperta italiana, l’Al rende più efficaci le terapie Car-T contro diversi tumori

Roma, 16 marzo – L’acido linoleico (Al), presente in natura, può funzionare come un interruttore biologico in grado di attivare i poteri delle terapie cellulari con Car-T, rendendole efficaci contro più tumori, anche quelli che finora si erano rivelati resistenti. La scoperta arriva dallo studio (sostenuto da Fondazione Airc) condotto da un gruppo del Dipartimento di Oncologia sperimentale dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, guidato dalla giovane ricercatrice Teresa Manzo (nella foto).

Le Car-T sono una delle ultime frontiere per trattare neoplasie contro cui le terapie tradizionali non funzionano. ‘Arruolano’ soldati del sistema immunitario, i linfociti T, che vengono prelevati dal paziente, modificati in laboratorio per potenziarne l’azione antitumorale e reinfusi. Ma, sebbene abbia prodotto straordinari risultati clinici nel trattamento delle neoplasie ematologiche, l’efficacia di questa terapia è ancora limitata per la cura dei tumori solidi, che rappresentano il 90% dei casi di cancro. La scoperta che  l’acido linoleico è in grado di migliorare i risultati delle Car-T (che si è guadagnata la pubblicazione su Cell Metabolism) potrebbe ora aprire nuove prospettive in questa direzione.

“Sapevamo da studi precedenti che l’efficacia della terapia con Car-T è limitata, soprattutto nei tumori solidi, dalla difficoltà per i linfociti ingegnerizzati di infiltrare il tumore e mantenere la loro funzione anticancro nel tempo nel microambiente tumorale” spiega Manzo. “Con le nostre ricerche abbiamo dimostrato che una delle cause è l’alterazione del metabolismo lipidico: specifici lipidi danneggiano le cellule T CD8, diminuendo la loro la capacità di attivarsi contro il tumore”. Da qui l’idea: “Abbiamo pensato che questa relazione fra lipidi e linfociti potesse avere una valenza positiva, oltre che negativa” racconta la ricercatrice. “Se ci sono tipi di lipidi ‘cattivi’ che riducono la funzione anti-tumore, ce ne possono essere altri ‘buoni’ che la potenziano”.

Nel corso dello studio è stato in effetti identificato l’acido linoleico nella schiera dei ‘buoni’, ovvero dei potenziali alleati, e quindi ne è stato dimostrato “prima in cellule in coltura e poi nel modello animale, la sua capacità di regolare le funzioni antitumore delle cellule T CD8”.

“Questa scoperta – sottolinea Manzo – potrebbe avere un riflesso immediato per le terapie Car-T: le cellule in questione possono essere riprogrammate con acido linoleico durante l’ingegnerizzazione, prima di essere reinfuse nel paziente. Se i risultati saranno validati in successivi studi clinici, i linfociti così ingegnerizzati potranno diventare potentissimi farmaci in grado di infiltrare le cellule cancerose e distruggerle, senza perdere la loro energia, fino a che la missione è compiuta”.

Lo studio, prosegue Manzo, “dimostra quindi che l’acido linoleico può essere usato come interruttore molecolare per potenziare l’azione anticancro dei linfociti T ingegnerizzati e mantenere tale azione persistente nel tempo, tramite il potenziamento della loro ‘fitness metabolica’. Abbiamo così ottenuto una nuova strategia di cura cellulare, più efficace e applicabile a diverse forme di cancro. Una grande speranza per le forme di malattia oggi senza opzioni di cura”.

“Abbiamo già depositato il brevetto per il nostro metodo”  annuncia la ricercatrice, precisando che “può facilmente essere integrato in qualsiasi protocollo per la generazione di prodotti cellulari per terapie Car-T, riducendone tempi e costi di produzione ed aumentandone l’efficacia. Stiamo ora cercando partnership e collaborazioni per portare il metodo in clinica per la cura di specifici tumori solidi”.

I più grandi ostacoli all’efficacia delle Car-T nei tumori solidi, aggiunge Carina Beatriz Nava Lauson, prima autrice dell’articolo (nella foto a destra), “sono l’acquisizione di uno stato disfunzionale delle cellule T CD8 durante l’ingegnerizzazione in laboratorio, che può portare alla perdita di quella plasticità metabolica essenziale perché queste cellule possano adattarsi e sopravvivere all’azione immunosoppressiva del microambiente tumorale. La strategia innovativa che abbiamo messo a punto, basata sull’uso di specifici lipidi, è in grado di superare queste barriere. I vantaggi sono risultati da subito evidenti: è un metodo economicamente sostenibile e comporta l’uso di composti lipidici per nulla tossici, che possono essere semplicemente aggiunti ai protocolli di produzione delle Car-T. L’uso dei lipidi aumenta peraltro la proliferazione delle cellule ingegnerizzate e quindi può semplificare i processi di manifattura ed espansione”.

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