Roma, 12 aprile – La minaccia di una ripresa del morbillo? In un Paese che vede la presenza di un’intera fascia di popolazione adulta non vaccinata contro la malattia è inevitabile, oltre che normale, che le infezioni possano periodicamente impennarsi verso l’alto. E il fenomeno non può certo essere tenuto a bada e men che meno eliminato a parole o con azioni sporadiche. “Non sono sufficienti” afferma deciso Claudio Cricelli (nella foto), presidente emerito della Società italiana di medicina generale e cure primarie (Simg), interpellato da Adnkronos Salute in merito alla crescita delle infezioni nel nostro Paese.
“E non basta nemmeno la buona volontà del singolo medico di famiglia che consiglia correttamente i suoi assistiti” spiega Cricelli, per il quale serve invece una “campagna ufficiale che dica ai medici di medicina generale e ai cittadini di questo Paese come si devono comportare per raggiungere gli obiettivi di un’eradicazione del morbillo. Non soltanto nelle generazioni giovani vaccinate, ma nelle generazioni più anziane che non sono vaccinate e che sono esposte all’infezione”.
Il presidente emerito della Simg ritiene però che far suonare le sirene dell’allarme “sia fuori luogo, perché non possiamo essere sorpresi: questa è una malattia che non riusciamo a eradicare se non vacciniamo i non vaccinati che sono soprattutto gli anziani o over 40. Cioè quelli della generazione precedente al vaccino diffuso. Se vogliamo raggiungere l’obiettivo dobbiamo avere un quadro preciso, target mirati e puntare una campagna di sanità pubblica, di rilevazione dei dati sierologici e di programmazione di una vaccinazione di massa per i non vaccinati” afferma Cricelli. “Servono investimenti e politiche sanitarie precise”.
A giudizio dell’autorevole rappresentante dei medici di famiglia, rispetto al rischio di infezione devono essere considerati tre gruppi: “Tutti i giovani e i bambini nati da quando è stato introdotto il vaccino, i non vaccinati che non hanno avuto il morbillo e che non sono quindi immuni e, infine, i non vaccinati che hanno avuto il morbillo e quindi si suppone abbiano una immunità persistente” dettaglia Cricelli. “Per i non vaccinati adulti non è stata mai predisposta una vaccinazione né obbligatoria né facoltativa, e che ci siano dei casi è quindi più che naturali. Ci saranno sempre fino a quando tutta la popolazione sarà completamente vaccinata. Questa è la realtà a oggi”.
Una realtà ancora ben lontana dall’obiettivo perseguito dal Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita 2010-2015, ovvero il raggiungimento della copertura vaccinale del 95% delle due infezioni che avrebbe sancito, di fatto, la loro eradicazione nel Paese. Sono passati molti anni e gli ultimi dati della sorveglianza epidemiologica dell’Iss (il nostro giornale ne ha riferito qui giusto due giorni fa) dicono chiaramente che il traguardo è ancora lontano e che, probabilmente, Cricelli ha ragione: senza una campagna di sanità pubblica, di rilevazione dei dati sierologici e di programmazione di una vaccinazione di massa per i non vaccinati, il rischio morbillo continuerà a persistere, con buona pace dei Piani nazionali e delle parole d’ordine dell’Oms. Il nostro Paese è ancora sotto la fatidica soglia di copertura vaccinale del 95%: siamo fermi al 93,85 e il dato, peraltro, va letto in controluce, perché all’interno del Paese esistono infatti profonde differenze: il tasso di risposta varia infatti da poco più del 71 per cento della Provincia autonoma di Bolzano a quasi il 98 per cento del Lazio. Sarà il caso di darsi da fare.