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sabato 12 Ottobre 2024
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Over 65, per il 28% degli italiani sono una risorsa, ma rischiano l’isolamento sociale

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Roma, 23 settembre – Forse non proprio invisibili, come accade altrove, ma comunque molto spesso soli: sono gli over 65 italiani, nella “fotografia” che emerge dagli ultimi dati della sorveglianza “Passi d’Argento”  resi disponibili dall’Istituto superiore di sanità in occasione dell’ormai prossima Giornata mondiale delle persone anziane, che si celebra il prossimo 1° ottobre.

Sono 16 su cento gli italiani ultra-sessantacinquenni che dichiarano di non aver avuto contatti, neppure telefonici, nel corso di una settimana con altre persone (dato riferito al biennio 2022-23). Ma sono addirittura il 75% quelli che riferiscono di non aver frequentato alcun punto di aggregazione (come parrocchia, circoli per anziani o circoli di partiti o di associazioni).

È il caso di ricordare che l’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo: gli over 65 sono 14 milioni, più del 20% della popolazione, e si stima che nel 2050 saranno 20 milioni, ovvero il 35%. Numeri che vanno letti considerando che l’incremento della durata media di vita non è accompagnato da un corrispondente aumento dell’aspettativa di vita in autonomia e che i cambiamenti sociali, caratterizzati da riduzione della natalità, instabilità dei vincoli familiari e restrizione numerica dei nuclei, hanno ridotto drasticamente la capacità da parte delle famiglie di far fronte alle necessità dei componenti bisognosi e non più produttivi. Una combinazione di elementi che certamente concorro a far sì che il tasso di solitudine è il doppio rispetto alla media dei Paesi europei, con coloro che non hanno nessuno a cui chiedere aiuto che sono il 14%, mentre coloro che non hanno nessuno a cui raccontare cose personali il 12%, a fronte di una media europea del 6,1% (dati Eurostat). E la solitudine (come osservato dalla Sigot, la Società Italiana di Geriatria ospedale e territorio) non è solo un problema sociale, ma anche clinico, essendo associata d un aumento del rischio di depressione, disturbi del sonno, demenza e malattie cardiovascolari.

“In base ai nostri dati, quasi un over 65 su sette vive in modo isolato” conferma Rocco Bellantone, presidente dell’Iss (nella foto). “È necessario spezzare il cerchio di solitudine che si stringe intorno agli anziani perché questa condizione psicologica influisce in modo significativo sula qualità della loro vita e la loro salute. Oggi più che mai, in un mondo digitalizzato che può favorire l’isolamento, costruire reti e relazioni è essenziale per il benessere delle intere comunità”.

Complessivamente, infatti, dalla sorveglinaza Passi d’Argento emerge che il 15% riferisce di non aver aver avuto contatti neppure telefonici con altre persone e di non aver frequentato luoghi di aggregazione, e di fatto ha vissuto in una condizione di isolamento, che può incidere notevolmente sulla qualità della vita e, oltre a condizionare gli aspetti della vita di relazione, può compromettere le attività quotidiane.

Va però osservato che le cose vanno leggermente meglio rispetto a prima: l’isolamento sociale coinvolgeva infatti il 20% degli ultra 65enni nel 2016-2017 ed è sceso al 17% nel 2018-2019, per poi calare ancora a poco meno del 16% nel 2020-2021 e rimanere stabile al 15% fino al biennio 2022-2023. Gli esperti evidenziano quindi che negli ultimi anni si va osservando una lenta ma costante riduzione della quota di persone a rischio di isolamento sociale, che tuttavia la pandemia sembra aver rallentato.

La condizione di isolamento sociale non mostra significative differenze di genere, ma è più frequente fra gli ultra 85enni (32% rispetto al 10% fra i 65-74enni), tra chi ha un basso livello di istruzione (24% rispetto al 10% fra persone più istruite) e maggiori difficoltà economiche (27% rispetto all’11% fra chi non ne ha) e fra i residenti nel Regioni meridionali (20% rispetto il 13% nel Centro e 10% nel Nord).

Negli ultimi anni si andava osservando una lenta ma costante riduzione della quota di persone a rischio di isolamento sociale. La pandemia sembra non aver arrestato questa discesa, ma certamente l’ha rallentata.

Specie in tema di socialità intesa come frequentazione di luoghi di aggregazione come parrocchie, centri anziani, il calo significativo della quota di persone che ha partecipato ad attività aggregative o incontri nel periodo della pandemia non migliora nel tempo: nel biennio pre-pandemico 2018-2019 la stima era pari al 29%, nel 2022-2023 è pari al 25%. Invece, la quota di persone che riferisce di aver avuto comunque la possibilità di fare una chiacchierata con qualcuno nel confronto tra gli stessi due periodi sale dall’81% all’84%.

Dai dati di Passi d’Argento 2022-2023 emerge che il 28% degli anziani intervistati rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 17% si prende cura di parenti con cui vive, il 14% di familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato. Questa capacità/volontà di essere risorsa è una prerogativa femminile (31% fra le donne rispetto al 24% negli uomini), si riduce notevolmente con l’avanzare dell’età (coinvolge il 34% dei 65-74enni ma appena il 13% degli ultra 85enni), ed è minore fra le persone con un basso livello di istruzione e tra chi ha difficoltà economiche. Nelle Regioni del Sud la quota di over 65 risorsa per la collettività è mediamente più bassa che nel resto del Paese.

Altro aspetto importante legato alla socialità riguarda la partecipazione a eventi sociali, che coinvolge il 20% degli ultra 65enni.  Il 18% dichiara di aver partecipato a gite o soggiorni organizzati e il 5% frequenta un corso di formazione (lingua inglese, cucina, uso del computer o percorsi presso università della terza età). L’adesione ad attività di questo tipo si riduce con l’età (coinvolge il 27% dei 64-75enni ma appena l’8% degli ultra 85enni) ed è decisamente inferiore fra le persone con un basso livello distruzione e tra chi ha difficoltà economiche.

Svolgere un’attività lavorativa retribuita è poco frequente (7%) ed è prerogativa di persone con un più alto titolo di studio (12% rispetto al 2% tra chi al più la licenza elementare).

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