Roma, 29 aprile – Va inevitabilmente così: così: da una parte i consumatori si gettano a capofitto sui farmaci come semaglutide & Co per perdere peso, dall’altra le industrie che li producono e vendono vedono ingrassare a dismisura i loro profitti. Tanto che il boom delle pillole(e siringhe) dimagranti sta diventando negli Usa – e non solo – il nuovo Eldorado per l’industria farmaceutica. Ma sarebbe ingeneroso ridurre tutto ai guadagni davvero iperbolici dell’industria, ché in realtà il successo dell’impiego degli agonisti del recettore del peptide-1 (Glp-1) per uso dimagrante produce importanti vantaggi anche per la salute dei pazienti e per l’economia di Paesi alle prese con la “epidemia” di obesità e sovrappeso, condizione che negli USA, solo per fare un esempio, riguarda il 40% e più della popolazione, producendo costi sociali e sanitari (a causa della malattie prodotte dall’eccesso di peso) davvero incalcolabili. Tanto che da una recente analisi di Goldman Sachs scaturisce che più cresce la richiesta di questi farmaci e più l’economia americana ne beneficerà. La banca stima che entro il 2028 potrebbero esserci fino a 70 milioni di ‘consumatori’ di questi farmaci dimagranti. Ma anche se fossero ‘solo’ la metà (35 milioni) la produttività che ne deriverebbe farebbe aumentare il Pil dello 0,4%.
Queste molecole, il cui principio attivo è spesso la semaglutide impiegata nella cura del diabete, potrebbero essere un viatico per ridurre i potenziali pazienti e malati cronici, producendo impatti anche sulla spesa sanitaria. Lo conferma ad Adnkronos Salute l’endocrinologo Andrea Lenzi (nella foto), presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei ministri, presidente dell’Health City Institute e ordinario di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma. “L’obesità non è un vizio, ma una malattia e va curata come tale, quindi anche con i farmaci” afferma l’esperto. “Esiste il sovrappeso, ovvero qualche chilo di troppo, ma esiste anche l’obesità grave, quella importante, che vuol dire avere un Bmi (indice di massa corporea) sopra 30, che può anche diventare gravissima e la chirurgia bariatrica ha dimostrato i suoi limiti. Quindi? Cosa possiamo fare? L’obesità è una patologia cronica come il diabete e necessità di una terapia cronica” suggerisce Lenzi. “Ma dobbiamo anche sapere che anche in Italia assistiamo al problema dell’obesità infantile, non abbiamo i numeri degli americani ma stiamo crescendo purtroppo, dove la componente non è genetica, ma ambientale: comportamenti e stili di vita sbagliati. Questo porta necessariamente all’epigenetica, trasformandoci oggi in una specie predisposta all’obesità”.
Secondo lo specialista, “prevenzione e cura corrono insieme, ma non con il concetto ‘mangia meno e muoviti’, molto paternalistico e spesso abusato anche dai medici. Dobbiamo considerare l’obesità una malattia del sistema metabolico che si può prevenire e curare come il diabete. I farmaci oggi ci sono” conclude Lenzi.