Roma, 2 luglio – In materia di farmaci, la Cina è vicina, molto più vicina di quanti si sia portati a credere. Per la prima volta il gigante asiatico ha superato l’Europa nello sviluppo di nuovi farmaci e ora tallona gli Stati Uniti al primo posto nella pipeline delle terapie innovative. A dirlo sono i numeri: delle 90 nuove molecole arrivate sul mercato l’anno scorso, 28 sono state sviluppate in Usa, 25 in Cina e solo 17 in Europa. Il Vecchio Continente scivola così al terzo posto dopo aver già perso il primato mondiale nella ricerca di nuovi farmaci che gli era appartenuto fino al 2000.
“È un segnale davvero preoccupante: significa che l’Europa non riesce a essere più attrattiva e a difendere le proprie competenze e la capacità di fare ricerca e sviluppo” è l’amaro commento rilasciato dal presidente di Farmindustria Marcello Cattani (nella foto) in un’intervista a Il Sole 24 Ore. “Purtroppo, ancora troppo spesso non si capisce fino in fondo il valore dell’industria farmaceutica non solo per la salute dei cittadini, ma anche per l’economia europea”.
L’eccellente situazione del pharma italiano, che continua a macinare record nella produzione (superati i 50 miliardi) e nell’export e che ha registrato un’ importante crescita di brevetti (+35% di domande dal 2019 al 2023 contro il +23% dei grandi Paesi europei), non è sufficiente a dissipare la preoccupazione di Cattani per una situazione internazionale che, in assenza di opportune risposte sul piano delle politiche economiche e industriali, potrebbe fortemente penalizzare il comparto farmaceutico europeo e italiano. La competizione a livello globale è infatti sempre più agguerrita, come è del tutto comprensibile alla luce del fatto che solo il marcato dei nuovi farmaci vale duemila miliardi di dollari di investimenti da qui al 2027. Di tutto questo, peraltro, si discuterà approfonditamente in occasione dell’Assemblea nazionale di Farmindustria, che si terrà a Roma il 4 luglio.
Tornando allo stato di salute del pharma italiano, Cattani conferma al quotidiano di Confindustria che il nostro Paese “si sta confermando a livello internazionale come un hub fondamentale nella produzione di farmaci. Esportiamo in ben 190 Paesi: di fatto lo facciamo in tutto il mondo e stringiamo anche partnership come quella recente con l’Egitto perché a livello internazionale siamo riconosciuti come una eccellenza e tanti Paesi che vogliono sviluppare la propria filiera vogliono capire e imparare dal nostro modello che è basato sulle competenze”.
Se però si allarga lo sguardo al contesto internazionale, i problemi sono subito in agguato: “Le nuvole più minacciose riguardano l’Europa con la sua proposta di riforma della legislazione farmaceutica appena approvata dal Parlamento europeo che potrebbe essere ripresa dalla nuova Commissione Ue e dal nuovo Parlamento” spiega Cattani, che da più di un anno non perde occasione per esprimere critiche radicali su alcune delle nuove misure previste dai legislatori Ue. Al riguardo, il presidente di Farmindustria ribadisce la posizione delle aziende italiane: “Il nostro auspicio è che questa riforma sia completamente riformulata: bisogna ripartire da zero andando nella direzione opposta a quella che si è deciso di imboccare e cioè allungando il periodo di tutela della proprietà intellettuale invece che riducendola come chiede il pacchetto di norme Ue che taglia di due anni la data protection”.
Se non si operasse la necessaria sterzata e le nuove norme passassero così come sono, le conseguenze potrebbero essere davvero pesanti: “Rischiamo di essere ancora meno competitivi rispetto agli Usa e ad aree come quelle dell’Oriente o dei Paesi arabi che stanno crescendo a vista d’occhio” spiega Cattani. “Ricordiamoci che l’Europa già sconta condizioni difficili sull’approvvigionamento di energia e materie prime. Su queste minacce il nostro Governo ha compreso l’importanza della partita che si sta giocando e si è speso per fermare questa riforma”.
Quali sono le altre priorità? “Dobbiamo continuare nella direzione intrapresa di collaborazione con il Governo e in particolare con i ministeri della Salute, del ‘made in Italy’ e del Mef. Si deve investire sul Servizio sanitario a fronte di una popolazione che invecchia sempre di più completando la riforma della governance farmaceutica a partire dal superamento definitivo del sistema del payback” risponde Cattani, illustra anche altre necessità. “Bisogna agevolare l’accesso ai nuovi farmaci riducendo i tempi troppo lunghi che si scontano nell’ingresso in Italia delle nuove terapie” afferma il ‘residente degli industriali. “Su questo è stato avviata una interlocuzione con la nuova Aifa e per questo ringrazio il presidente Nisticò per il suo impegno a voler ridurre i tempi di accesso dimezzandoli soprattutto per i farmaci innovativi. Ci sono riforme a costo zero che si possono fare come l’abolizione immediata dei prontuari terapeutici regionali che allungano ancora di più i tempi per l’arrivo delle nuove cure”.
“Oggi abbiamo tutti gli strumenti per fare una vera riforma regolatoria basata sul valore dei farmaci senza guardare più solo al minor costo possibile” ribadisce Cattani, per il quale “i farmaci non vanno valutati solo per i risultati del loro impatto clinico, ma anche per l’aumento della qualità della vita e per la riduzione del consumo di risorse non solo sanitarie, ma anche assistenziali e previdenziali. Infine bisogna poter utilizzare i dati sanitari per la programmazione e la ricerca sempre più potente grazie agli algoritmi. Con tutte queste misure l’Italia può diventare attrattiva per gli investimenti”.
Cattani conclude quindi con una considerazione su un problema che sembra ormai aver messo radici nel mercato farmaceutico non solo italiano, ma europeo e internazionale: la carenza dei farmaci. “Qui pesa anche al nodo dei prezzi di alcuni farmaci di larga diffusione che sono troppo bassi rispetto ad altri Paesi. Si tratta di medicinali spesso salvavita che hanno il costo di un caffè o poco più” spiega il presidente di Farmindustria. “N