Roma, 12 gennaio – La formulazione del problema è semplice e tutt’altro che nuova: la spesa sanitaria nei Paesi avanzati è ineluttabilmente destinata a crescere, soprattutto per l’effetto combinato dei maggiori costi delle cure alimentati dalle conquiste scientifiche e dall’innovazione tecnologica e dei maggiori costi dell’assistenza prodotti dall’invecchiamento (e correlata maggiore morbilità) della popolazione. Tendenze che – in assenza di interventi politici di straordinario rilievo, che nessuno intravvede al momento all’orizzonte né osa anche solo prefigurare – saranno assolutamente insostenibili.
Lo sostiene il rapporto Fiscal Sustainability of Health Systems, reso disponibile ieri dall’Oecd, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo meglio nota dalle nostre parti come Ocse, ipotizzando che – senza i profondi cambiamenti di cui si è detto poche righe fa, la spesa sanitaria registrerà un aumento che raggiungerà l’11,8% del Pil nel 2040. La crescita economica complessiva, per contro, nei prossimi decenni crescerà a un ritmo più lento, e la previsione – si legge nel rapporto Ocse – è che “la spesa sanitaria supererà sia la crescita prevista dell’economia complessiva che delle entrate pubbliche nei paesi dell’Organizzazione”.
Come se ne esce? Intanto, secondo l’Ocse, bisogna necessariamente imparare a spendere in modo più intelligente, rafforzando la resilienza dei sistemi sanitari per metterli in grado di resistere a evenienze straordinarie (vedi il caso Covid). Bisognerà quindi “rafforzare le basi dei sistemi sanitari attraverso la trasformazione digitale e gli investimenti in attrezzature mediche fondamentali; e sostenere gli operatori sanitari in prima linea attraverso misure volte a formare e trattenere gli operatori sanitari”. Questo per ricavare non solo benefici sanitari diretti, ma anche i vantaggi economici (aumento della produttività, migliori risultati ndel mercato del lavoro, riduzione della necessità di interventi sanitari più costosi in futuro) che sono connessi alla maggiore salute della popolazione, “ingrediente” strutturale e indispensabile delle economie più forti e resilienti.
Secondo l’Ocse, dunque, la strada è obbligata: bisogna comunque finanziare di più e meglio i sistemi sanitari per renderli più resilienti, garantendo, al contempo, la loro sostenibilità fiscale. Facile a dirsi, molto meno a farsi, perché il quadro economico è quello che è: un’inflazione in calo ma ancora superiore ai livelli storici, l’aumento conseguente dei costi di produzione degli operatori sanitari e le priorità concorrenti per la spesa pubblica che continuano a comprimere i bilanci sanitari.
Quattro opzioni le politiche generali (non esclusive) che i paesi dell’Ocse hanno generalmente considerato per far fronte a questa sfida all’appacrenza impossibile. La prima è quella di aumentare la spesa pubblica e destinare parte di questi fondi aggiuntivi alla sanità, soluzione possibile soltanto aumentando le entrate pubbliche o attraverso un ulteriore finanziamento del debito. Il problema è che le entrate pubbliche rappresentano già il 39% del PIL nei paesi Ocse e che molti Paesi (a partire dal nostro) hanno livelli elevati e crescenti di debito pubblico e associati maggiori costi di finanziamento. Ed è impresa piuttosto compolicata, oltre che estremamente spiacevole e pericolosa in termine di consenso, provare ad aumentare le tasse in una congiuntura economica negativa come quella attuale.
La seconda opzione è aumentare gli stanziamenti per la sanità all’interno dei bilanci pubblici esistenti. Per i cittadini la salute è molto spesso una priorità rispetto ad altre poste di spesa, ma questo non sottrae la sanità dalla competizione con altre importanti priorità come ridurre l’impatto dell’aumento del costo della vita, il finanziamento della trasformazione verde e, per alcuni Paesi, l’aumento della spesa per la difesa. Nei Paesi con stanziamenti di bilancio relativamente bassi per la sanità (e l’Italia è uno di questi) le autorità sanitarie potrebbero utilizzarla come leva politica per spingere verso un aumento delle quote di bilancio. In dieci Paesi, nel 2022 la quota della spesa sanitaria sulla spesa pubblica totale era pari o inferiore al 12%, ben al di sotto della media Ocse del 15%.
La terza opzione è la rivalutazione dei confini tra spesa pubblica e privata. Nel 2022, la quota di spesa dei governi o dell’assicurazione sanitaria obbligatoria nei paesi Ocse era già al 76%. Senza risorse pubbliche aggiuntive disponibili per la sanità, una maggiore spesa sanitaria verrà automaticamente spostata al settore privato. Questione problematica, perché i tagli ai servizi o gli aumenti dei diritti di utenza possono esasperare le disuguaglianze sanitarie. Un dibattito sulle direzioni a lungo termine del rapporto pubblico-privato è tuttavia necessario, in termini di quali siano i migliori acquisti per budget pubblici limitati e se sia possibile apportare modifiche alle tariffe di utenza senza impedire l’accesso.
La quarta opzione è individuare incrementi di efficienza. È fondamentale ottenere miglioramenti rilevanti in termini di efficienza tagliando le spese inefficaci e dispendiose, raccogliendo al tempo stesso i benefici della tecnologia e della trasformazione digitale dei sistemi sanitari, compresa l’intelligenza artificiale). Altrimenti, le aspettative sull’entità di tali guadagni devono essere realistiche. Le azioni volte a incoraggiare popolazioni più sane e politiche finalizzate a eliminare fino alla metà della spesa inefficace e dispendiosa identificata in una precedente analisi dell’Ocse potrebbero far risparmiare fino a 1,2 punti percentuali del Pil. Se questo traguardo venisse centrato, la futura e comunque inevitabile crescita della spesa sanitaria totale affronterebbe una salita decisamente meno aspra e molto più sostenibile, raggiungendo il 10,6% del Pil nel 2040 e non l’11,8% previsto in assenza di importanti cambiamenti politici).
Viato il contesto di crisi e difficoltà diventano fondamentali anche le buone pratiche di bilancio, che – se adottate – migliorano il modo in cui i fondi pubblici per la sanità vengono determinati, eseguiti e valutati, aumentando l’efficienza della spesa pubblica corrente e ponendo anche le premesse per cambiamenti politici più ambiziosi nel medio e lungo termine.
Il rapporto dell’Ocse, sulla base dell’analisi delle esperienze dei Paesi Ocse, evidenzia qualche buon esempio, al centro di un articolo già pubblicato nel dicembre 2023 al quale rimandiamo per saperne di più.
“Trovare fondi sufficienti per finanziare sistemi sanitari più resilienti è una sfida nell’attuale contesto economico” conclude a proposito dei bilanci il rapporto Ocse. “Si rileva che l’entità delle esigenze aggiuntive di finanziamento sanitario richiede cambiamenti politici ambiziosi e trasformativi. Azioni vigorose per incoraggiare popolazioni e politiche più sane possono indirizzare la spesa sanitaria futura su una traiettoria ascendente molto più dolce. Ciò consentirebbe alla spesa di raggiungere una cifra più sostenibile pari al 10,6% del Pil nel 2040 (rispetto alla spesa sanitaria che raggiunge l’11,8% del Pil in assenza di importanti cambiamenti politici). Una migliore governance di bilancio è fondamentale. Migliora il modo in cui i fondi pubblici per la sanità vengono determinati, eseguiti e valutati. Un migliore dialogo tra i ministeri della sanità e delle finanze è particolarmente importante quando i governi operano in un contesto fiscale limitato”.
Ovviamente, il rapporto getta uno sguardo su ognuno dei Paesi Ocse. Per l’Italia, è prevista diminuzione della spesa sanitaria pubblica nei prossimi anni e la previsione suona piuttosto sinistra per l’avvenire della nostra sanità pubblica. “In Italia le attuali proiezioni di bilancio suggeriscono che, dopo anni di aumenti eccezionali della spesa nel 2020 e nel 2021, si è registrato un aumento nominale più moderato della spesa pubblica per la sanità nel 2023 (2,8%) con una correzione nel 2024 prima di un ritorno alla crescita nominale annua pari a tra il 2-3% previsto per il 2025-26″ scrive l’Ocse. “Considerando le più recenti stime di inflazione per il Paese, ciò si tradurrà molto probabilmente in una diminuzione della spesa pubblica in termini reali nei prossimi anni. Inoltre, si prevede che la percentuale del Pil destinata all’assistenza sanitaria finanziata con fondi pubblici sarà inferiore al livello pre-pandemia dal 2024 in poi”. Parole che suonano come i rintocchi di campane a morto per il Ssn: se lo scenario preconizzato dall’analisi Ocse dovesse realizzarsi, la sorte di quella sanità pubblica universalistica e solidale che molti hanno definito “la più grande conquista democratica nella storia dell’Italia” sarebbe infatti fatalmente segnata.
♦ OECD – Fiscal Sustainability of Health Systems. How to finance more resilient health systems when money is tight? – 2024