Roma, 18 aprile – Da una parte, non c’è esponente della maggioranza di governo che non rivendichi l’inversione di rotta del nuovo esecutivo sulla sanità, finalmente finanziata con più risorse finanziarie. Si segnala in questa rivendicazione di attenzione alla salute (et pour cause, verrebbe da dire) il titolare del dicastero Orazio Schillaci (nella foto), che non più di qualche giorno fa, intervenendo in occasione dell’insediamento del Forum permanente dei direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere associate a Federsanità, ha orgogliosamente affermato che “questo governo ha dato un forte segnale nonostante le oggettive difficoltà economiche investendo per la sanità, da qui al 2025, 8 miliardi e mezzo in più, indicando una decisiva inversione di rotta. E spero che anche nel Def ci siano risorse aggiuntive. Il ministro Giorgetti è sensibile alle mie richieste e ha compreso l’importanza della sanità“.
Ma è davvero così? A leggere quel che scrive Milena Gabanelli (nella foto del titolo) nel suo consueto e documentatissimo Data Room, l’appuntamento del Corriere della Sera dove ogni lunedì (affiancata da altri colleghi, nel caso di specie Simona Ravizza) la giornalista viviseziona aspetti, settori e problemi della vita pubblica con il bisturi affilatissimo di verifiche rigorose sui dati e sulle cifre. Il Data Room di ieri del quotidiano milanese (forse anche per portare un po’ di chiarezza in un settore dove se c’è una cosa che non manca sono le cifre ballerine piegate agli interessi di parte) era appunto dedicato alla sanità e ai soldi assegnati al Servizio sanitario nazionale e, soprattutto, “alla verità che il governo nasconde”, come affermano fin dal titolo del loro lavoro Gabanelli e Ravizza.
Per chi volesse avere un quadro di quella che è la effettiva realtà dei finanziamenti al Ssn, rimandiamo ovviamente al servizio di Gabanelli e Ravizza, esempio ineccepibile di data journalism. Qui basterà ricordare alcune cifre tra le tante rese disponibili dalle due giornaliste: contrariamente a quanto affermano Schillaci e i suoi colleghi della maggioranza, anche questo governo continua a sotto-finanziare la sanità. Un esempio per tutti è il decreto del 10 gennaio 2023 con il quale il governo Meloni mette 1,6 miliardi alla voce “maggiori costi delle fonti energetiche e per il perdurare della pandemia”, fondi poi distribuiti in percentuale alle Regioni secondo la popolazione residente. Il risultato, spiegano Gabanelli e Ravizza, è che “solo in bollette l’emilia Romagna spende 188,2 milioni e me prende 120,9, la Toscana 153 e ne prende 101, l’Umbria 31 e ne prende 23,8, la Basilicata 21 e gliene danno 14,7”. E aggiungono le due giornaliste, non va meglio alle altre Regioni.
Del resto, il non raccontarla (e il non contarla) giusta in materia di finanziamenti alla salute è pratica vecchia, alle nostre latitudini, deprecabilmente comune anche ai governi precedenti: nessuno (ed è comprensibile) vuole ammettere di finanziare meno del necessario la sanità pubblica, per non alienarsi consensi, ma alla fine è ciò che fanno ormai da anni tutti i governi che si avvicendano alla guida dal Paese e quello attualmente in carica, con buona pace delle dichiarazioni ufficiali, non fa davvero eccezione. D’altra parte, l’indicatore principe usato internazionalmente dagli esperti per valutare la congruità dei finanziamenti al Ssn è la sua incidenza sul Pil: basta vedere dunque cosa accade nel nostro Paese per capire quale sia la situazione reale. “Con 114,4 miliardi spesi nel 2019” ci ricorda il Data Room, “l’Italia arriva alla pandemia con un livello di finanziamento rispetto al Pil del 6,4%, contro il 9,8% della Germania, il 9,3% della Francia e il 7,8% del Regno Unito (dati Ocse)”. L’anno record è il 2020, sulla spinta di Covid: 120,5 miliardi di euro, pari al 7,3%, con l’impegno solenne – “ammaestrati” dall’emergenza pandemica – a smetterla subito con i risparmi e i tagli sulla sanità.
Un impegno, però, tutt’altro che rispettato: nel 2021 le Regioni hanno speso 8,3 miliardi in più per coprire i costi extra dovuti a Covid (ricoveri in ospedale, tamponi, reclutamento di medici e infermieri, vaccinazioni di massa). A oggi, lo Stato ne ha rimborsato solo 4,45. “Vuol dire che le Regioni hanno accumulato un buco da 3,8 miliardi” annotano Gabanelli e Ravizza, dettagliando Regione per Regione la robusta entità dei mancati rimborsi.
La storia non cambia nel 2022, come si potrà agevolmente leggere nel lavoro delle due giornaliste del Corriere della Sera, che – alla fine – distillano la verità che emerge dalle cifre, verità che parla di un finanziamento al servizio sanitario che cresce solo sulla carta: 123,4 miliardi nel 2021, 125,98 nel 2022, 136 nel 2023, 132,7 nel 2924 e 135 nel 2025. “Ma siccome i soldi si pesano rispetto al Pil” spiegano subito Gabanelli e Ravizza “siamo passati dal 6,4% del 2019 al 6,9% del 2021 e poi la curva si inverte; 6,6% nel 2022, 6,7% nel 2023, 6,3% nel 2024 e 6,2% nel 2025. In pratica stiamo tornando addirittura indietro rispetto al pre-pandemia. Per arrivare ai livelli di Germania e Francia servirebbero all’incirca 40 miliardi in più all’anno e 20 almeno per raggiungere il Regno Unito”.
Nel loro Data Room, le due giornaliste illustrano i rischi (intuibili) che discendono dall’attitudine (che si direbbe cronica e generalizzata) dei nostri governi a sottofinanziare la salute e quindi ancora una volta rimandiamo direttamente all’articolo del Corriere della Sera quanti volessero ulteriormente approfondire la questione, che – comunque la si pensi – riveste un’importanza centrale per il nostro Paese e il suo futuro. Sulla salute (bene esistenziale per ogni cittadino) snocciolare qualche miliardo in più per impressionare l’opinione pubblica e magari ingraziarsela è una prassi a dir poco esecrabile, che non trova giustificazione nemmeno nel cinismo spesso amorale che sembra non mancare mai nella cassetta degli attrezzi di chi fa politica. Sarebbe bene che chiunque parli di finanziamenti alla sanità, prima di dare qualsiasi numero, se ne ricordasse: in ballo, prima e più ancora che i voti degli italiani, c’è la loro salute. Ovvero, la loro vita.