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venerdì 11 Ottobre 2024
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Gimbe: “Liste d’attesa, trasparenza e informazioni complete solo in 6 Regioni”

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Roma, 20 settembre – Sono soltanto sei le Regioni che assicurano le necessarie trasparenza e completezza delle informazioni sui tempi di attesa per le prestazioni sanitarie ambulatoriali e soltanto una di queste (la Puglia) è una Regione del Sud, a ulteriore conferma delle difficoltà attraversate dalla sanità pubblica, in particolare, nel nostro Mezzogiorno.

Il dato scaturisce da un’analisi della Fondazione Gimbe sulla completezza e trasparenza delle informazioni presenti nei siti web di Regioni e Province autonome e sulla semplicità e accessibilità delle modalità di prenotazioni nei siti Cup regionali, che è stata presentata a Bari in occasione del Forum Mediterraneo Sanità.

Questa prima fotografia scattata da Gimbe precede l’atteso monitoraggio ufficiale del ministero della Salute, volto a indagare i tempi di attesa ex-ante,  per rilevare in un determinato periodo la differenza in giorni tra la data di prenotazione e la data assegnata per l’erogazione della prestazione.

Tornando all’analisi di Gimbe, le sei Regioni che guidano la classifica della trasparenza, riportando sia i dati aggregati a livello regionale sia i valori delle singole aziende sanitarie, sono Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, la già ricordata Puglia, Umbria e Veneto. Sette le regioni escluse dal monitoraggio: Basilicata, Campania e Lombardia perché non dispongono di un portale unico con i dati del monitoraggio ex-ante, ma rimandano ai siti delle singole aziende sanitarie; Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento e Sicilia in quanto, pur avendo un portale regionale unico, per il monitoraggio ex-ante riportano solo il dato storico (antecedente al 31 dicembre 2023).

“I tempi di attesa sono oggi il sintomo più grave ed evidente della crisi organizzativa e professionale del Servizio sanitario nazionale” afferma il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta (nella foto). “Questo crea pesanti disagi per i pazienti, peggiora gli esiti di salute e fa lievitare la spesa privata, che impoverisce le famiglie e può portare anche a rinunciare alle cure. Ma, paradossalmente, a fronte della rilevanza del problema, non esiste una rendicontazione pubblica completa e trasparente sui tempi di attesa”.

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