Roma, 8 ottobre – Se c’è una cosa di cui l’Amr, che ormai da più di un decennio l’Oms ha dichiarato emergenza sanitaria, non avrebbe davvero bisogno è di “alleati” che – più o meno consapevolmente – lavorano per lei. Come, ad esempio, le allergie agli antibiotici, molto diffuse ma in verità più presunte che reali, visto che rischiano di essere false 9 volte su 10. Accade infatti piuttosto frequentemente che i pazienti vengano etichettati allergici a penicillina e derivati “dal medico curante o nelle cartelle cliniche solo per aver dichiarato un’esperienza da piccoli di reazione avversa dopo aver assunto l’antibiotico, ma senza che questa sia mai stata accertata clinicamente”. Alla prova dei fatti, “una volta sottoposti a test di verifica, sono risultati negativi in oltre il 90% dei casi”.
Non si tratta di un’opinione, ma della conferma arrivata da una serie di studi internazionali, il più recente firmato dall’università di Cambridge su Antimicrobial Stewardship & Healthcare Epidemiology, che hanno controllato durante il ricovero ospedaliero centinaia di pazienti convinti appunto di essere allergici alla penicillina. Una convinzione errata che si traduce in un ‘assist’ ai superbatteri resistenti ai farmaci, perché “l’uso improprio di antibiotici alternativi a quelli più comuni aumenta il rischio di antibiotico-resistenza”, avvertono gli esperti della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), in occasione del congresso nazionale che si è chiuso a Roma domenica scorsa.
“Le allergie ai farmaci, soprattutto agli antibiotici, riguardano nel nostro Paese il 10% della popolazione e si manifestano in diversi modi: dalle eruzioni cutanee al gonfiore alla gola, fino alle difficoltà respiratorie” spiega Vincenzo Patella (nella foto), presidente eletto Siaaic e direttore dell’Uoc di Medicina interna dell’azienda sanitaria di Salerno. “La reazione allergica può verificarsi entro un’ora dall’assunzione del farmaco o entro pochi giorni. Penicilline e chinoloni sono tra le famiglie di antibiotici potenzialmente più allergeniche. Si tratta, tuttavia, di un fenomeno sovrastimato che va drasticamente ridimensionato. Oltre il 90% di chi è convinto di essere allergico alla penicillina, in cima alla lista delle allergie, in realtà non lo è e potrebbe tollerare il farmaco in sicurezza. Nella maggior parte dei casi, infatti – prosegue Patella – il problema è inesistente perché generalmente le allergie sono autoriferite dai pazienti che credono di essere allergici per aver subito in passato reazioni avverse dopo aver assunto un antibiotico, come eruzioni cutanee, gonfiori, difficoltà respiratorie. Ma il più delle volte si tratta di manifestazioni legate a ricordi d’infanzia, mai accertate con test allergologici, o comunque risalenti ad almeno 5-10 anni prima”. Questi pazienti vengono così considerati allergici, spiega l’esperto, “sulla base di una storia di reazione a un farmaco non verificata, vaga o datata, che potrebbe anche essersi risolta nel corso del tempo”.
Perchèé -sottolineano gli esperti – non sempre le allergie sono ‘a vita’. Uno studio su 740 pazienti con una storia di allergia alla famiglia delle penicilline – riferisce la Siaaic – ha rilevato che il 93% aveva un risultato positivo al test cutaneo se la reazione si era verificata nell’ultimo anno, mentre la percentuale scendeva al 22% se i pazienti venivano valutati 10 o più anni dopo la reazione.
“Moltissimi studi dimostrano che spesso vengono scambiati per una risposta allergica alla penicillina alcuni effetti collaterali comuni dell’antibiotico, oppure i sintomi della malattia virale o batterica stessa” evidenzia al riguardo Mario Di Gioacchino, presidente Siaai. “Tutto ciò implica che il più delle volte questi pazienti presunti allergici potrebbero tollerare in sicurezza l’antibiotico, ma di fatto ciò non avviene perché l’allergia non è verificata con test diagnostici”, mentre “è fondamentale distinguere le reazioni su base immuno-mediata rispetto a quelle legate a meccanismi non immunologici”.
“L’errata etichetta di allergici agli antibiotici comporta notevoli problemi di tutela della salute sia individuale sia pubblica” avverte Maria Teresa Costantino, direttrice dell’Uoc di Allergologia dell’ospedale di Mantova e responsabile del corso Siaaic dedicato alle reazioni ai farmaci. “Negare impropriamente a una percentuale significativa di persone la possibilità di essere trattate con antibiotici di prima linea determina il ricorso, in chi non ne ha reale bisogno, ad antibiotici di seconda scelta che non sempre hanno un’efficacia paragonabile a quella delle penicilline, con esiti peggiorativi in termini di morbilità e mortalità, maggiori costi a carico del sistema sanitario nazionale e più alto rischio di antibiotico-resistenza. Uno studio pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, che ha coinvolto 51.582 partecipanti, ha rilevato che i pazienti con allergia alla penicillina non verificata mostrano una degenza ospedaliera più lunga di quasi il 10% e una probabilità che va dal 14,1% al 30,1% di sviluppare infezioni antibiotico-resistenti da Clostridium difficile e Staphylococcus aureus resistente alla meticillina“.
Per gli esperti della Siaaic, dunque, è “fondamentale verificare la reale presenza di un’allergia agli antibiotici, invitando sia gli operatori sanitari sia gli stessi pazienti a rivolgersi allo specialista per accertare con test diagnostici l’effettiva esistenza dell’allergia”. E se questa non esiste, deve subito scattare il “delabelling“, ovvero togliere l’etichetta di allergico a chi non lo è.
“La diagnosi si basa su un test cutaneo” spiega Patella. “Un estratto dell’antibiotico sospetto viene posto sulla pelle del paziente e se reagisce l’allergia è confermata. Se l’esame è negativo, non si può escludere l’allergia e viene effettuato un secondo test chiamato di provocazione in cui l’estratto antibiotico viene assorbito per via orale, in dosi progressive, sotto controllo ospedaliero. Nel caso in cui i test sono positivi e il paziente non può fare a meno dell’antibiotico al quale è allergico, è possibile un trattamento di desensibilizzazione che consiste nell’abituare gradualmente il corpo all’allergene, in modo che non lo rifiuti più, somministrando al paziente, nel corso della giornata, dosi via via crescenti di antibiotico. La desensibilizzazione è efficace, ma deve essere ripetuta prima di ogni ciclo di antibiotico”.
“La consapevolezza che la maggior parte dei pazienti abbia una diagnosi errata alla penicillina” conclude Patella “sottolinea il bisogno di diagnosi e il ruolo cruciale dell’allergologo nel riconoscere e affrontare i sospetti di allergie, partecipando attivamente alla rimozione dell’errata etichetta di allergico, al fine di garantire maggiore sicurezza per il paziente e migliori outcome clinici e di spesa sanitaria”.