Roma, 23 febbraio – Sul fronte della resistenza antimicrobica (Amr) arrivano finalmente buone notizie dal rapporto Analysis of antimicrobial consumption and resistance realizzato in stretta collaborazione da Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, Efsa, l’autorità comunitaria per la sicurezza alimentare e Ema, l’agenzia regolatoria della Ue, elaborato sulla base di dati delle tre agenzie europee raccolti in prevalenza tra il 2019 e il 2021 e rilasciato il 21 febbraio scorso.
Il dato di maggior rilievo del report inter-agenzie, indicato con l’acronimo Jiacra IV (che sta per Joint interagency antimicrobial consumption and resistance analysis, quarta edizione) riguarda il calo (significativo) della resistenza antimicrobica nei Paesi che hanno assunto misure per ridurre l’uso di antibiotici sia per uso umano sia negli animali da allevamento.
Ciò in ragione del fatto che la sensibilità dell’Escherichia coli agli antimicrobici nell’uomo e negli animali aumenta quando si verifica una diminuzione complessiva del consumo di antibiotici, che non può che essere frutto delle azioni di contrasto poste in essere da governi e autorità nazionali nei singoli Paesi. Quello attestato dai dati del Jiacra IV è un risultato importante, perché rappresenta la plastica dimostrazione di come il progressivo aumento delle resistenze batteriche può in realtà essere contrastato e rallentato con l’adozione di azioni e politiche adeguate: solo per il consumo di antibiotici negli animali da produzione alimentare, la relazione registra una diminuzione davvero importante del 44% rispetto al 2021.
A dire – anzi, urlare – che contro l’Amr occorre un impegno importante e continuo sono del resto le cifre: secondo le stime, la resistenza agli antibiotici provoca ogni anno la morte di oltre 35 mila persone nei Paesi dell’area Ue/See, con l’Italia nello scomodo ruolo di maggiore tributaria di questa vera e propria mattanza, con 11 mila morti all’anno. Il dato epidemiologico, unito a quello economico (i costi che i sistemi sanitari devono sopportare a causa dell’Amr arrivano, stime Ocse, a 12 miliardi di euro all’anno), giustifica ampiamente la decisione della Commissione europea di inserire l’antimicrobico-resistenza tra le tre minacce prioritarie per la salute nella Ue.
Il rapporto evidenzia altri punti-chiavi: ad esempio, negli esseri umani l’uso di carbapenemi, cefalosporine di terza e quarta generazione e chinoloni è associato alla resistenza a queste classi di antibiotici nelle infezioni da Escherichia coli; negli animali destinati alla produzione alimentare, l’uso di chinoloni, polimixine, aminopenicilline e tetracicline è associato alla resistenza a questi antibiotici nelle infezioni da Escherichia coli negli animali destinati alla produzione alimentare.
Esiste un legame tra la resistenza batterica negli esseri umani e negli animali destinati alla produzione alimentare per alcune specie batteriche, come Campylobacter jejuni e Campylobacter coli. Il Jiacra IV include, per la prima volta, un’analisi multi-agenzia delle tendenze nell’uso degli antimicrobici e nella resistenza dell’Escherichia coli sia negli esseri umani sia negli animali.
In linea con l’approccio ‘One Health’, le tre agenzie avanzano agli organi di governo comunitari e nazionali una serie di richieste: sforzi continui per contrastare la resistenza antimicrobica a livello nazionale e globale; sorveglianza armonizzata dell’uso degli antibiotici e della resistenza antimicrobica nel settore umano e animale; ulteriori ricerche nel campo della resistenza antimicrobica.
Istanze riprese da Andrea Ammon (nella foto), direttore dell’Ecdc, secondo la quale “è indispensabile intensificare gli sforzi per ridurre il consumo non necessario di antibiotici e vanno rafforzati i programmi di immunizzazione e migliorate le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni”.