Roma, 18 settembre – L’Aifa ha approvato la rimborsabilità di risankizumab (Skyrizi 600 mg per via intravenosa come dose d’induzione e 360 mg per via sottocutanea per il mantenimento), per il trattamento della malattia di Crohn attiva da moderata a severa negli adulti che hanno avuto una risposta inadeguata, una perdita di risposta o un’intolleranza alla terapia convenzionale o ai farmaci biologici. Lo annuncia in una nota l’azienda biofarmaceutica americana AbbVie, produttrice di Skirizi.
La decisione dell’agenzia regolatoria nazionale di ammettere al rimborso il primo inibitore specifico dell’interleuchina IL-23 per il trattamento della malattia di Crohn nella Ue è accolta con favore da Maurizio Vecchi (nella foto), direttore della struttura di Gastroenterologia ed Endoscopia del Policlinico di Milano. Il farmaco, spiega lo specialista, “grazie a un meccanismo d’azione unico offre una nuova opzione terapeutica per un’ampia gamma di pazienti, raggiungendo endpoint che potrebbero cambiare il decorso della malattia di Crohn”.
Attualmente, sottolinea Vecchi, “si stima vivano in Italia circa 250mila persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali, tra cui la malattia di Crohn. Il numero è destinato ad aumentare significativamente negli anni a venire. Si tratta di patologie immunomediate che hanno un impatto molto significativo sulla qualità di vita dei pazienti in quanto l’esordio generalmente avviene tra i 20 e i 30 anni, nel pieno della vita sociale e lavorativa. Ma oggi è possibile migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia di Crohn anche in coloro che non rispondono bene ad altri trattamenti”.
La malattia di Crohn – ricorda la nota di AbbVie – è una patologia sistemica cronica progressiva che si manifesta con un’infiammazione all’interno del tratto gastrointestinale, che causa diarrea persistente e dolore addominale. Poiché i segni e i sintomi della patologia sono imprevedibili, questa genera un impatto significativo per il paziente non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo ed economico. La Commissione europea aveva approvato il farmaco a novembre 2022 grazie ai risultati del programma globale di trial clinici di fase 3 che ha previsto tre studi: Advance, Motivate (studi di induzione) e Fortify (studio di mantenimento). I tre studi, tutti multicentrici, randomizzati, in doppio cieco e controllati verso placebo, hanno dimostrato che “risankizumab è un trattamento efficace e ben tollerato nella terapia di induzione e nel mantenimento della remissione nei pazienti con malattia di Crohn attiva da moderata a severa”.
“L’ottenimento della rimborsabilità di risankizumab nella malattia di Crohn” afferma Antonio Gasbarrini (nella foto), ordinario di Medicina interna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma “rappresenta un significativo passo in avanti nel raggiungimento del controllo ottimale di una patologia così complessa. I risultati degli studi clinici ci confermano che risankizumab, che è il primo inibitore dell’IL-23 per la malattia di Crohn, è efficace e sicuro nel migliorare parametri cruciali della malattia come la remissione clinica, la guarigione della mucosa e la risposta endoscopica, oltre alla gestione dei sintomi quotidiani”. Il farmaco, aggiunge l’esperto “si candida a diventare un’opzione terapeutica promettente per i pazienti adulti che, nonostante il trattamento con terapie convenzionali o biologiche, continuano ad avere una malattia in fase attiva”.
Questa – si legge ancora nella nota diramata dalla casa farmaceutica – è la terza indicazione rimborsata dal Ssn in Italia per questa molecola che inibisce l’interleuchina 23, una citochina coinvolta nei processi infiammatori, che si ritiene sia correlata a diverse malattie croniche immunomediate. Oltre alla malattia di Crohn, risankizumab è prescrivibile anche per il trattamento degli adulti con psoriasi a placche da moderata a severa candidati alla terapia sistemica e, in monoterapia o in associazione con metotressato, per il trattamento dell’artrite psoriasica attiva in adulti che hanno manifestato una risposta inadeguata o un’intolleranza a uno o più farmaci antireumatici Dmrd, cioè modificanti la malattia.