Roma, 3 giugno – Le Asl del Lazio hanno cominciato a bacchettare da qualche tempo i medici di medicina generale della Regione, sospettandoli (diciamo così) di eccessiva prodigalità prescrittiva, soprattutto per quanto riguarda alcune categorie terapeutiche (gastroprotettori, analgesici, eparine), i cui consumi eccedono la media.
A comprovarlo- secondo le aziende sanitarie – basta e avanza il disavanzo nella voce di spesa per i farmaci di circa 210 milioni registrato dalla Regione Lazio nel 2023, con uno scostamento di circa l’11% in più sulla media delle altre Regioni.
Gli mmg, però, non sono per niente disposti a farsi carico della responsabilità dell’aumento della spesa, con il quale i medici del territorio spiegano di non avere niente a che fare. E anche per questo cominciano a manifestare irritazione e insofferenza per le pressioni sempre maggiori esercitate dalle Asl negli incontri di controllo sull’andamento delle prescrizioni, la cui finalità (le Asl non si preoccupano nemmeno di farne mistero) è solo quella di arrestare e possibilmente invertire la tendenza all’aumento della spesa. Pressioni che, oltre tutto, generano confusione e disorientamento tra gli mmg, soprattutto quelli più giovani entrati da poco in servizio.
In questi incontri con le Asl, stigmatizzano i medici, non si discute mai di appropriatezza prescrittiva (che è la dimensione che rileva e che in termini di salute pubblica dovrebbe essere la prima se non l’unica a contare) ma solo di numeri di confezioni prescritte, senza neppure porsi il problema se il paziente ne avesse davvero necessità.
Una semplice ricognizione numerica delle confezioni dispensate, che non tenga conto di fattori come “la prescrizione indotta da specialisti pubblici e privati” o “la cosiddetta riconciliazione ospedale-territorio, che avrebbe dovuto garantire una modifica del comportamento prescrittivo”, non serve però a molto, osserva Fimmg Lazio in una nota indirizzata ai suoi iscritti, dove il sindacato dei medici di famiglia laziali afferma anche di non capire quali siano le ragioni che – di fronte a un problema di spesa – spingano a chiedere al medico di medicina generale di intervenire sulle inappropriatezze e di farsi l’esame di coscienza, e non si prenda invece atto “che il responsabile della dispensazione dei farmaci è il farmacista“, che ha la facoltà di “limitare l’erogazione delle confezioni in base alle indicazioni che la Regione fornisce, come già accade in Lazio per i farmaci della nota 97 o i presidi per i diabetici”.
Attenzione, però: non si tratta di giocare al classico scaricabarile, attribuire la colpa ad altri, ma della chiara esplicitazione di una realtà che si tende a non riconoscere né a prendere nella dovuta considerazione. Per Fimmg Lazio “la collaborazione tra medico e farmacista è cruciale per un’appropriata terapia farmacologica, nel rispetto dei ruoli e competenze”, e i medici del territorio sono i primi a ritenere essenziale concorrere, “per quanto di competenza, al mantenimento di un equilibrio anche economico del sistema pubblico, ma ciò deve essere fatto in una logica di sistema che coinvolga tutti i professionisti”.
Un dirigente della professione farmaceutica non potrebbe dirlo meglio: senza la collaborazione funzionale e la sinergia tra le due figure dei “dottori della salute” del territorio, il medico e il farmacista, non si va da nessuna parte, né sul piano dei risultati di cura e di assistenza, né sul piano dei risultati economici.
Ecco, andrebbe ricordata più spesso “la logica di sistema che coinvolga tutti i professionisti” citata da Fimmg Lazio. E soprattutto andrebbe favorita in ogni modo dai legislatori e dagli amministratori, anziché compressa o anche solo mortificata sotto quintali di sospetti di leggerezza prescrittiva, ignorando il cuore e l’essenza della prescrizione e non tenendo in alcun conto il reale contesto clinico e sociale del paziente (considerato solo un numero, ovvero il tot di confezioni di farmaci che consuma).
Perché se c’è una verità, è che gli occhiuti e sterili approcci contabili non potranno mai essere la strada che porta al tanto agognato e necessario sviluppo della sanità territoriale.