Roma, 9 luglio – Un gruppo di ricerca italiano delle Università di Roma Tor Vergata (Michela Murdocca, Federica Sangiuolo, Gennaro Citro e Giuseppe Novelli), Magna Grecia di Catanzaro (Isabella Romeo, Francesco Ortuso e Stefano Alcaro), e Brescia (Francesca Caccuri, Antonella Bugatti e Arnaldo Caruso), con uno studio condotto attraverso la piattaforma sviluppata durante la pandemia di Covid 19, pubblicato sulla rivista Pharmaceuticals, ha individuato nuove molecole peptidiche (miniproteine) in grado di inibire l’ingresso del virus nelle cellule, modificandone la ‘chiave’ che usa per entrare.
Una direzione che avevano già cominciato a esplorare tempo fa i ricercatori del Mit, il Massachusetts Institute of Technology, sintetizzando un peptide che – imitando una proteina presente sulla superficie delle cellule umane alla quale il nuovo coronavirus si lega – affinchè funzionasse da esca proteica, “facendosi vedere” dal virus e allacciandosi alla sua superficie per impedirgli di compiere danni ulteriori.
“L’utilizzo dei peptidi a scopo sia preventivo sia terapeutico nella lotta contro il Covid 19 rappresenta un interessante approccio che garantisce efficacia, specificità e tollerabilità” confermano gli autori. “Infatti, le molecole peptidiche possono essere utilizzate in modo rapido e versatile, e di supporto ai vaccini. Attraverso metodiche computazionali, i peptidi possono essere rapidamente ottimizzati e indirizzati contro le diverse varianti del virus con specificità e accuratezza”.
“La disponibilità di questa piattaforma è cruciale per prepararci a fronteggiare possibili future pandemie da virus patogeni emergenti” afferma Giuseppe Novelli, coordinatore dello studio (nella foto) “proprio per la versatilità e precisione dei peptidi sugli obiettivi biologici identificati come target”.
“L’ausilio di tecnologie innovative e di bioinformatica adottate nella piattaforma permette di accelerare l’identificazione di nuove molecole attive contro i recettori virali” sottolinea Stefano Alcaro. “Come i peptidi individuati in questo studio, che potranno diventare nuovi farmaci della terapia anti Sars CoV 2”.
“La tecnologia utilizzata è dinamica e flessibile” evidenzia Gennaro Citro, ex dirigente Ifo e co-autore dello studio “e può essere impiegata anche per proteggere le persone fragili e/o con difetti immunitari, particolarmente sensibili all’azione delle nuove varianti virali, in attesa della produzione di vaccini con maggiore efficacia”.
“I peptidi vengono solitamente utilizzati per modulare l’ambiente ospite in diversi modi. In questo studio, noi modifichiamo la proteina di ingresso del virus, la Spike, con peptidi disegnati sulla base dei suoi recettori cellulari, in modo da provocare un’interferenza nelle interazioni virus-recettore funzionale, causando l’inibizione dell’ingresso virale” spiega Arnaldo Caruso, virologo che ha partecipato allo studio.
La ricerca, frutto di una collaborazione interuniversitaria, è stata realizzata grazie ai finanziamenti della Fondazione Roma, del ministero dell’Università e della Ricerca (Por Calabria) e da Fondi europei Horizon (Undine).