Roma, 10 settembre – Torna d’attualità il tema del possibile legame tra i farmaci antidiabete dimagranti come la semaglutide e il rischio suicidi, oggetto di una original investigation pubblicata lo scorso 20 agosto su Jama Network open, frutto della collaborazione di psichiatri statunitensi (tra i quali Georgios Schoretsanitis, dello Zucker Hillside Hospital di New York), svizzeri e italiani (Corrado Barbui e Chiara Gastaldon, nella foto, dell’università di Verona ed Emanuel Raschi dell’Università di Bologna).
Le risultanze della ricerca confermano la necessità di nuovi studi per chiarire il nesso causale tra questi farmaci e le idee suicidarie, concludendo a ogni buon conto che un rapporto causa-effetto, al momento, non è dimostrato ma – in attesa dei necessari approfondimenti – è buona regola osservare ogni cautela nell’uso di semaglutide e liraglutide.
Semaglutide, agonista del recettore Glp-1, è assurto a fama planetaria per la sua efficacia come dimagrante, grazie anche alle celebrità (tra gli altri Elon Musk, Oprah Winfrey e Robbie Williams) che lo hanno utilizzato diventandone più o meno consapevolmente testimonial globali.
Il nuovo studio ha attinto al database globale dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle sospette reazioni avverse ai farmaci. Nello specifico – riferisce un articolo pubblicato su UniVr Magazine – sono state analizzate le segnalazioni di eventi avversi che comportavano pensieri suicidi, di autolesionismo e comportamenti o tentativi suicidari/autolesionistici associati a semaglutide e liraglutide, raccolte tra novembre 2000 e agosto 2023. Sono stati individuati 107 casi di persone con ideazione suicidaria collegati a semaglutide e 162 legati a liraglutide.
“Un risultato rilevante dello studio – spiegano nella nota pubblicata dall’ateneo scaligero i ricercatori veronesi che hanno partecipato alla ricerca – è stato che semaglutide è associata in modo sproporzionato a segnalazioni di ideazione suicidaria. Questa associazione è rimasta statisticamente significativa anche quando i pazienti assumevano altri farmaci come antidepressivi o benzodiazepine, mentre non era significativa in persone che non assumevano antidepressivi, suggerendo un possibile aumentato rischio in persone con depressione o storia di depressione oltre che diabete e obesità. Inoltre, la sproporzione era notevolmente più elevata per semaglutide rispetto ad altri farmaci antidiabetici per il diabete di tipo 2 e l’obesità come dapagliflozin, metformina e orlistat. Lo studio ha evidenziato questo aumento delle segnalazioni di idee suicidarie legato alla semaglutide, ma necessita di ulteriori indagini urgenti per chiarire i potenziali rischi e stabilire se esista davvero un nesso causale in questa correlazione” precisano gli esperti che comunque ritengono il risultato del lavoro “particolarmente preoccupante dato l’uso diffuso e in espansione di semaglutide sia per la gestione del diabete che per la gestione dell’obesità”.
“Sulla base di questi risultati – afferma Gastaldon, che ha coordinato lo studio della Sezione di Psichiatria del Dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e scienze del movimento dell’università di Verona – suggeriamo che i medici che prescrivono semaglutide informino i loro pazienti sui rischi dei farmaci e valutino la storia psichiatrica e lo stato mentale dei pazienti prima di iniziare il trattamento con semaglutide, agendo con prudenza, valutando approfonditamente rischi e benefici in chi soffre di depressione o ha sofferto di depressione, ideazione suicidaria o tentati suicidi”. Inoltre “incoraggiamo gli operatori sanitari a monitorare e consigliare i pazienti che utilizzano semaglutide a segnalare depressione nuova o in peggioramento, pensieri suicidari o eventuali cambiamenti insoliti dell’umore o del comportamento”.
“Studi futuri dovrebbero fornire uno sguardo più attento al rischio di ideazione suicidaria associata a semaglutide in persone con precedenti di disturbi psichiatrici o in persone con disturbi psichiatrici in comorbidità” prosegue l’esperta. “Anche la tirzepatide, un duplice agonista dei recettori Gip e Glp-1 recentemente approvato per il trattamento dell’obesità, dovrebbe essere monitorata da operatori sanitari ed esperti di farmacovigilanza. Scoraggiamo l’uso di questo farmaco per impiego diverso da quello per il quale è stato autorizzato e senza alcuna supervisione medica, come successo in diversi Paesi”.
“I medici e i pazienti non dovrebbero interpretare questi risultati come prova della relazione causale tra ideazione suicidaria e semaglutide, poiché gli studi di farmacovigilanza non possono dimostrarlo, ma mostrano solo un’associazione tra l’uso di semaglutide e segnalazioni di ideazione suicidaria” si preoccupa in ogni caso di precisare Gastaldon.
Le ricerche in corso su eventuali correlazioni tra semaglutide e rischio suicidi, rimarcano i ricercatori dell’ateneo veronese, confermano “l’importanza di una tempestiva sorveglianza post-marketing proattiva. La farmacovigilanza raccoglie e analizzai casi di eventi avversi, fornendo un quadro sulla sicurezza dei farmaci nella vita reale, dove i soggetti possono essere esposti a una serie di farmaci aggiuntivi e possono avere comorbilità (notevoli criteri di esclusione degli studi clinici pre-marketing)”.
Sia l’Agenzia del farmaco americana Fda che l’europea Ema stanno proseguendo la sorveglianza sul tema utilizzando diversi dati post-marketing.