Roma, 29 maggio – L’avvertimento è chiaro: per quanto l’Oms abbia dichiarato la pandemia tecnicamente superata, Covid rappresenta ancora una pesante minaccia e anche in Europa “non c’è tempo per l’autocompiacimento”. Un messaggio forte, affidato a un editoriale pubblicato su The Lancet la scorsa settimana a firma (tra gli altri) di Hans Kluge, direttore dell’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità (nella foto a lato). Inequivocabile il titolo: No time for complacency on Covid 19 in Europe.
“Mentre il mondo sta uscendo dalla fase di emergenza pandemica, nuove ondate di Covid continuano a verificarsi” in tutta l’area “per la persistente circolazione virale e la regolare comparsa di nuove sottovarianti Omicron”, avvertono gli esperti, che lanciano anche un monito per la bella stagione: “Nuove infezioni si verificano anche durante i mesi estivi, una notevole differenza” di Sars-Cov-2 rispetto “al virus dell’influenza o altre infezioni respiratorie stagionali”.
“L’ampiezza delle più recenti ondate di Covid rimane difficile da valutare” si legge ancora nell’editoriale di Lancet “per via della riduzione dei test diagnostici in tutto il continente”, sebbene si osservi che nessuna di quelle” avute “dalla primavera del 2022 abbia travolto i sistemi sanitari in Europa o giustificato nuove restrizioni a partire da dicembre 2022. Tuttavia, l’eccesso di mortalità, pur non solo attribuibile a Covid, è stato e rimane inaccettabilmente alto. Covid ha causato la morte di 467.921 persone in Europa nel 2022”. E poi c’è l’impatto del post infezione: “Sintomi persistenti sono associati al 3-20% delle persone colpite che soffrono di Long Covid”. Questo il quadro.
“È probabile che questi impatti di Covid continuino nei prossimi anni” incalza l’editoriale “se non verranno compiuti ulteriori sforzi per ridurre la circolazione di Sars-CoV-2 e mitigarne l’impatto sulla salute pubblica. Mettiamo quindi in discussione l’attuale alto livello di compiacenza politica e sociale nei confronti del Covid in Europa. Sono necessari ora molta più attenzione strategica e investimenti per gestire in modo più efficace Covid e sviluppare una maggiore resilienza ai futuri agenti patogeni respiratori”. La mancata adozione di queste misure ora “comporterà più decessi per Covid e altri agenti patogeni respiratori e significherà che non siamo ben preparati a rispondere alle future minacce per la salute pubblica”.
Cosa non va? “Le misure di controllo per Covid non sono in nessun programma di salute pubblica in Europa in questo momento – osservano gli autori dell’editoriale ospitato da Lancet. “I governi dovrebbero, tuttavia, considerare attentamente a quali interventi non farmacologici (Npi) rinunciare e quando”. E ancora: “I test Pcr (i classici tamponi molecolari, NdR) “non sono più accessibili o disponibili gratuitamente nella maggior parte dei Paesi europei” e, poiché gli antivirali devono essere somministrati entro pochi giorni dall’infezione da Sars CoV 2, le persone vulnerabili che potrebbero accedervi non ci riescono, perché non riescono a fare il test tempestivamente. Inoltre, i tamponi rapidi antigenici non sono più facilmente disponibili o utilizzati.
Dall’altro lato, evidenziano gli autori, “l’ampio accesso a vaccini anti-Covid in Europa, insieme all’immunità acquisita attraverso l’infezione, ha portato a forme prevalentemente più lievi. Nell’ultimo anno c’è stata una notevole riduzione dei ricoveri e dei decessi rispetto ai primi 18 mesi della pandemia. Ma l’elevata trasmissibilità delle sottovarianti Omicron ha portato a più infezioni e casi rispetto ai ceppi iniziali”.
Ora l’attenzione è distolta dall’uso di misure per ridurre la circolazione di Sars CoV 2. Solo il ricorso a forme minime, in contesti ad alto rischio come le strutture sanitarie, resta alto, avvertono gli esperti. Nell’editoriale si evidenzia che invece “è diventato imperativo rivedere la sorveglianza e il monitoraggio delle malattie infettive respiratorie in Europa”. Bisogna andare “verso una sorveglianza integrata”, sulla base degli insegnamenti della pandemia. E ciò comporta “investimenti strategici, come la sorveglianza sindromica e delle acque reflue e l’aggiornamento dei piani di preparazione alla pandemia”.
La Regione europea, incalzano gli autori, “non può permettersi di essere compiacente nella sua risposta al Covid. Le autorità sanitarie, gli istituti di ricerca e la popolazione devono ancora mitigare l’impatto dei patogeni respiratori sulla salute pubblica; i governi devono migliorare la protezione delle persone vulnerabili, investire urgentemente nel miglioramento della ventilazione e della qualità dell’aria indoor nelle strutture sanitarie e in altri ambienti, e rivedere sorveglianza e monitoraggio per garantire che siamo pronti a rispondere a future pandemie”.
Sono necessarie anche “strategie a più lungo termine”: lo sviluppo di piani di prevenzione e preparazione pandemica, il rafforzamento dei sistemi sanitari, un’adeguata pianificazione e formazione delle risorse umane per contrastare la carenza di personale sociosanitario.