Roma, 14 maggio – Il virus dell’influenza aviaria H5N1, che ha causato un’epidemia tra i bovini da latte negli Stati Uniti, “come tutti i virus sta mutando“. E anche se il rischio che si diffonda tra gli esseri umani e possa alimentare una pandemia è ancora basso, “dobbiamo continuare a prepararci” all’eventualità che accada. “La vera preoccupazione è che possa raggiungere i polmoni umani”, perché “quando è accaduto in altre parti del mondo il tasso di mortalità è stato del 25%”, ovvero è deceduta una persona infettata su quattro.
Queste, così come sintetizzate dal quotidiano inglese Daiy Mail e rilanciate in Italia dall’agenzia Adnkronos Salute, le parole di Robert Califf (nella foto), Commissario della Food and Drug Administration americana, parlando a una commissione del Senato USA. I funzionari statunitensi, ha assicurato, stanno lavorando a “piani per test, farmaci antivirali e vaccini” da usare “nel caso in cui il virus si trasmetta all’uomo”.
Da questo punto di vista “siamo in una posizione invidiabile”, ha detto ancora Califf, più favorevole “rispetto a qualsiasi altro momento della storia del mondo”, per poi aggiungere che i virus sono organismi relativamente semplici e quindi trovare un vaccino corrispondente, in grado di contrastarli con efficacia, grazie alle nuove tecnologie, “è del tutto possibile in un breve periodo di tempo”.
Secondo i funzionari americani, gli States possono già contare su circa 20 milioni di dosi di vaccini anti-aviaria che ben corrispondono al virus H5N1 attuale. Una riserva nazionale che potrebbe arricchirsi rapidamente di altri 100 milioni di dosi, se necessario. Sono disponibili anche scorte di farmaci antivirali come l’oseltamivir, il medicinale utilizzato per trattare l’unico caso umano finora confermato nell’ambito dell’epidemia scoppiata tra le mucche negli Usa.
Si sta anche lavorando per sviluppare un vaccino per il pollame e i test indicano che gli antivirali per l’uomo funzionano altrettanto bene nei bovini malati.