Roma, 21 settembre – L’armamentario terapeutico contro l’epatite B cronica, causata dal virus Hbv, potrebbe essere presto arricchito da una nuova arma. A identificarla, un gruppo di studio italiano, guidato dal virologo e immunologo Luca Guidotti (nella foto), vicedirettore scientifico dell’Irccs San Raffaele di Milano.
Il suo team ha individuato una nuova classe di farmaci antivirali che potrebbe rappresentare un significativo passo in avanti nelle cura definitiva dell’infezione da Hbv: si tratta di small molecules somministrabili per bocca, che impediscono la formazione del capside virale (la struttura che racchiude il genoma del microrganismo) e di conseguenza la replicazione del virus. Le small molecules, spiega Guidotti sono “in fase di sviluppo in collaborazione con un’azienda biotech americana e si prevede che le sperimentazioni sull’uomo possano iniziare tra poco più di un anno”.
Il medico italiano, che è anche professore ordinario di Patologia all’università Vita-Salute San Raffaele, ha ricevuto due giorni fa a Kobe, in Giappone, in occasione dell’Hbv International meeting, un premio alla carriera, assegnatogli all’unanimità, secondo quanto riferisce il San Raffaele, proprio per le sue scoperte nel campo dell’epatite B.
“L’assenza di una terapia curativa contro Hbv” ricorda Guidotti “è un problema enorme: nel mondo sono ancora più di 300 milioni i portatori di epatite B cronica, un’infezione che costituisce la prima causa al mondo di tumore al fegato. I vaccini in uso sono in grado di prevenire l’infezione, ma non di curare l’infezione cronica, per la quale esistono pochi farmaci antivirali (gli analoghi nucleotidici). Come nel caso dei farmaci anti-Hiv – precisa tuttavia lo scienziato – questi antivirali vanno assunti per tutta la vita per evitare pericolosi rebound virali e di malattia epatica. Ecco perché” conclude il virologo “sviluppare nuovi farmaci più efficaci contro Hbv costituisce una priorità sanitaria assoluta”.