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venerdì 4 Ottobre 2024
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L’infettivologo Viale: “Paura passata, nessuno si vaccina più. Ma i fragili vanno protetti”

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Roma, 14 novembre – È finita l’emergenza ma Covid non è scomparso, e dunque bisogna continuare a mantenere alta la guardia, proteggendo soprattutto i soggetti più fragili, che  dovrebbero continuare a vaccinarsi. Questo il leit motif che un po’ tutti, dall’Ecdc al nostro ministero della Salute, rilanciano a ogni occasione, senza però che faccia breccia più di tanto nell’opinione pubblica. A dimostrarlo, i tassi estremamente bassi e deludenti di adesione che la campagna vaccinale nazionale lanciata dal dicastero a metà dello scorso mese di ottobre ha registrato fin qui.

Pierluigi Viale (nella foto), intervenuto  al Festival della Scienza medica appena conclusosi a Bologna, ha provato a spiegare le ragioni di questa “renitenza ai vaccini”, sostenendo che – intanto – bisognerebbe ribattezzare il Covid. “Oggi sarebbe meglio chiamarlo Covid 23, perché è completamente diverso per numeri, meccanismi patogenetici e fenotipo clinico” ha sostenuto l’esperto. “Da malattia super-acuta e molto grave è diventata una malattia che in alcune persone ha un andamento sub-acuto o cronico”. Ma se la pandemia è finita,  “per un atto politico dell’Oms, un atto dovuto perché è cessata la fase di urgenza e allarme, questo non significa che il Covid sia scomparso“.

Anche se lontani da quei giorni del 2020 e 2021 “che vogliamo dimenticare“,  la circolazione del virus permane, afferma Viale, “ma su livelli meno preoccupanti”. Nel 2023, sottolinea l’infettivologo al riguardo, l’indice Rt “è calato drasticamente. C’è stata una sensazione di ripresa a fine estate, ma oggi è stabile”.

Anche sugli ospedali, l’impatto è ridotto e il tasso di occupazione dei posti letto “è stabile, molto stabile in particolare nelle terapie intensive”. Allo stesso modo, la mortalità si registra  soprattutto tra i più anziani, che però – precisa Viale – per lo più “muoiono con il Covid e non per diretta conseguenza del Covid”.

L’impatto del virus, insomma, è “molto meno preoccupante. Ma non possiamo perseguire politiche di negazione o dimenticarlo. E non dobbiamo cessare l’attività di prevenzione”. Durante la pandemia, l’adesione al vaccino era molto diffusa. “Passata la paura è calata drasticamente”, segnala Viale. La nuova campagna avviata il mese scorso, con l’ultimo vaccino aggiornato al 90% delle varianti oggi in circolazione (tutte variazioni della Omicron), vede “tassi estremamente bassi. Ma finché abbiamo sotto-varianti della stessa variante di riferimento – spiega Viale – i vaccini funzionano”, soprattutto contro le forme di malattia grave.

Ma resta attuale e necessaria “la raccomandazione a mantenere l’adesione” alla campagna vaccinale, spiega l’infettivologo. Anche i farmaci antivirali funzionano, ma quelli “dovremmo concentrarli su pazienti che ne hanno veramente bisogno – sostiene Viale – perché sono costosi e difficili da somministrare”. In particolare, secondo l’esperto bolognese,  il loro impiego dovrebbe riguardare prioritariamente, se non esclusivamente, alcune categorie di immunodepressi, come i pazienti in cura con le Car-t.

Secondo uno studio realizzato proprio a Bologna, peraltro, anche per il Covid il trattamento combinato con più farmaci, proprio come per l’Hiv, darebbe risultati positivi in termine di guarigione.

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