Roma, 18 gennaio – Significativo aumento della mobilità sanitaria interregionale in Italia nel 2021, anno in cui il flusso di cittadini che si sono spostati attraverso le diverse aree del Paese per motivi sanitari ha raggiunto il valore di 4,25 miliardi di euro, cifra ben più elevata di quella raggiunta nel 2020 (3,33 miliardi), “anno in cui – spiega il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta (nella foto) “l’emergenza pandemica Covid 19 ha determinato una netta riduzione degli spostamenti delle persone e dell’offerta di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali”.
L’aumento-monstre del 2021 fa però emergere disuguaglianze critiche tra le Regioni del Nord e del Sud, sollevando preoccupazioni sulle implicazioni dell’autonomia differenziata. Quasi la metà della mobilità attiva viene infatti “raccolta” solo da tre Regioni: Lombardia (18,7%), Emilia-Romagna (17,4%) e Veneto (12,7%), poi c’è un ulteriore 25,6% attratto da Lazio (9,5%), Piemonte (6,8%), Toscana (4,9%) e Campania (4,4%). Il restante 25,6% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 14 Regioni e Province autonome.
Per quanto riguarda invece la mobilità passiva, le Regioni con maggiore indice di “fuga sanitaria”, che generano debiti per oltre € 300 milioni ciascuna, sono il Lazio (12%), Lombardia (10,9%) e Campania (9,3%), che insieme compongono quasi un terzo della mobilità passiva. Il restante 67,9% della mobilità passiva si distribuisce nelle rimanenti 18 Regioni e Province autonome.
“I dati della mobilità passiva documentano differenze più sfumate tra Nord e Sud” afferma Cartabellotta. “In particolare, se quasi tutte le Regioni meridionali hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in 4 grandi Regioni del Nord che presentano un’elevata mobilità attiva. Una conseguenza della cosiddetta mobilità di prossimità, determinata da pazienti che preferiscono spostarsi in Regioni vicine con elevata qualità dei servizi sanitari”.
Le disparità sono in ogni caso evidenti, osserva Gimbe, e mettono in luce una “frattura strutturale” nel sistema sanitario italiano, amplificata dall’autonomia differenziata così come prevista dal disegno di legge Calderoli. Al quale non vengono davvero risparmiate critiche per la sua vaghezza sul finanziamento e sugli strumenti per garantire i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), incertezze che potrebbero aggravare ulteriormente le diseguaglianze e compromettere l’accesso alla sanità.
Per questo la Fondazione Gimbe lancia un appello urgente affinché la tutela della salute sia esclusa dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie. Un passo ritenuto indispensabile per prevenire l’ulteriore ampliamento delle divisioni Nord-Sud e per garantire l’uguaglianza nella tutela della salute, affrontando le disuguaglianze regionali per costruire un sistema sanitario equo e sostenibile in tutto il Paese.