Roma, 6 settembre – Disco verde dell’Aifa alla rimborsabilità di mirikizumab, il primo antagonista dell’interleuchina-23p19 (IL-23p19) per il trattamento della colite ulcerosa (Cu) attiva da moderata a grave nei pazienti adulti, che diventa così l’unico farmaco attualmente rimborsato in Italia per la patologia.
Il meccanismo di azione di mirikizumab – spiega in una nota il gruppo farmaceutico Lilly, titolare dell’Aic – permette di offrire sollievo da sintomi chiave quali frequenza evacuativa, sanguinamento rettale e urgenza intestinale, indipendentemente dall’uso precedente di farmaci biologici.
La colite ulcerosa è una condizione infiammatoria che in Italia colpisce, secondo le stime, circa 150mila persone. Ogni anno si stimano oltre 4mila nuove diagnosi, prevalentemente in persone giovani. Come le malattie croniche intestinali, di cui fa parte, la Cu ha un forte impatto sulla qualità di vita di chi ne soffre.
“La colite ulcerosa è una malattia che colpisce in media in giovane età ed è caratterizzata da una forte infiammazione dell’intestino” afferma Alessandro Armuzzi, responsabile Uo Ibd dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano, e professore ordinario di Gastroenterologia alla Humanitas University di Milano. “Sebbene alla maggior parte dei pazienti venga inizialmente diagnosticata una malattia lieve e inizi la terapia convenzionale, molti progrediranno fino ad avere una malattia attiva da moderata a grave, con un forte impatto sulla qualità di vita. Nonostante la disponibilità dei trattamenti attuali, rimane un significativo bisogno di nuove opzioni terapeutiche in grado di affrontare i sintomi dirompenti, come l’urgenza intestinale”.
A questa esigenza mirikizumab risponde con un nuovo meccanismo d’azione. Colpisce infatti una delle vie con cui l’infiammazione si sostiene nella malattia. Il programma di studi clinici Lucent, su cui si è basata l’approvazione del farmaco, dimostra che, dopo 12 settimane di trattamento, quasi due terzi (63,5%) dei pazienti hanno raggiunto la risposta clinica e quasi un quarto (24,2%) la remissione clinica (42,2% e 13,3% rispettivamente con placebo). L’efficacia si è dimostrata superiore a placebo anche nei pazienti precedentemente trattati con un inibitore biologico o di Janus chinasi (Jaki) e porta a una riduzione delle terapie con steroidi. Tra coloro che hanno raggiunto la risposta clinica a 12 settimane, la metà ha avuto la remissione clinica senza uso di steroidi a un anno (27% con placebo). Quasi tutti i pazienti (97,8%) che hanno raggiunto la remissione clinica a un anno non facevano più uso di steroidi. L’azione di mirikizumab è sostenuta nel tempo: tra coloro che hanno raggiunto la remissione clinica a 12 settimane, circa due terzi (63,6%) hanno mantenuto la remissione clinica con un anno di trattamento continuo (36,9% con placebo).
“Mirikizumab, oltre ad aver dimostrato di essere efficace nell’ambito di obiettivi clinici rilevanti come la remissione libera da steroidi ad un anno, è in grado di determinare un rapido miglioramento dei sintomi, come il sanguinamento rettale e la frequenza evacuativa, già dopo tre settimane” osserva Massimo Claudio Fantini (nella foto), segretario generale di Ig-Ibd (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Cagliari. “In particolare, gli studi che hanno portato alla registrazione del farmaco sono stati i primi e gli unici a utilizzare una scala di valutazione dell’urgenza intestinale (Nrs) incentrata sul paziente, registrando un netto miglioramento del sintomo urgenza soprattutto in coloro che rispondono meglio alla terapia di induzione”.
Per le persone che vivono con Cu, i sintomi che hanno un maggior impatto sono la diarrea, l’urgenza intestinale e gli incidenti a essa correlati. Proprio queste condizioni rappresentano le ragioni principali per cui le persone evitano di avere vita sociale.
“L’impatto sulla qualità della vita di questa patologia è notevole” sottolinea Salvo Leone, direttore generale di Amici Italia e chairman della European Federation of Crohn’s & Ulcerative Colitis Associations (Efcca). “Non si tratta solo di affrontare il dolore fisico e la stanchezza cronica, ma anche di gestire implicazioni di carattere psicologico. Infatti, la disabilità invisibile che la caratterizza e la difficoltà nel descrivere i sintomi, come la diarrea, amplificano il disagio fisico, trasformandolo in un profondo disagio psicologico. Questo porta spesso a sentimenti di vergogna e insicurezza, che possono sfociare in isolamento sociale. Per le persone affette da colite ulcerosa, riuscire a controllare i sintomi, come l’urgenza intestinale, rappresenta un importante obiettivo nella gestione della malattia”.