Roma, 16 settembre – La riforma ormai a regime della governance dell’Aifa voluta dal Governo Meloni non è bastata – secondo una un’analisi dell’Osservatorio Salutequità – a risolvere alcune criticità funzionali dell’agenzia regolatoria nazionale, in particolare quella dei tempi di accesso alle terapie da parte dei pazienti, a partire da quelli con malattie croniche e rare, che necessitano di una significativa riduzione che invece non è ancora arrivata.
Ma “bisogna fare molto di più”, attraverso “possibili future limature/integrazioni alla riforma stessa e veri e propri interventi normativi ad hoc“, anche in materia di coinvolgimento delle associazioni di pazienti e cittadini, per lei quali nella riforma dell’agenzia non sono state previste innovazioni finalizzate a un loro riconoscimento formale “tra gli attori dellagovernance dell’Agenzia” e non sono dunque contemplate né nella composizione del Consiglio di amministrazione né in quella della Commissione scientifica ed economica dell’agenzia.
A sollevare la questione è un lungo e articolato intervento di Tonino Aceti, presidente di Salutequità (nella foto) su Sanità24 de Il Sole 24 ore, nel quale viene stigmatizzata anche l’assenza nell’organigramma dell’Agenzia (che è però in aggiornamento) di “un‘area o un ufficio che si occupi specificatamente dei rapporti con le Associazioni dei cittadini e pazienti per un loro coinvolgimento strutturale e sistematico nelle politiche farmaceutiche del nostro Paese”.
A giudizio di Aceti, la riforma dell’Aifa ha mancato di cogliere l’occasione per una maggiore apertura alle rappresentanze dei pazienti, al contrario di quanto ha invece fatto l’Ema, l’agenzia comunitaria, che all’interno del suo Consiglio di amministrazione riserva due posti ai rappresentanti delle organizzazioni di coloro che sono poi i destinatari finali delle decisioni regolatorie.
Nell’Aifa post-riforma, invece, “non solo i rappresentanti delle associazioni di pazienti non figurano tra i componenti della stessa Cse, ma il loro punto di vista, che può (anzi che deve) essere richiesto dalla Commissione ai sensi dell’art. 11 del suo Regolamento, ha ‘natura esclusivamente informativa’, cioè: non è obbligatorio, non è vincolante e non è necessario da parte dell’Aifa rendere conto di un suo eventuale scostamento nella decisione. Allo stesso regime sono sottoposti i pareri espressi dalle società scientifiche” scrive Aceti, che evidenzia come questa sorta di conventio ad excludendum delle associazioni dei pazienti emerga anche da altre decisioni di politica farmaceutica del nostro Paese, come ad esempio la Determina di costituzione del Tavolo tecnico per la revisione delle Note Aifa e dei Piani terapeutici. “Ragionare sulla revisione delle condizioni di ammissione alla rimborsabilità dei farmaci e sulle loro modalità di prescrizione ed erogazione, non dovrebbe mai prescindere dal punto di vista, dall’esperienza e dai bisogni dell’utente” sostiene Aceti “considerando anche l’impatto che possono avere sull’aderenza alle terapie e ciò che ne consegue per la salute della persona e per l’efficacia e l’efficienza del Ssn”.
Altra questione irrisolta, nonostante l’eliminazione del doppio passaggio dei dossier tra Commissione tecnico scientifica e Commissione Prezzi e rimborso, i due precedenti organismi spazzati via dalla riforma, che ha costituito un’unica commissione scientifica-economica, la Cse, è quella dei tempi necessari per mettere i nuovi farmaci a disposizione dei cittadini.
Il presidente di Salutequità riconosce che “c’è stato un recupero nello smaltimento di pratiche accumulate nei precedenti mesi”, ma il problema vero è intervenire in modo strutturale sui tempi di accesso, lavorando velocemente “anche a nuovi modelli di procedure semplificate, anche spostando sugli uffici tutto ciò che è processabile direttamente da loro e che non necessita dell’analisi della Commissione unica”.
Ancora, “andrebbe subito semplificata la procedura di trasmissione in Gazzetta Ufficiale delle determine, che oggi occupa mediamente un tempo inaccettabile di 60 giorni, attraverso l’individuazione di una modalità di pubblicazione semplificata ad esempio sul sito della stessa Aifa” propone Aceti: un intervento a costo zero che, sostiene, “potrebbe ridurre mediamente di due mesi il tempo di accesso ai farmaci da parte dei pazienti e non sarebbe affatto poco“, soprattutto se si considera che ai tempi delle procedure nazionali vanno poi sommati quelli delle Regioni, alcune delle quali hanno previsto ulteriori processi decisionali attraverso, ad esempio, i cosiddetti Prontuari terapeutici ospedalieri regionali (Ptor) vincolanti, che incidono e molto sull’equità di accesso, “minando uno dei principi che l’Aifa ha proprio nella sua mission: l’unitarietà del sistema farmaceutico”, stigmatizza Aceti.
La riforma Aifa voluta dal Governo, su questo fronte, si è guardata dall’intervenire, come invece – secondo Aceti – sarebbe stato necessario, abrogando ad esempio i Prontuari regionali vincolanti e/o attivando un sistema di monitoraggio/valutazione dei tempi e dell’equità di accesso ai farmaci nelle Regioni, dal momento che “il Rapporto sulle tempistiche delle procedure di prezzo e rimborso dei farmaci curato periodicamente dall’Aifa non fa riferimento alle tempistiche di accesso regionali” e l’unico sistema istituzionale di monitoraggio e valutazione delle performance delle Regioni nella garanzia dei Livelli essenziali di assistenza, ovvero il nuovo sistema di garanzia dei Lea, “non prevede alcun indicatore specifico sulla tempestività ed equità di accesso ai farmaci da parte delle Regioni”.
E questa – conclude Aceti – è “una lacuna importante da colmare subito”.