Roma, 12 giugno – Carenza di personale in farmacia, la situazione (lungi dal risolversi) sembra peggiorare, allargandosi ad aree del Paese (Sud e Isole) dove il fenomeno si era fin fatto sentire in modo occasionale e marginale. A riaccendere un riflettore sulla questione, che continua a generare problemi importanti sul corretto esercizio del servizio farmaceutico, è la newsletter Pharmacy Scanner, specializzata in tendenze di mercato, evoluzioni del consumo e cambiamenti nella filiera e nel del retail farmacia, con un articolo (al quale rimandiamo) che prova a tracciare il punto rotta della situazione raccogliendo le opinioni di addetti ai lavori che si occupano (anche) di reclutamento di personale.
Si tratta, purtroppo, di testimonianze poco confortanti e concordi nel definire la situazione in continuo peggioramento: “D’altronde non potrebbe essere altrimenti: la domanda continua a crescere – perché si fanno sempre più servizi e si aprono nuove farmacie e parafarmacie – e così l’offerta si fa sempre più inadeguata” dichiara ad esempio a Pharmacy Scanner Giuseppe Chiappetta, amministratore di Lavorare in farmacia srl. “Non siamo ancora arrivati alla guerra tra farmacie per rubarsi i collaboratori a vicenda, ma prima o poi potrebbe arrivare anche questo”.
La carenza di personale, peraltro, è già un elemento di divaricazione tra farmacie organizzate, cioè in catena, e quelle che invece continuano ad affrontare il mercato da sole. “Le farmacie strutturate beneficiano di una cultura gestionale più forte” dichiara ancora Chiappetta “quindi sono portare a ricorrere a incentivi e programmi di welfare non soltanto per attrarre nuovi collaboratori, ma soprattutto per tenersi quelli che già hanno”.
Negativa anche la percezione del fenomeno di Nino Faiella, direttore per l’Italia di Medi-Market, la catena belga che conta 19 parafarmacie sul territorio nazionale: “La carenza di personale è in netto peggioramento” afferma “e anche noi ne risentiamo non poco. Ma è un problema per tutto il comparto del commercio, dato che facciamo fatica a trovare anche altre figure. Il fatto è che oggi i giovani sono disposti meno di un tempo a fare i turni e a lavorare il sabato e la domenica”.
Si prova a rimediare in qualche modo andando a cercare nuove risorse professionali direttamente nelle università o nelle scuole di specializzazione, spiega Faiella, “e per tenerceli stretti usiamo incentivi e programmi di welfare. Per quello che ci possiamo permettere, ovviamente”. Anche Conad soffre delle identiche difficoltà, riporta ancora Pharmacy Scanner. “Facciamo sempre più fatica a trovare farmacisti” ammette Marinella Ciraolo, responsabile del concept Salute e Benessere di Conad, “Abbiamo quindi deciso di incrementare la quota di non farmacisti nei nostri corner e nello stesso tempo valorizzare il personale laureato: offriamo opportunità di formazione e carriera e per quanto concerne lo stipendio continuiamo a offrire il contratto del commercio ma al farmacista che entra offriamo un trattamento equiparato al secondo livello del contratto in farmacia”.
Perché, alla fine – per quanto l’impressione sia quella che alla parte datoriale piaccia poco o punto parlarne – una delle principali cause del problema è la questione economica, ovvero un Ccnl rinnovato appena un anno e mezzo fa che ha (usiamo un eufemismo) largamente deluso i collaboratori, che peraltro (almeno a livello declaratorio) i loro datori di lavoro definiscono “la vera e più preziosa ricchezza della farmacia”.
Pharmacy Scanner riporta l’illuminante testimonianza di un farmacista 45enne che da pochi mesi si è messo a partita iva dopo avere lasciato la direzione di una farmacia. “Prendevo meno di duemila euro netti al mese” racconta sotto anonimato “adesso la paga può arrivare anche a 40 euro l’ora. Ovviamente si cono pro e contro: guadagno di più e godo di orari di lavoro in una certa misura flessibili, ma cambio spesso farmacia e quindi mi trovo con procedure e ambienti di lavoro sempre diversi, per essere chiamato devo farmi conoscere e vanno messi in conto periodi in cui non c’è richiesta e quindi non lavoro“.
Ovvio che insieme ai pro ci sono anche alcuni contro: la stessa remunerazione, ad esempio, sconta una certa variabilità. “Io mi muovo nel bresciano e nel veronese” racconta ancora il farmacista free lance “in quest’ultima provincia la paga oraria si aggira tra i 35 e i 40 euro perché tra i farmacisti titolari c’è una cultura gestionale più moderna e i collaboratori in regime libero professionale sono più organizzati. Nel veronese, dove questi due fattori sono meno incisivi, il compenso orario scende tra i 30 e i 35 euro“. E a proposito dell’approccio e dell’atteggiamento dei titolari, il farmacista osserva che “molti fanno ancora fatica a capire come usare una risorsa a partita iva: costiamo di più, ma possiamo essere chiamati per sostenere sovraccarichi stagionali di lavoro o assenze del personale dipendente”.
La questione del trattamento economico continua a essere in ogni caso centrale: “Io ho lasciato dopo tre anni di direzione nella farmacia di una grande catena” racconta ancora il farmacista “ho avuto soddisfazioni importanti ma mi sono accorto che il gruppo riservava trattamenti economici miglior a chi veniva da fuori piuttosto che a chi cresceva da dentro. Ho chiesto chiarimenti, le risposte che mi sono state date non mi hanno soddisfatto e me ne sono andate. Ora ho un trattamento economico migliore, anche perché il prelievo fiscale è inferiore a quello di un dipendente, e ho meno responsabilità“.
Così, inevitabilmente, quello dei farmacisti che si dimettono e passano a partita iva è un fenomeno in forte crescita, come osserva Giulio Muro, head hunter di Profili, ritenendo che sia “destinato ad allargarsi”. Un’opinione condivisa da Chiappetta: “Sono tanti i farmacisti che scelgono l’occupazione a partita iva piuttosto che il rapporto da dipendente» conferma infatti l’amministratore di Lavorare in farmacia srl “e non stiamo parlando soltanto di direttori di farmacia, ma anche di giovani che hanno non più di 4 o 5 anni di esperienza alle spalle. La domanda è così forte che basta una piccola attesa per trovare offerte interessanti“.
Insomma, la questione del personale resta del tutto in piedi. E non troverà probabilmente una soluzione strutturale finché le farmacie italiane non si porranno in modo serio la fatidica domanda delle cento pistole, che Pharmacy Scanner formula nel suo articol0o come meglio non si potrebbe: “un farmacista collaboratore che si dà da fare, copre tutti i suoi turni sabato compreso e magari ha anche competenze digitali sopra la media, è pagato bene quanto guadagna 1.600 euro netti al mese?”.
Qualcuno, questa domanda, dovrà pur porsela. E – soprattutto – dovrà trovare il coraggio di dare una risposta onesta.