Roma, 27 ottobre – Un farmaco usato oggi solo in Giappone e in Corea nei pazienti in dialisi per le sue proprietà anticoagulanti, potrebbe salvare la vita a chi finisce in ospedale per Covid 19. Il medicinale (un inibitore della proteasi che si chiama nafamostat) evita infatti l’insorgenza della polmonite interstiziale grave, primo killer dei malati Covid.
Queste le risultanze che emergono da uno studio italiano, denominato Racona, avviato, condotto e coordinato da Gian Paolo Rossi e Teresa Seccia (nelle foto a lato) del Dipartimento di Medicina dell’università di Padova. I risultati sono pubblicati sul Journal of Clinical Medicine.
Nafamostat è stato individuato dai ricercatori come “particolarmente attraente” per il trattamento dell’infezione da Covid 19 perché inibisce in modo potente la serina proteasi transmembrana 2 (Tmprss2), enzima che permette l’ingresso del virus nelle cellule e la sua replicazione. Inoltre, per le sue virtù anticoagulanti potrebbe prevenire la coagulazione intravascolare disseminata e l’embolia polmonare frequentemente associate all’infezione da Sars CoV 2. L’obiettivo di Racona, progettato come studio clinico prospettico randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo – spiega l’ateneo padovano in una nota – è stato quello di indagare l’efficacia e la sicurezza di nafamostat mesilato somministrato in infusione endovenosa continua (0,10 mg/kg/h) per 7 giorni, in aggiunta al trattamento ottimale, nei pazienti ospedalizzati affetti da Covid-19.
I risultati di un’analisi ad interim hanno mostrato “la sicurezza del farmaco, utilizzato per la prima volta in Europa su funzione renale, coagulazione e infiammazione”, si legge ancora nella nota dell’ateneo padovano. Per nafamostat è stato osservato inoltre “un ottimo profilo di sicurezza”. Secondo gli autori “potrebbe rappresentare un’arma efficace, in particolare contro quelle varianti del virus che sono più dipendenti da Tmprss2, ad esempio la variante Omicron rispetto a quella Delta”.
“Attraverso una sofisticata analisi statistica, lo studio ha anche evidenziato i potenziali benefici del farmaco nell’evitare la progressione verso la polmonite interstiziale grave che è stata la principale causa di morte nei pazienti Covid” aggiunge Dario Gregori, direttore dell’Unità di Biostatistica epidemiologica e Sanità pubblica dell’università di Padova. Il lavoro, conclude la nota diramata dall’università di Padova, è stato possibile grazie a un finanziamento di Banca Intesa San Paolo e alla collaborazione con Margherita Morpurgo del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’ateneo patavino.